La PPID è una malattia comune nei cavalli anziani. Sebbene attualmente non sia curabile, la malattia e le sue complicazioni, tra cui la laminite, possono essere controllate se individuate precocemente. Un approccio diagnostico rigoroso che includa il contesto clinico del cavallo, unito a un’interpretazione ragionata degli esami diagnostici, è necessario per formulare correttamente una diagnosi di PPID. Una volta formulata la diagnosi di PPID, e necessario prendere in considerazione una gestione globale del cavallo anziano.

Con l’invecchiamento della popolazione equina, con oltre un terzo dei cavalli considerati anziani, le malattie degenerative sono diventate dominanti nella pratica equina. Con una prevalenza stimata di oltre il 20% nei cavalli di età superiore ai 15 anni, la disfunzione della pars intermedia ipofisaria (Pituitary Pars Intermedia Dysfunction – PPID) sta diventando una malattia sempre più comune. Talvolta associata alla sindrome metabolica equina e alla disregolazione dell’insulina1, la PPID è un’entità distinta che richiede un approccio diagnostico rigoroso al fine di attuare una gestione adeguata al cavallo colpito e al contesto clinico.

Patogenesi della PPID

Nel cavallo, l’adenoipofisi (o lobo anteriore dell’ipofisi) è divisa in tre parti.

La pars distalis, che rappresenta la parte più importante della ghiandola sia dal punto di vista anatomico che endocrino, è composta da una moltitudine di cellule endocrine, tra cui le cellule corticotrope stimolate dall’ormone ipotalamico di rilascio della corticotropina (CRH).

La pars tuberalis, la cui funzione è meno documentata, è costituita da cellule gonadotrope e recettori per la melatonina.

La pars intermedia, che rappresenta una parte trascurabile della ghiandola nei cavalli sani, è composta esclusivamente da cellule melanotrope inibite dalla dopamina ipotalamica.

La stimolazione dell’adenoipofisi, in particolare da parte del CRH, induce la secrezione di pro-opiomelanocortina (POMC), derivata principalmente dalle cellule corticotrope della pars distalis nel cavallo sano, che viene scissa in ormone adrenocorticotropo (ACTH) che, a sua volta, stimola le ghiandole surrenali a secernere cortisolo, aldosterone e androgeni.

Nei cavalli sani, ogni fase è inibita da quelle successive in un sistema di feedback negativo.

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Schema semplificato dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene nel cavallo sano.
POMC: proopiomelanocortina, ACTH: ormone adrenocorticotropo, α-MSH: ormone stimolante i melanociti alfa, Clip: peptide corticotropino-simile del lobo intermedio.

Con l’età e in seguito a cambiamenti ossidativi, la secrezione dopaminergica dall’ipotalamo diminuisce, limitando l’inibizione dello sviluppo della pars intermedia. Questa mancanza di inibizione porta all’iperplasia o addirittura alla formazione di un adenoma funzionale della pars intermedia e alla secrezione deregolata di POMC. A differenza della POMC della pars distalis, la POMC della pars intermedia viene scissa in ACTH, ma anche in ormone alfa-stimolante melanocitario (α-MSH) e in peptide corticotropino-simile del lobo intermedio (Clip), e stimola solo in minima parte le ghiandole surrenali, non determinando alcun cambiamento marcato nella secrezione di cortisolo, aldosterone o androgeni.

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Schema semplificato dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene nei cavalli con PPID.
POMC: pro-opiomelanocortina, ACTH: ormone adrenocorticotropo, 􀁟-MSH: ormone alfa stimolante i melanociti, Clip: peptide corticotropino-simile del lobo intermedio.

A causa di questa differenza nella fisiopatologia, i termini malattia o sindrome di Cushing sono stati abbandonati a favore di disfunzione della pars intermedia dell’ipofisi.

Segni clinici

Sebbene l’aspetto fisico di un cavallo affetto da PPID sia caratteristico, la correlazione tra i segni clinici e la fisiopatologia della malattia è poco definita. I principali segni clinici della PPID comprendono ipertricosi (riscontrata in oltre il 70% dei casi), zoppia (oltre il 65% dei casi), tachipnea (oltre il 50% dei casi), deperimento muscolare (quasi il 50% dei casi) e alterazioni comportamentali (quasi il 50% dei casi), ma la loro presenza o gravità non può essere utilizzata per stadiare la malattia, prevedere i livelli ormonali e stabilire una prognosi.

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Quadro caratteristico della disfunzione della pars intermedia ipofisaria in una cavalla di 24 anni. Si noti l’ipertricosi e il deperimento muscolare. (foto F.-R. Bertin).

A differenza della sindrome di Cushing nel cane e di quanto talvolta riportato, l’addome pendulo e la polidipsia sono più rari e rappresentano meno di un terzo dei casi. Si ritiene che l’ipertricosi osservata sia dovuta all’interruzione del ciclo pilifero e alla persistenza del pelo durante la fase anagena.

