Nella pratica clinica capita spesso di osservare versamenti cavitari e a livello di pericardio. Per aggiornare i colleghi su questi temi l’Ordine dei medici veterinari di Pavia ha promosso un incontro che ha visto la partecipazione di tre relatori, il dott. Montinaro, il dott. Bussadori e il prof. Gramenzi, grazie ai quali è stato possibile puntualizzare diversi aspetti, con uno sguardo anche all’impiego di nutraceutici nel post-operatorio.
I versamenti addominali
Il primo relatore è stato il dott. Vincenzo Montinaro (MRCVS, MSc Oncologia, GPcert ENDO, GPcert SASTS, Dipl. ECVS, attivo presso la Clinica Veterinaria Malpensa-AniCura di Samarate, VA), che ha parlato di versamenti cavitari addominali: dalla diagnosi al trattamento.
Come identificarli
I versamenti addominali si verificano per una modificazione delle forze di Starling: aumento della pressione idrostatica (TP < 3g/dl; < 300 cell/mm3), riduzione della pressione oncotica
(28 mmHg) e aumento della permeabilità capillare con fuoriuscita di sangue, chilo, trasudato,
trasudato modificato o essudato.
Per identificare un versamento addominale la visita clinica è imprescindibile, ma è spesso seguita da indagini strumentali. Alla visita clinica la palpazione consente di distinguere una massa da un versamento, nello specifico con il ballottamento si riesce a identificare con sicurezza la presenza di versamento se questo è di almeno 10 ml/kg.
Per quanto riguarda la diagnosi strumentale, è innanzitutto raccomandata l’esecuzione di una radiografia in doppia proiezione (sagittale e laterale); l’ecografia rimane comunque l’indagine strumentale d’elezione.
Il relatore ha ricordato anche i versamenti bicavitari (addome-torace, addome-scroto e addome-triangolo femorale), considerati rari ma, in caso di sospetto, vanno indagati perché spesso sono sintomo di neoplasia (in particolare linfoma o mesotelioma).
Una diagnosi low cost si può eseguire mediante centesi con una butterfly collegata a una siringa: se infatti il versamento è di almeno 10 ml/kg, non si rischia di andare a colpire gli organi; l’unica accortezza è lo svuotamento preventivo della vescica.
L’utilizzo di una cannula venosa è invece sconsigliato per il rischio che si rompa e resti in addome; inoltre il collega consiglia di effettuare la procedura per via ecoguidata. L’ago va introdotto poco caudalmente all’ombelico, e in caso sia presente una ferita chirurgica, bisogna rimanere laterali a quest’ultima.
Trasudato, trasudato modificato o essudato?
Una volta prelevato il liquido, se abbondante (almeno 20 ml), va campionato e messo subito nelle provette: per batteriologico (terreni di coltura), EDTA (citologia), provetta vuota sterile (analisi biochimica).
Se il liquido è trasparente, si procede strisciando e concentrando, se invece è denso si consiglia di strisciare direttamente senza concentrare.
Si procede quindi con la classificazione di quanto prelevato: una prima classificazione in base a colore, proteine totali, peso specifico, cellule/mm3 e batteri consente di fare la distinzione tra trasudato, trasudato modificato ed essudato. Solo successivamente si può ulteriormente classificare il prelievo in chilo, pseudochilo, urina, bile e sangue.

Il trasudato, causato da ipoalbuminemia (< 1,5 g/dl), va trattato con terapia medica; mentre il trasudato modificato, da diminuzione della pressione idrostatica, potrebbe avere una indicazione chirurgica ma difficilmente si tratta di una situazione emergenziale. Fondamentale in questi casi la citologia e la diagnostica strumentale per la diagnosi di certezza.
Nel caso di essudato, si ha la perdita di un fluido ricco di proteine attraverso vasi permeabili e migrazione dei neutrofili in risposta a fattori chemiotattici.
L’essudato può essere asettico o settico:
- in caso di essudato asettico si ha assenza di batteri e i neutrofili non sono degenerati; si verifica nel post operatorio, nelle neoplasie, nella torsione splenica, nella peritonite biliare (se non settica), nell’uroperitoneo – se le urine non sono infette – e nella FIP;
- in caso di essudato settico si ha la presenza di neutrofili degenerati in fagocitosi batterica.
Il dott. Montinaro ha ricordato che in questi casi va posta molta attenzione alla possibilità di forme miste settiche/tumorali.
