Nonostante qualche preoccupazione per i prossimi mesi, la situazione del settore lattiero caseario italiano è più che positiva. È soprattutto l’export a fare da traino, con il made in Italy che conquista quote di mercato all’estero sempre più significative, per quantità e valore. Il 6° Dairy Summit è stata una importante occasione per fare il punto della situazione.

Un susseguirsi di tavole rotonde con relatori di alto livello rappresentanti di tutto il settore lattiero caseario, che hanno inquadrato la situazione presente cercando di anticipare quella futura.

Questo è stato il 6° Dairy Summit 20241, l’iniziativa di Tecniche Nuove con le sue testate di settore che, come ha ricordato nel suo saluto di benvenuto Ivo Nardella, amministratore delegato del gruppo milanese, è nata per creare un momento di analisi, confronto e proposta per tutta la filiera lattiero-casearia nazionale.

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Un momento durante il Dairy Summit 2024.

L’evento ha permesso ai molti partecipanti di avere un quadro completo della situazione nazionale e internazionale del settore lattiero caseario, delle sue prospettive e delle questioni più urgenti che si prospettano. Un quadro largamente positivo, anche se l’incertezza per la situazione geopolitica internazionale, le perplessità su quello che riserverà la nuova PAC, l’incognita dazi e le preoccupazioni sull’indirizzo che potrebbe prendere la vicenda etichettatura velano leggermente un orizzonte altrimenti sereno.

I numeri del settore lattiero caseario

In Italia, come illustrato da Ersilia di Tullio (Nomisma), continua un fenomeno in atto da tempo che riguarda la contrazione del numero di aziende produttrici di latte, sceso a circa 23 mila a giugno 2024 (-15,3% rispetto a giugno 2018) anche se resta sostanzialmente invariato, anzi, in leggerissima crescita, il numero di capi da latte considerando l’analogo periodo 2018-2014: il patrimonio nazionale da latte è pari a 2,6 milioni di capi.

Le stalle diventano quindi sempre più grandi: nel 2018 il numero medio di capi per stalla era di 94, è salito a 112 nel 2024 (+18,5%). Aumenta anche la produttività delle stalle: se nel 2018 la media produttiva per capo era di 9,22 tonnellate di latte è salita nel 2024 a 9,84 tonnellate, con una crescita del 6,7%. Un dato che certifica la bontà e la consistenza degli investimenti fatti e i miglioramenti avvenuti in termini di selezione, alimentazione, gestione e strutture di allevamento.

Un altro dato importante che trova conferma dal trend degli ultimi anni è la continua concentrazione del numero di stalle da latte nelle aree più vocate, a scapito delle altre parti del territorio nazionale. La Lombardia è sempre di più la Regione dove si produce più latte, con il 46% del totale e 6 milioni di tonnellate prodotte nel 2023. A seguire l’Emilia-Romagna (2,1 milioni di tonnellate, 16%), il Veneto e il Piemonte (1,2 milioni di tonnellate ciascuna, 9%) e il Trentino-Alto Adige (0,5 milioni di tonnellate, 4%).

Queste Regioni rappresentano l’85% del latte prodotto in Italia: il rimanente 15% è distribuito nel resto delle altre Regioni, per un totale di 12,9 milioni di tonnellate di latte prodotto nel 2023. Questa tendenza è destinata a rafforzarsi ulteriormente nei prossimi anni, con una diminuzione prevista in particolare al Sud.

Quanto a produzione, la proiezione dei dati riferiti al 2024 dovrebbe confermare la previsione di 13,1 milioni di tonnellate consegnate, eguagliando la produzione del 2021 nella quale si è raggiunto il picco. Al latte bovino si somma la produzione di quello bufalino e ovicaprino. Nel 2023 sono state consegnate 232mila tonnellate di latte bufalino (-0,4% rispetto al 2021) e 486mila tonnellate di latte ovicaprino (-1,4% rispetto al 2021).

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© Dedy_SW – shutterstock.com

Riguardo al livello di autoapprovvigionamento siamo scesi al 73,2% del 2024 dal 91,2% del 2023. Allargando la prospettiva a livello europeo, il decennio 2013-2023 ha fatto segnare una lieve diminuzione di capi (-0,7%) che si prevede in accentuazione nel prossimo decennio (-1,1%). Cresce la produzione media per capo, ma per effetto della riduzione della consistenza bovina la Commissione Settore latte UE prevede una leggera diminuzione (-0,2%) della produzione complessiva di latte per il prossimo decennio.