La zoppia è attribuita a una combinazione di laminite, ascessi ricorrenti del piede e malattia del legamento sospensore del nodello. Il legame tra laminite e PPID non è chiaro, ma si ritiene che la concentrazione di insulina sia il fattore determinante nello sviluppo della laminite. In alcuni casi di PPID, una sindrome metabolica equina è già presente e responsabile degli episodi di laminite, ma in altri l’aumento dell’insulina segue l’insorgenza della PPID e potrebbe essere associato ad aumentata secrezione di Clip, derivato dalla scissione dell’ACTH proveniente dalla pars intermedia. Si ritiene che questo peptide stimoli le cellule del pancreas endocrino.

Il deperimento muscolare, soprattutto nella parte posteriore, è il risultato della regressione delle fibre muscolari di tipo 2A e 2B.

In alcuni casi avanzati, quando l’adenoma ipofisario aumenta di dimensioni, si può osservare una compressione cerebrale che porta a cecità o ad altri segni nervosi. Sono stati segnalati anche disturbi riproduttivi, tra cui una riduzione della fertilità nelle fattrici con PPID.

Diagnosi

Nei casi avanzati della malattia, la diagnosi clinica di PPID è semplice da formulate, poiché i segni sono facilmente riconoscibili dai veterinari e anche dai proprietari. Tuttavia, in questi casi, conseguenze come laminite cronica e infezioni ricorrenti possono peggiorare la prognosi. Per questo motivo la diagnosi precoce, basata su test ormonali, è fondamentale.

PPID-dosaggi-ormonali

Dosaggio ACTH

Il test più comunemente utilizzato è il dosaggio dell’ACTH basale. Le variazioni del ritmo circannuale della secrezione di ACTH sono state a lungo utilizzate per diagnosticare la PPID. Tuttavia, nuovi studi hanno dimostrato che, nei cavalli anziani sani e in alcune razze (compresi i pony e le razze rustiche), gli aumenti fisiologici dell’ACTH alla fine dell’estate e in autunno riducono l’accuratezza del test e aumentano il rischio di errori diagnostici, portando a ritardi nella gestione degli animali affetti o a trattamenti farmacologici non necessari.

La natura degenerativa della malattia e le variazioni ormonali fisiologiche rendono difficile, se non impossibile, un approccio dicotomico alla PPID. Di conseguenza, diversi gruppi di ricerca hanno osservato fluttuazioni in base alla stagione, alla latitudine o alla razza del cavallo. Questi valori sono stati ottenuti principalmente su popolazioni equine di dimensioni variabili provenienti dal sud del Regno Unito, dal nord-est degli Stati Uniti e dal nord dell’Australia, con criteri di inclusione ed esclusione diversi, nonché con test statistici e analizzatori ormonali diversi.

Di conseguenza, anche se raccomandata dall’Equine Endocrinology Group, l’estensione di questi risultati a cavalli e pony in altri Paesi deve essere effettuata con cautela e i livelli basali di ACTH devono sempre essere interpretati nel contesto clinico specifico dell’animale, della sua attività e delle sue comorbilità. Per esempio, a parità di valore basale di ACTH, l’interpretazione (e il conseguente approccio terapeutico) sarà diversa per un pony Welsh di 15 anni non più in attività, affetto da sindrome metabolica equina, in Provenza, e per una cavalla Hannoveriana di 12 anni che pratica attività sportiva, e quindi performante, in Bretagna.

È essenziale che il veterinario usi il proprio senso clinico per interpretare un valore di ACTH e sarebbe sbagliato ridurre la diagnosi di PPID a un valore numerico considerato “alto” o “normale”.

Dosaggio TRH

Se il contesto è incerto e i risultati del dosaggio basale dell’ACTH sono equivoci, il test di stimolazione dell’ormone di rilascio della tireotropina (TRH), sebbene talvolta di difficile accesso nella pratica privata, migliora la qualità dello screening della PPID prima della comparsa di segni clinici marcati.

Il test consiste nella stimolazione dei recettori del TRH presenti sulle cellule melanotrope della pars intermedia. In un cavallo sano, poiché la pars intermedia e trascurabile, si osserva un piccolo aumento di ACTH. Al contrario, in un cavallo con PPID, l’iperplasia della pars intermedia determina un aumento maggiore della concentrazione di ACTH.

Per questo test, il campionamento deve essere eseguito con precisione 10 o 30 minuti dopo la somministrazione del TRH, poiché ritardi anche di un solo minuto possono indurre interpretazioni errate.

Poiché il test di stimolazione con TRH è meno ripetibile in determinate stagioni, se i risultati sono ancora equivoci, è possibile ripeterlo nei 3-6 mesi successivi discutendo il contesto clinico con il proprietario. In questo caso, si consiglia di consultare un veterinario specializzato in endocrinologia.

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Albero decisionale per la diagnosi di PPID. ACTH: ormone adrenocorticotropo, PPID: disfunzione della pars intermedia dell’ipofisi, TRH: ormone tireotropo.
Basato sulle raccomandazioni dell’Equine Endocrinology Group.

