La ricerca di nuovi composti con proprietà antimicrobiche al di fuori dei prodotti antibiotici è divenuta, insieme alla gestione sempre più ferrea della biosicurezza, una delle priorità negli ultimi anni. Il chitosano, un composto già conosciuto per le sue proprietà antibatteriche nelle mastiti da NAS, è una di queste e lo studio argentino di Breser et al.1 ne ha indagato l’efficacia, indagando anche l’importanza del “fattore biofilm” nell’insorgenza di antibioticoresistenza.
NAS, biofilm e chitosano
Le mastiti sono sempre un delicato argomento di attualità nell’allevamento bovino, soprattutto quando si parla di batteri antibioticoresistenti. Al grave costo economico di tale patologia si è sommato ormai da anni il rischio di presenza di batteri multiresistenti, tra i quali i NAS (non-aureus staphylococci) sono i più frequentemente isolati.
Staphylococcus spp. coagulasi-negativi, recentemente ridenominati come non-aureus staphylococci, sono tra i più importanti agenti di mastite bovina, e sono responsabili di un’infezione intramammaria persistente, della drastica diminuzione dell’eiezione lattea, e dell’aumento delle cellule somatiche nel latte delle vacche colpite.
Questi batteri sono i più frequenti portatori di antibioticoresistenza tra gli agenti di mastite, a causa della loro alta frequenza di mutazioni e della possibilità di trasferire questa caratteristica per via orizzontale insieme ad altri fattori di virulenza.
Un’altra particolarità dei NAS è la loro spiccata capacità di produrre biofilm; difatti in più dell’l’85% degli isolati in corso di mastite ne è stata rilevata la presenza. Il grosso problema del biofilm è che esso limita l’esposizione degli agenti patogeni ai principi attivi farmacologici impiegati e ai disinfettanti ambientali, peggiorando l’esito delle terapia e l’efficacia dei protocolli di igienizzazione, e favorendo l’insorgenza di resistenze antimicrobiche. Infatti, l’esposizione a concentrazioni sub-ottimali di antibiotici, limitate dalla presenza di biofilm, può agire da pressione selettiva favorendo la crescita dei soli ceppi resistenti.
In aggiunta, secondo la letteratura, i cosiddetti ceppi “strong biofilm-forming” hanno mostrato di poter causare danni tissutali maggiori rispetto agli altri. Infine, c’è la possibilità che questa caratteristica possa avere un ruolo importante nella cronicizzazione delle mastiti.
In definitiva non solo la presenza di antibioticoresistenza ma anche quella di biofilm può essere alla base dei fallimenti terapeutici in corso di mastiti da NAS. Tutti questi fattori spiegano la grande diffusione di ceppi resistenti tra i NAS.
L’obiettivo primario sembra, quindi, quello di neutralizzare il biofilm per migliorare la risposta terapeutica. La molecola presa in esame dallo studio di Breser et al. è il chitosano (Ch) un polimero naturale, biocompatibile e biodegradabile, dalle proprietà antimicrobiche probabilmente dovute alla sua natura cationica e già documentate su isolati di Staphylococcus spp. provenienti da casi di mastite.
Lo studio di Breser et al.
Nello studio di Breser et al. sono stati presi in considerazione 110 isolati di NAS da mastiti cliniche (positive al Californian Mastitis Test e con una concentrazione di cellule somatiche > 250.000/ml). È stata poi misurata in laboratorio la loro capacità di produrre biofilm, dividendo gli isolati in strong biofilm producers (SBP) e in weak biofilm producers (WBP).
È stato eseguito l’antibiogramma secondo la tecnica per diffusione mediante l’utilizzo di dischettie misurazione del diametro dell’alone di inibizione dato dai seguenti antibiotici: penicillina (PEN), ampicillin (AMP), cefoxitina (FOX), eritromicina (ERY), rifampicina (RIF). È stata poi valutata la MBC (minima concentrazione battericida) dell’antibiotico cloxacillina (Clx) a varie concentrazioni (da 0,025 a 16 mg/ml) singolarmente e unito al chitosano (200 mg/ml), e la P-MBC (planktonic minimum bactericidal concentration) impiegando concentrazioni di antibiotico e chitosano maggiori o uguali alla MBC e valutandone l’efficacia antibatterica su colture 24 ore dopo.
Infine, è stata valutata la sopravvivenza batterica legata alla presenza di biofilm con combinazioni di concentrazioni di antibiotico (da 64 a 2.084 mg/ml) e di chitosano (200 mg/ml), singolarmente e insieme.
Chitosano vs biofilm
I risultati dello studio argentino hanno riportato che esiste una differenza significativa in termini di resistenza antibiotica dei NAS, tuttavia essa non è correlata al ceppo batterico ma piuttosto alla presenza più o meno estesa di biofilm: è stata trovata una vera e propria correlazione tra SBP e inefficacia degli antibiotici, tanto che alcuni autori ritengono il termine “biofilm” come un sinonimo per antibioticoresistenza.

Tratto da Breser et al. 2023.
L’efficacia di Clx nei confronti degli isolati batterici è risultata potenziata se in combinazione con Ch, a prescindere dell’intensità del biofilm o dai pattern di antibioticoresistenza.
L’ipotesi è che il grado di protezione offerto dal biofilm sia correlabile alla sua intensità, e che il chitosano sia in grado di ridurlo aumentando l’efficacia terapeutica indipendentemente da quanto il biofilm sia esteso. Secondo i dati presenti in letteratura, le concentrazioni antimicrobiche efficaci nei confronti di NAS all’interno di biofilm sono state di molto superiori rispetto ai NAS in colture planctoniche. Gli studi a riguardo sono di difficile comparazione per le diverse metodologie e parametri impiegati; tuttavia, rimane il fatto che sono solo poche le ricerche incentrate su questo argomento.
Lo studio di Breser et al. ha mostrato che le concentrazioni di cloxacillina necessarie per eliminare batteri SBP e WBP (MBC) sono risultate simili quando considerati in coltura planctonica, ma molto maggiori per le colture in biofilm. Nei biofilm preformati le concentrazioni necessarie sono risultate nettamente superiori per SBP rispetto a WBP.

Tratto da Breser et al. 2023.
Inoltre, l’aggiunta di chitosano alla cloxacillina ha ridotto non solo la concentrazione efficace nelle colture planctoniche ma anche quella nelle colture con biofilm preformati, indipendentemente dal grado di biofilm presente e dal pattern di antibioticoresistenza. Gli effetti antimicrobici del chitosano e il suo meccanismo d’azione sono stati studiati in vari microrganismi come virus, batteri e funghi, e la sua versatilità lo rende un candidato ideale da usare come coadiuvante terapeutico, anche in forma di micro o nano-strutture.
Il chitosano sembra efficace in modo particolare in presenza di biofilm e il suo potenziale è altamente promettente soprattutto in un ambito come quello delle mastiti in cui gli agenti eziologici sono spesso portatori di antibioticoresistenza fortemente influenzata anche dalla presenza di biofilm.
- Breser ML, Tisera L, Orellano MS, et al. Chitosan can improve antimicrobial treatment independently of bacterial lifestyle, biofilm biomass intensity and antibiotic resistance pattern in non-aureus staphylococci (NAS) isolated from bovine clinical mastitis. Front Microbiol. 2023;14:1167693. Doi:10.3389/fmicb.2023.1167693 ↩︎