Tutto ciò a seguito delle politiche restrittive su stalle e allevamenti adottate soprattutto in alcuni Paesi del Nord Europa, e in generale per le misure ambientali, la spinta verso il biologico, le misure sul benessere animale, che porteranno a una contrazione del numero di capi allevati, non completamente compensato dall’aumento di produttività.

Consumi e mercati

Caratteristica italiana è il suo legame con le trasformazioni di qualità a denominazione di origine. Questo permette di avere per il latte prodotto una valorizzazione maggiore rispetto ai mercati internazionali e anche di mantenere un forte legame con il territorio. Sono 856 le Indicazioni geografiche riconosciute in Italia, su un totale di 3.428 nell’intera UE: a queste produzioni è destinato il 47% del latte prodotto in Italia.

Vale complessivamente 5,5 miliardi di euro il comparto dei formaggi a Denominazione di origine, pari al 60% del valore complessivo dell’intero settore food nazionale.

Considerando i mercati di vendita, i dati mostrano una situazione molto diversa tra mercato interno ed export. Il mercato nazionale, nel quale latte e derivati costituiscono il 15% della spesa alimentare delle famiglie, è da anni stazionario, l’aumento a valore registratosi negli anni scorsi è addebitabile unicamente alla fiammata inflazionistica.

Ben diversa è invece la situazione sui mercati esteri, che crescono a ritmo sostenuto con un valore atteso dell’export di formaggi nel 2024 di oltre 5 miliardi di euro. Dal 2014 al 2023 si è registrato un aumento dell’80,4% delle quantità esportate, arrivando nel 2023 a 594.800 tonnellate, con una proiezione per il 2024 di 660mila tonnellate (+12%). Quanto al valore complessivo, nel 2023 è stato di 4.947 milioni di euro e la stima per il 2024 è di una crescita del 9%, arrivando a 5.400 milioni di euro (dal 2014 al 2023 l’aumento di valore dell’export è stato del 129,3%).

Sui mercati internazionali l’Italia è il terzo esportatore di formaggi, dietro a Germania e Paesi Bassi, con una quota di mercato del 12,6% ma con un trend di crescita (considerando il quinquennio 2018-2023) del 75,2%, il più alto di tutti i Paesi esportatori. C’è un altro dato positivo: analizzando l’export lattiero caseario italiano rispetto a quello dei competitor, si vede che per l’Italia la percentuale dei formaggi sul totale è dell’88%: ciò significa che si tratta di un export di valore, rispetto a prodotti meno qualificati quali latte in polvere o burro che rappresentano quote importanti dell’export di altri Paesi sui mercati mondiali.

Nel paniere dei formaggi esportati la fanno da padrone i formaggi duri, quali Parmigiano Reggiano e Grana Padano, insieme ai grattugiati, pecorini e altri formaggi duri non Dop, cresce però l’export anche per i formaggi freschi, come le mozzarelle e anche altri freschi non a Denominazione di origine, come gli stracchini. I Paesi esteri dove è maggiormente indirizzato il nostro export in Europa sono Francia, Germania e Regno Unito, seguiti dagli Stati Uniti.

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© The Image Party – shutterstock.com

Cresce l’importanza del mercato cinese; i quantitativi sono ancora modesti, ma le percentuali di crescita (+196% la variazione delle importazioni cinesi dal 2018 al 2023) sono tali da rendere questo mercato uno dei più promettenti.

Dazi ed etichettatura

L’export italiano cresce dunque in tutti i principali Paesi, ma le tensioni geopolitiche mettono a rischio alcuni rilevanti mercati, in particolare quello americano e cinese. La questione dei possibili dazi sulle importazioni europee da parte del prossimo Presidente degli USA, Trump, così come analoghe misure che potrebbero essere prese dalla Cina, agita gli scenari e crea incertezza nelle previsioni: si calcola che per l’Italia i dazi penalizzerebbero le nostre esportazioni di circa 500 milioni di euro, pari al 10% circa del valore complessivo dell’export.