Raccomandazioni pratiche

La relativa instabilità dell’ACTH può anche complicare l’interpretazione dei risultati quando le condizioni di campionamento non sono ottimali. Idealmente, un campione di sangue per il dosaggio di ACTH dovrebbe essere raccolto in una provetta di plastica con EDTA refrigerata a 4 °C, centrifugato entro 2 ore e analizzato entro 24 ore.

Il campione può anche essere congelato dopo la centrifugazione se l’analisi non può essere eseguita entro 24 ore, ma i cicli di scongelamento/ricongelamento, comuni nelle celle frigorifere, degradano l’ACTH. La pianificazione degli esami endocrini è quindi fortemente raccomandata per evitare errori diagnostici e la necessità di ripetere il test.

Altri test?

A differenza dei carnivori domestici in cui il dosaggio del cortisolo può essere di aiuto nella diagnosi della sindrome di Cushing, il cortisolo nei cavalli con PPID non ha alcun valore diagnostico. Sono stati sviluppati e riportati in letteratura altri test diagnostici, come la soppressione con desametasone o la risposta al domperidone, ma la loro scarsa accuratezza diagnostica ne ha limitato l’uso. Altri target, come l’α-MSH, sembrano molto promettenti, ma il loro utilizzo e attualmente limitato alla ricerca.

Terapia

La gestione medica della PPID prevede la somministrazione quotidiana di pergolide. Questo farmaco ripristina il controllo dopaminergico dell’adenoipofisi, riducendo la secrezione di ACTH e i segni clinici, ma non rallenta la degenerazione dei neuroni ipotalamici. Tuttavia, l’inizio precoce del trattamento è associato a una prognosi migliore.

Il farmaco viene inizialmente somministrato per via orale alla dose di 2 μg/kg una volta al giorno. Dopo 6-8 settimane di trattamento, occorre valutare l’evoluzione clinica dell’animale e la concentrazione basale di ACTH. Il miglioramento dell’ipertricosi e l’aumento dell’attività sono spesso i primi segni riportati dai proprietari. Non è stata dimostrata la rilevanza del test di stimolazione con TRH per il monitoraggio dei cavalli in trattamento.

Se necessario, e con il progredire della malattia, la dose può essere aumentata gradualmente fino a 14 μg/kg. Un aumento troppo rapido del dosaggio può provocare anoressia. In questo caso, la somministrazione di metà dose due volte al giorno sembra essere una soluzione a questo effetto indesiderato. Salvo rare eccezioni, come ad esempio prima del parto per inibire la secrezione lattea, la pergolide viene prescritta a vita. Alcune pratiche prevedono la prescrizione di pergolide solo nei mesi di aumento fisiologico dell’ACTH (fine estate e autunno), ma non ci sono prove scientifiche a sostegno di questo approccio.

Sono presenti in commercio forme generiche di pergolide, ma la stabilità di queste formulazioni è spesso limitata, con conseguente approssimazione della dose e risultati clinici e ormonali variabili. Altri trattamenti studiati, come il trilostano o la ciproeptadina, hanno finora dato risultati deludenti.

Altri accorgimenti

Oltre alla pergolide, è necessario prendere in considerazione la gestione complessiva del cavallo anziano, con cure dentistiche ogni 6 mesi per limitare il rischio di infezioni, in particolare sinusali, ricerca di uova di parassiti e trattamenti antiparassitari più frequenti, e cura regolare dei piedi per limitare le complicazioni.

A causa della perdita di peso e del deperimento muscolare, la razione di un cavallo affetto da PPID deve essere adattata per limitare l’assunzione di carboidrati (circa il 10-12% di zuccheri e amido) e aumentare l’apporto di proteine, fibre e grassi. Ad esempio, la razione può essere integrata con olio di mais o di lino per accrescere l’apporto calorico senza aumentare la somministrazione di carboidrati. In questo caso, è necessario iniziare con 60 ml per razione e aumentare la dose in base alla risposta del cavallo. Sono disponibili anche razioni commerciali per cavalli anziani, ma spesso sono troppo ricche di carboidrati.

L’insulina deve essere dosata durante il monitoraggio di un cavallo con PPID per prevenire il rischio di laminite e per guidare la scelta della razione. Al primo controllo, si raccomanda un test dinamico (oral sugar o oral glucose test). Questi test possono rilevare l’iperinsulinemia, che indica la predisposizione del cavallo alla laminite. Per i controlli successivi, è preferibile misurare i livelli di insulina dopo che il cavallo ha assunto la sua razione abituale, per valutare il rischio di laminite legato alla dieta.

Bibliografia
  1. L’insulina è spesso elevata nella disfunzione della pars intermedia ipofisaria (PPID), ma questo
    aumento non è costante e non risulta d’aiuto per un test diagnostico della PPID. L’iperinsulinemia è indice di disregolazione insulinica con o senza sindrome metabolica. Un’elevata concentrazione di insulina in un cavallo con PPID rappresenta un fattore di rischio per la laminite. Inoltre, la disregolazione insulinica in un cavallo affetto da PPID influisce negativamente sulla prognosi. L’insulina deve quindi essere dosata durante il monitoraggio di questa malattia. ↩︎

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