L’essudato settico è l’unico caso di emergenza chirurgica, generalmente deriva dall’intestino, ma in generale si può verificare in casi di rottura d’organo, ferite penetranti, corpi estranei lineari, traumi, rottura di un ascesso oppure nel caso di rottura uterina in caso di piometra.
La relazione è proseguita con una classificazione della peritonite, la più frequente è di tipo acuto, settico, secondario, generalizzato. Nei gatti si è visto che la peritonite può anche essere primaria causata da batteri derivanti da lesioni del cavo orale.
In caso di peritonite settica il paziente va stabilizzato, si effettua una chirurgia d’urgenza e dopo 24/36 ore è necessaria un’attenta rivalutazione. In queste situazioni è fondamentale avere una buona comunicazione con il proprietario e con i colleghi della terapia intensiva.
Il dott. Montinaro ha infine mostrato con immagini e video varie tecniche chirurgiche e di prevenzione della deiscenza, uno dei principali rischi di peritonite settica e di non riuscita dell’intervento.
I versamenti pleurici
Il secondo relatore è stato il dott. Roberto Bussadori (DVM, M.Sc, International PhD, attivo presso la Clinica Veterinaria Gran Sasso di Milano) che, dopo un breve excursus sulle cause della formazione del versamento, ha ricordato come classificare i versamenti in base alla cellularità e alla concentrazione proteica (trasudato, trasudato modificato e essudato), ed è passato alla descrizione dei segni clinici.
Presentazione clinica
I sintomi in caso di versamenti pleurici dipendono dalla causa del versamento, dal volume del fluido presente e dalla velocità di accumulo. Possono perciò essere acuti (dispnea, tachipnea, cianosi, respiro a bocca aperta, testa estesa sul collo, tosse) o cronici (letargia, perdita di peso, anoressia…). Caratteristico il pattern respiratorio restrittivo, con respiro frequente e superficiale, spesso accompagnato da movimento paradosso con respiro addominale.
All’esame clinico il paziente si presenta con testa estesa sul collo, dispnea inspiratoria; all’auscultazione si nota attenuazione dei toni cardiaci e rumori respiratori con possibili aritmie. Spesso è presente anche febbre, mucose pallide o cianotiche, ascite, dolore addominale e depressione del sensorio.
Nei soggetti fortemente dispnoici è fondamentale la stabilizzazione, quindi ridurre le possibili fonti di stress (comprese le manipolazioni, e a questo proposito il collega suggerisce di attendere prima di effettuare le radiografie), fornire ossigeno supplementare, eventualmente sedare, prendere un accesso venoso e effettuare una toracocentesi (meglio se ecoguidata).
Il campione di versamento va conservato in provette con EDTA per la conta cellulare, tal quale per gli esami biochimici, e in piastra per coltura batterica.
È possibile a questo punto effettuare una o più radiografie dove generalmente si osservano: aumento delle scissure interlobari, arrotondamento dei margini polmonari a livello dell’angolo costo-frenico, scomparsa della silhouette cardiaca e spostamento dorsale della trachea.
In alcuni casi il versamento pleurico può addirittura causare tamponamento cardiaco.
Le diverse tipologie
I versamenti pleurici si distinguono in emotorace, piotorace, chilotorace e versamenti neoplastici.
Emotorace
Nell’emotorace, causato da traumi, coagulopatie, neoplasie intratoraciche, rotture vascolari associate a infestazioni parassitarie, emorragie spontanee del timo o torsione di un lobo polmonare, si ha una raccolta di versamento emorragico nello spazio pleurico.
A differenza del sangue periferico, quello del versamento non coagula. La quantità di liquido da drenare mediante toracocentesi deve essere solo quella necessaria a risolvere la dispnea; il 70-80% dei globuli rossi verrà poi riassorbito dalla pleura.
Piotorace
Il piotorace, o empiema toracico, vede un accumulo di liquido purulento nello spazio pleurico. In questi casi va somministrato subito antibiotico ad ampio spettro, successivamente si effettuerà una terapia antibiotica mirata, in base al risultato dell’antibiogramma, da proseguire per le due settimane successive alla risoluzione del versamento.
Il trattamento medico prevede l’applicazione di un drenaggio toracico mono o bilaterale e successivamente lavaggi pleurici. Il drenaggio deve rimanere almeno 4/8 giorni in sede, ed è da togliere quando la quantità di liquido sarà inferiore a 2 ml/kg/die.