Altra questione aperta con possibili effetti negativi sulle vendite dei nostri prodotti è quella della etichettatura fronte pacco degli alimenti. Attualmente circolano nei vari Paesi europei diversi modelli, e tra questi il Nutriscore che ha la spinta di Belgio, Paesi Bassi, Francia, Germania e Spagna oltre che di importanti gruppi della GDO. Come ricordato dal prof. Paolo De Castro, l’Italia con altri Paesi europei sta facendo una battaglia per contrastarlo proponendo un suo sistema di etichettatura, il Nutrinform Battery.

Il Nutriscore ha infatti una impostazione focalizzata sull’evidenziazione di alcuni aspetti negativi (ad esempio la presenza di sale o di grassi) senza dare indicazioni sugli aspetti nutrizionali positivi. Il risultato è che non solo non informa il consumatore a livello nutrizionale, ma anche ne orienta le scelte, penalizzando in maniera a volte anche grottesca i prodotti italiani di qualità.

Comunicazione settore-consumatori

Altro aspetto sottolineato in più tavole rotonde: la necessità non più rinviabile di comunicare in maniera efficace con il consumatore, per raccontare ciò che è l’agricoltura e l’allevamento nella realtà, rispetto a quanto continuamente viene proposto in chiave solo negativa dai media.

Anche perché dove manca l’allevamento, in particolare quello bovino, si ha un arretramento delle condizioni economiche del territorio oltre che un degrado ambientale. Questo è valido soprattutto per le zone di montagna e, letto attraverso questa lente, il dato della contrazione degli allevamenti in Italia dà ulteriori elementi di preoccupazione.

Se poi l’allevamento è legato a produzioni a Denominazione di origine la ricaduta positiva sul territorio è ancora più importante. Una recente ricerca fatta dal Crpa ha dimostrato come nelle aree di montagna dell’Emilia-Romagna la vivacità economica e sociale fosse nettamente superiore dove di produceva Parmigiano Reggiano rispetto alle aree al di fuori della zona di produzione della Dop.

Spunti e considerazioni

Il Dairy Summit 2024 ha toccato altri temi di attualità per la filiera lattiero casearia. Ad esempio, la nuova PAC, strumento tra i più importanti a livello economico della UE che tuttavia, allontanandosi sempre più dalle ragioni che portarono alla sua creazione, destina ora – come ricordato dal leader della Coldiretti Ettore Prandini – solo il 30% del suo ammontare complessivo al sostegno economico degli agricoltori europei.

Per questo Prandini ha sottolineato la necessità di pensare a nuove misure di sostegno al di fuori della PAC o a una sua diversa modulazione rispetto ad ora, citando ad esempio le misure legate agli eco-schemi che destinano contributi che in realtà pochi riescono a utilizzare.

Si deve anche considerare il rischio per gli agricoltori legato ai cambiamenti climatici (che vedono l’agricoltura vittima più che artefice), da proteggere con forme di assicurazione.

Maria Teresa Pacchioli, ricercatrice del Crpa, ha ricordato anche come per le aziende sia necessario un percorso di formazione per poter essere adeguatamente preparate alle sfide dei prossimi anni, come la certificazione della sostenibilità o la questione dei crediti di carbonio.

Molto interessante anche la relazione del prof. Pier Sandro Cocconelli, preside di Scienze agrarie, alimentari e ambientali nonché ordinario di Microbiologia agraria dell’Università Cattolica di Piacenza, dedicata alle alternative sintetiche al latte.

Davvero potrà essere replicato in maniera efficace, sicura e sostenibile in digestori industriali ciò che da millenni avviene nel digestore ruminale e che porta alla produzione di latte? Siamo ancora lontanissimi da ciò, ha assicurato il professore: quello che ora è possibile fare, andando a ingegnerizzare lieviti o alghe, è la bioproduzione di certi componenti bioattivi specifici e, per quanto riguarda le proteine del latte, solo la beta-lattoglobulina.

Per avere però un prodotto a livello industriale con la complessità del latte e che possa avere un ruolo nelle fasi successive della trasformazione, senza contare l’aspetto puramente legato alla sostenibilità del processo, la strada da percorrere è ancora lunghissima.

  1. Piacenza, 5/12/2024: 6° Dairy summit. Organizzato da Tecniche Nuove. ↩︎

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