Presso l’auditorium C. Piccinno del Ministero della Salute, si è svolto un workshop, organizzato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe), che ha visto la partecipazione di figure istituzionali, esperti e rappresentanti del settore per approfondire l’applicazione del Regolamento (UE) 2016/429 – Animal Health Law (AHL).
L’incontro ha messo in luce i principali cambiamenti normativi e le sfide che il comparto dell’acquacoltura si trova ad affrontare, con particolare attenzione a biosicurezza, sorveglianza sanitaria e sostenibilità.
Le istituzioni e l’importanza della collaborazione
L’apertura dei lavori ha visto l’intervento del sottosegretario di Stato alla salute On. Marcello Gemmato, che ha sottolineato come l’Italia riesca a performare nel settore grazie alla stretta collaborazione tra i Ministeri della Salute e delle Politiche agricole alimentari e forestali, un modello di One Health che ha già portato a risultati concreti in altri ambiti, come il contenimento della peste suina africana.
Ha inoltre evidenziato il problema dell’antibioticoresistenza, un’emergenza che in Italia causa circa 13.000 decessi all’anno, corrispondenti a un terzo delle morti europee attribuibili a questa problematica. Per contrastarla, il Paese ha già ridotto del 40% l’uso di antibiotici nel settore zootecnico. È stato inoltre sottolineato che al recente G7 la lotta all’antibioticoresistenza è stata un punto centrale delle discussioni, evidenziando la necessità di un approccio globale per affrontare questa emergenza sanitaria.
A seguire, Giovanni Leonardi (capo del Dipartimento della salute umana, della salute animale e dell’ecosistema (One Health) e dei rapporti internazionali del MinSal) ha ribadito l’importanza della collaborazione tra ricerca, operatori di settore e istituzioni, sottolineando come la condivisione delle conoscenze tra settore pubblico e privato sia essenziale per affrontare le nuove sfide sanitarie.
Il dott. Ugo Della Marta, capo dei Servizi veterinari italiani, ha evidenziato il peso economico dell’acquacoltura italiana, che oggi rappresenta un settore in espansione e strategico per l’economia nazionale. Il dottore ha inoltre ribadito come l’Italia, con una produzione tra le prime quattro in Europa per valore e volumi, abbia la responsabilità di adeguarsi agli standard comunitari per garantire la sicurezza e il benessere animale.

A chiudere la prima parte introduttiva dell’evento, la dott.ssa Antonia Ricci, direttrice dell’IZSVe, ha posto l’attenzione sul ruolo chiave della ricerca pubblica degli Istituti nel supporto alle imprese del settore e della capacità di creare rete territoriale in modo da essere sempre vicini alle problematiche delle imprese, che nel settore dell’acquacoltura sono per la stragrande maggioranza imprese piccole o microimprese.
Le nuove sfide della sanità animale in acquacoltura
Il workshop si è aperto con l’intervento del prof. Giuseppe Arcangeli (direttore del Centro ittico specialistico dell’IZSVe) il quale ha illustrato i problemi emergenti dell’acquacoltura, focalizzandosi su alcuni punti chiave:
- le strategie vaccinali per le malattie che colpiscono la marinocoltura, che nell’ultimo anno ha visto una perdita di produzione importante a causa di focolai molto intensi di lattococcosi, patologia sostenuta da Lactococcus garvieae;
- l’impatto dell’aumento delle temperature marine e il monitoraggio ambientale, che evidenziano come il cambiamento climatico stia esponendo il settore a ondate di caldo anomalo, con temperature del mare che nel 2024 hanno toccato i 30 °C per lunghi periodi. Per contrastare questo fenomeno, il dott. Arcangeli ha sottolineato la necessità di una rete di monitoraggio avanzata con sonde multiparametriche e dati satellitari, sviluppata in collaborazione con enti di ricerca come il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e con l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) per garantire un controllo efficace dei parametri ambientali e prevenire impatti negativi su pescicoltura e molluschicoltura;

- la difficoltà nel definire i patogeni emergenti, soprattutto nella molluschicoltura, dove le problematiche sanitarie non sono attribuibili a singoli agenti patogeni, ma piuttosto all’interazione complessa di diversi microrganismi con l’ambiente e l’ospite, concetto che rientra nella definizione di patobioma. Questo approccio considera l’insieme dei fattori microbici e ambientali come determinanti dello stato di salute degli organismi allevati, rendendo necessario un cambiamento nella gestione sanitaria rispetto ai modelli tradizionali.
Le criticità del settore dell’acquacoltura
A seguire sono intervenuti il dott. Andrea Fabris (DMV, direttore dell’Associazione Piscicoltori Italiani – API) ed Eraldo Rambaldi (biologo, direttore dell’Associazione Mediterranea Acquacoltori – AMA), che si occupa interamente del settore della molluschicoltura. Il primo relatore ha elencato le principali criticità del settore, tra cui costi di produzione in crescita, carenza di farmaci veterinari e un aumento della competizione commerciale con Paesi UE ed extra-UE. Ha inoltre evidenziato l’importanza della biosicurezza e del monitoraggio digitale, e posto l’attenzione sulla scarsa disponibilità di farmaci specifici per il settore, evidenziando la necessità di incentivare lo sviluppo e l’uso di vaccini stabulogeni.
Rambaldi ha invece illustrato la crisi della molluschicoltura italiana. L’aumento delle temperature marine e l’aumentata presenza di specie aliene come il granchio blu (Callinectes sapidus) hanno avuto impatti devastanti sulla produzione di vongole veraci (Ruditapes philippinarum), crollata del 70% in meno di un decennio, e dei mitili, come la cozza (Mytilus galloprovincialis) che è crollata del 50% arrivando a una produzione nel 2024 di sole 30.000 tonnellate.