Il trattamento chirurgico è consigliato nei casi di lesioni polmonari, mediastiniche o se vi sono corpi estranei. L’accesso chirurgico di elezione è la sternotomia mediana, che consente di accedere completamente alla cavità toracica; nei casi in cui il patogeno venga isolato solo in un emitorace, è preferibile una toracotomia intercostale.
Versamenti neoplastici
I versamenti neoplastici sono più comunemente rappresentati da trasudati modificati o essudati; fanno eccezione le neoplasie di rene e fegato in cui è presente trasudato; le neoplasie che comprimono i vasi linfatici in cui si hanno versamenti chilosi, e i casi di infiltrazioni neoplastiche di vasi od organi fortemente vascolarizzati che sono caratterizzate da versamenti emorragici.
Questi versamenti sono provocati da processi tumorali primari o metastatici a carico di polmoni, pleura, linfonodi, vasi linfatici, mediastino o costole. Per la diagnosi è essenziale la citologia, anche se talvolta risulta insufficiente; in tal caso si deve effettuare una biopsia. Il trattamento, a seconda dei casi, può essere medico o chirurgico.
Chilotorace
Il chilotorace si sviluppa quando il chilo passa dal sistema cisterna del chilo-dotto toracico nello spazio pleurico. La terapia può essere medica solo nel caso di pazienti affetti da chilotorace traumatico, altrimenti è sempre una patologia di interesse chirurgico.
Pneumotorace
Il pneumotorace è dato da un accumulo di gas o aria in cavità toracica che può penetrare per via pleurocutanea, pleuropolmonare o pleuroesofagea. Può essere classificato in base all’eziologia in spontaneo, traumatico o iatrogeno, e in base alla fisiopatologia in aperto o chiuso.
Il soggetto si presenta con pattern respiratorio restrittivo, tachipnea, tosse, vomito, letargia, cianosi o pallore delle mucose, e intolleranza all’esercizio.
All’auscultazione si ha attenuazione dei rumori cardiaci e respiratori, una iper-risonanza della parete toracica alla percussione e un suono timpanico.
Trattamento d’elezione in corso di pneumotorace spontaneo o in assenza di risposta alla terapia conservativa è chirurgico. Il drenaggio può essere tolto quando la pressione nel cavo pleurico ritorna ad essere negativa da 12-24 ore.
I versamenti pericardici
Il dott. Bussadori ha affrontato poi le patologie del pericardio, i trattamenti chirurgici tradizionali e quelli mininvasivi. Prima però si è soffermato sull’anatomia.
Struttura del pericardio
Il pericardio è formato da due porzioni, il pericardio fibroso e il pericardio sieroso, a contatto
con il cuore.
Il primo si continua dorsalmente con l’avventizia dei grandi vasi ed è in parte ricoperto dalla
pleura pericardica mediastinica, dalla quale può essere separato per via smussa.
Negli animali giovani il timo è in contatto con la porzione craniale del pericardio fibroso.
Tra i due strati sierosi si trova la cavità pericardica, virtuale, che contiene da 0,3 a 1
ml di liquor pericardii, prodotto dalle cellule mesoteliali, che ha lo scopo di ridurre l’attrito
tra le due porzioni del pericardio.
Il pericardio non è considerato un organo essenziale, ma ha la funzione di lubrificare e proteggere il cuore e di mantenerlo in una posizione ottimale.
Le diverse tipologie
A livello di pericardio si possono avere versamenti di tipo trasudativo, essudativo (infiammatorio) o emorragico.
Cause di trasudato sono l’insufficienza cardiaca destra, l’ipoproteinemia e l’incarcerazione di un lobo epatico.
Per quanto riguarda invece gli essudati, la pericardite infettiva è una causa rara di effusione pericardica e solitamente produce un essudato purulento o fibrinoso; più frequentemente l’essudato può derivare da ferite penetranti, da migrazioni di corpi estranei (il dott. Bussadori ha portato il caso di migrazione di uno stuzzicadenti post grigliata) o da una disseminazione ematogena.
Infine, il versamento emorragico può essere causato dalla rottura dell’atrio sinistro secondaria a insufficienza mitralica cronica.