Riguardo ai predatori, un altro problema che è stato sottolineato è l’aumento delle predazioni da parte di specie come la tartaruga caretta (Caretta caretta) e orate selvatiche (Sparus aurata), il cui comportamento è cambiato a causa del riscaldamento globale, e rappresenta una minaccia ulteriore per la sopravvivenza del seme di molluschi. Questi predatori, che normalmente riducevano la loro attività nei mesi invernali, ora restano attivi tutto l’anno, aggravando ulteriormente la crisi della molluschicoltura.
Il dott. Rambaldi ha spiegato come l’unico settore in crescita sia quello dell’ostrica (Magallana gigas) che, grazie alla sua maggiore resistenza alle alte temperature e ai predatori marini, ha registrato negli ultimi anni un aumento produttivo molto soddisfacente, con 600 tonnellate del 2024, contro le 47 tonnellate prodotte nel 2012.
Tuttavia, ha denunciato la dipendenza dall’importazione del seme estero e la necessità di aprire schiuditoi in Italia (che ad oggi non sono presenti) per garantire maggiore autonomia, e di adeguare l’IVA sul prodotto in quanto è considerato “bene di lusso” in Italia (unico Paese in Europa a considerarlo tale). In effetti per i molluschi e i crostacei l’IVA rimane del 10%, ma sono esclusi astici, aragoste e ostriche, per i quali tale imposta è del 22%.
Biosicurezza e benessere animale
La questione della biosicurezza è diventata sempre più centrale nell’acquacoltura italiana, con l’obiettivo di prevenire la diffusione di malattie infettive e migliorare la gestione sanitaria degli allevamenti. La dott.ssa Anna Toffan, dirigente veterinario presso il Laboratorio di ittiovirologia dell’IZSVe e la dott.ssa Manuela Dalla Pozza, dirigente veterinario di primo livello, responsabile del Laboratorio di epidemiologia applicata all’ambiente acquatico dell’IZSVe, hanno esaminato il Decreto Ministeriale del 25 settembre 2024, che introduce nuove misure obbligatorie per garantire standard elevati di biosicurezza.
Questo Decreto stabilisce che ogni allevatore dovrà redigere un piano di biosicurezza, chiarendo le misure igienico-sanitarie e strutturali obbligatorie che devono essere attuate, da condividere con gli enti territoriali, e nominare un responsabile aziendale della biosicurezza. Tale figura sarà incaricata di vigilare sulla corretta applicazione di tali misure, indispensabili per prevenire la diffusione delle malattie negli impianti di acquacoltura.
La dott.ssa Dalla Pozza ha sottolineato che il Decreto rappresenta un passo fondamentale verso un approccio più rigoroso alla gestione del rischio sanitario, specificando che gli allevamenti dovranno implementare misure obbligatorie come il controllo degli accessi, protocolli di disinfezione più stringenti e l’implementazione strutturale degli impianti.
Inoltre, è stata annunciata l’attivazione di corsi di formazione ufficiali, organizzati dal Centro di referenza dell’IZS della Lombardia ed Emilia-Romagna, per fornire agli allevatori gli strumenti necessari ad adeguarsi ai nuovi obblighi normativi e ad approfondire le migliori pratiche di biosicurezza.
Grave lacuna normativa sul benessere animale
L’ultimo intervento del workshop è stato quello del dott. Amedeo Manfrin, veterinario dirigente presso il Centro specialistico ittico dell’IZSVe, che ha affrontato il delicato tema del benessere animale nell’acquacoltura. Il dott. Manfrin ha evidenziato una grave lacuna normativa: attualmente, non esistono disposizioni dettagliate che regolino le condizioni di benessere delle diverse specie ittiche allevate. Le normative esistenti, infatti, si limitano a indicazioni generiche senza differenziare tra specie, sistemi produttivi e modalità di trasporto e macellazione. Questa carenza legislativa rischia di rallentare i progressi del settore in termini di sostenibilità e di tutela degli animali allevati.
Manfrin ha ribadito l’importanza di adottare parametri scientifici condivisi per definire standard di benessere applicabili in modo specifico alle diverse tipologie di acquacoltura. Ha inoltre sottolineato il ruolo chiave dei manuali tecnici redatti dagli enti di ricerca, che negli ultimi anni hanno contribuito a fornire linee guida pratiche agli allevatori. Tuttavia, per garantire un reale progresso in questo ambito, è necessario un intervento normativo più strutturato a livello nazionale ed europeo.
Un aspetto particolarmente critico riguarda le modalità di stordimento e macellazione dei pesci, spesso trascurate rispetto agli standard adottati per altre specie animali. Manfrin ha spiegato come l’introduzione di linee guida più precise potrebbe favorire l’adozione di pratiche meno stressanti per gli animali e migliorare la qualità del prodotto finale. Ha inoltre fatto riferimento ai più recenti studi sugli indicatori di stress e benessere nei pesci, sottolineando la necessità di un approccio basato su evidenze scientifiche per definire protocolli più efficaci.
Infine, Manfrin ha lanciato un appello per un maggiore coinvolgimento degli allevatori e degli enti di ricerca nel processo di definizione delle future normative, affinché queste possano essere realistiche e applicabili nella pratica, senza penalizzare la competitività delle aziende italiane sul mercato europeo ed extra-UE.