Nei cani la causa più frequente di versamento pericardico (generalmente emorragico) è una neoplasia, in particolare emangiosarcoma, mesotelioma e chemodectoma, seguito poi da quello idiopatico; nel gatto le principali cause sono la FIP e la toxoplasmosi.
La velocità con cui il liquido si accumula determina le alterazioni patologiche: con un accumulo rapido si verifica tamponamento cardiaco, quando invece esso è lento si sviluppano segni di insufficienza cardiaca congestizia destra con distensione della giugulare, ascite, edema periferico e versamento pleurico.
All’ecografia, il collasso atriale destro è il più frequente segno di tamponamento cardiaco.
Il trattamento
La pericardiocentesi è solo un trattamento palliativo che non va ripetuto più volte; l’esame citologico del liquido prelevato permette di identificare il tipo di versamento.
La pericardiectomia è il trattamento curativo per il versamento idiopatico; per quello neoplastico è un palliativo, che permette comunque di prolungare la vita al paziente. La pericardiectomia si esegue attraverso toracotomia destra o sinistra a livello del quinto spazio intercostale (anche sternotomia mediana, che però è sconsigliata). Può essere subtotale (subfrenica) o totale.
I nutraceutici nella gestione post-operatoria del paziente chirurgico
Il terzo relatore, il prof. Alessandro Gramenzi dell’Università di Teramo che ha parlato del ruolo della nutraceutica nel paziente chirurgico, trattando in particolare due possibili effetti collaterali che si possono verificare in questo tipo di pazienti: l’infiammazione (nel caso specifico l’edema post operatorio) e la gastrite (reflusso gastro esofageo).
Nel paziente chirurgico l’approccio alimentare è una condizione necessaria ma spesso non sufficiente per il raggiungimento dell’omeostasi; si possono quindi integrare dei nutraceutici, sostanze di origine vegetale che hanno azione terapeutica, senza però presentare gli effetti collaterali del farmaco.
A differenza degli integratori, il cui scopo è di aumentare l’assunzione giornaliera di ingredienti che andrebbero assunti con la dieta e non sono destinati a curare o trattare una malattia, i nutraceutici svolgono azione extranutrizionale.

Edema post-operatorio
Per quanto riguarda l’edema post operatorio, non si possono utilizzare farmaci che vadano a ripristinare la functio laesa; è perciò consigliato un approccio nutraceutico, con l’utilizzo di principi attivi che, sommati, portano alla restitutio ad integrum.
Nello specifico, si tratta di:
- bromelina: derivata dal tutolo dell’ananas, è un enzima ad attività proteolitica, antiaggregante piastrinica e antitrombotica;
- escina: deriva dall’ippocastano, è una saponina che diminuisce la permeabilità capillare e aumenta la tonicità delle pareti dei vasi, ha effetto antitussigeno;
- proteasi da Aspergyllus oryzae: azione antiaggregante piastrinica e antitrombotica;
- rutina: bioflavonoide con azione endotelio-protettiva;
- vitamina C: favorisce la sintesi del collagene endoteliale;
- verbascoside: analgesico centrale, impedisce l’azione proinfiammatoria dell’enzima ciclossigenasi;
- olio di pesce (EPA e DHA): precursori delle resolvine, ripristinano il problema funzionale del tessuto coinvolto.
Reflusso gastroesofageo
Il reflusso gastroesofageo nel cane e nel gatto è molto sottovalutato, in realtà è una condizione piuttosto frequente. Nel paziente chirurgico si verifica in quanto per effetto dei farmaci anestetici la muscolatura si rilassa, compresa quella dello iato esofageo, che di conseguenza permette agli acidi gastrici di risalire in esofago.
Essendo privo di muco protettivo, questo organo a lungo andare subisce danni alla mucosa. In questi casi è necessario anzitutto effettuare una modifica dietetica (qualità, quantità, frequenza), pena il rischio di risultati parziali o assenti.
In aggiunta, si possono somministrare nutraceutici. Questi, a differenza degli inibitori di pompa che abbassando il pH provocano squilibri nel microbiota intestinale, proteggono la mucosa e tamponano l’azione degli acidi per mantenere un pH costante.
Tra i nutraceutici adatti a questo scopo il prof. Gramenzi ha indicato il carbonato di calcio e il bicarbonato di potassio che tamponano il pH gastrico; la condroitina che ha proprietà muco adesive, le vitamine B1, B2, B6, e l’alanina.