Il maltrattamento è una circostanza che rende necessario verificare la condizione dei singoli soggetti e definirne le cause, ma “impegna” anche oltre, se il fine non è solo quello di confermare gli abusi, ma si vuole che questi vengano fermati e puniti.
La tutela degli animali e il medico veterinario
La tutela degli animali è un tema complesso, che coinvolge il legislatore, per la definizione delle norme di riferimento, i proprietari e detentori, cui si attribuiscono le principali responsabilità di cura e custodia, e anche i medici veterinari, come garanti della salute e del benessere animale dal punto di vista tecnico-scientifico e clinico, ma non solo.
Dalla cronaca e dalla giurisprudenza oltre che dai recenti approcci che teorizzano il “benessere unico” (One Welfare), provengono indicazioni sul possibile ruolo “ampliato” dei medici veterinari nel gestire il grande impegno di proteggere gli animali. Ne deriva che la responsabilità professionale non si estrinseca più solo negli interventi diretti di trattamento medico o di controllo ufficiale, ma si sviluppa anche in contesti “collaterali” come il maltrattamento, richiedendo competenze aggiuntive, come quelle funzionali all’individuazione di casi preoccupanti e alla relativa segnalazione alle autorità competenti.
Ma i veterinari sono preparati a questa evoluzione? Un esempio su cui riflettere si trova nell’approccio al maltrattamento, nelle sue diverse forme.
Riconoscere e segnalare il maltrattamento
Le valutazioni veterinarie sono sempre indispensabili per determinare l’effettivo stato di un animale e diagnosticare l’eziologia delle sue sofferenze. Ma cosa succede se il medico veterinario riscontra problemi di salute e benessere che non sono riconducibili a patologie spontanee o incidenti, ma possono essere attribuite a forme di maltrattamento, delle quali gli animali risultano vittime? Il suo coinvolgimento attivo nel riconoscimento e nella successiva segnalazione diventa, allora, cruciale per la protezione degli animali stessi.

Dal punto di vista della definizione giuridicamente rilevante, un maltrattamento può verificarsi come conseguenza di:
- negligenze, che producono privazioni, carenze, costringono in condizioni di vita inadeguate;
- lesioni, che comprendono ferite non accidentali, conseguenze di traumi inferti, effetti di avvelenamenti e altre forme di abusi fisici;
- vessazioni psicologiche, che inducono angoscia, distress, fino alla depressione;
- abusi sessuali (zooerastia e zoosadismo);
Ognuna di queste categorie di maltrattamento comprende una serie di possibili azioni che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli animali in quanto esseri senzienti. Spesso, si tratta di situazioni che sfuggono alla rilevazione da parte di chi potrebbe intervenire tempestivamente, ma in alcuni casi gli animali coinvolti giungono alla valutazione di un veterinario, che può rendersi conto di una condizione riconducibile a una forma di maltrattamento.
Può essere questa la circostanza in cui uno stesso proprietario o detentore decida di portare in visita il proprio animale o quello che gli è stato affidato, rendendosi conto della gravità della situazione (pur senza ammettere la sua responsabilità del maltrattamento). Altrimenti, il veterinario potrebbe vedere l’animale a seguito di un intervento di soccorso, effettuato dalle forze dell’ordine, oppure ancora, quando si tratta di veterinari ufficiali, potrebbero essere eseguite ispezioni per verificare segnalazioni ricevute.
Gli animal hoarders
In ogni caso, per il medico veterinario che identifica le conseguenze di una negligenza o i segni di un vero maltrattamento si crea la responsabilità di denunciarle, anche quando ne hanno solo il sospetto. Molto spesso, infatti, da questo dipende il futuro degli animali coinvolti e, qualche volta, anche quello delle persone che li hanno vessati.
A parte i reati compiuti da chi aveva piena facoltà di intendere e, quindi, ha di fatto scelto di comportarsi male, ci sono situazioni più complesse e complicate dai sopra citati aspetti collaterali, che hanno un impatto più ampio e richiedono una capacità di intervento più articolata e qualificata. Sono casi in cui può essere che il bisogno di aiuto accomuni gli animali e le persone che diventano i loro “aguzzini”.
È questo il caso emblematico degli accumulatori seriali di animali o animal hoarders, che, partendo da un istinto di amorevolezza e dalla spinta a occuparsi degli animali, in prevalenza cani e gatti, nella convinzione di saperlo fare con la giusta cura o addirittura di essere gli unici che possano salvarli, finiscono per cadere nel comportamento disfunzionale dell’accumulo compulsivo di un numero di esemplari superiore alle loro forze.

La conseguenza è l’incapacità di garantirne un accudimento idoneo, fino ad arrivare a livelli di trascuratezza che sfociano in ripercussioni negative in danno degli animali, paragonabili al maltrattamento volontario.
Uno degli aspetti più critici dell’accumulo, oltre a quelli pratici delle pessime condizioni igienico-sanitarie e della malnutrizione, è proprio l’accesso alle cure veterinarie. Infatti, gli hoarders non riescono il più delle volte a garantire nemmeno quelle, con l’effetto di non rivolgersi mai a un veterinario. Qualcuno, però, lo fa, anche se in modo sporadico e “alternato”, per cercare di non evidenziare il numero abnorme dei suoi animali. In questi casi è frequente che lo stato di quelli che arrivano all’attenzione del sanitario riveli in tutto o in parte la condizione in cui sono detenuti.
È anche probabile che al medico veterinario non sfugga la modalità “anomala” con cui la persona gli si rivolge. Diventa, allora, fondamentale la sua capacità di intervenire, per consentire l’attivazione di verifiche e dell’intervento necessario. Questo può sembrare che richieda “coraggio”, oltre a una buona preparazione tecnica, perché un professionista potrebbe temere le ripercussioni di una segnalazione alle Autorità oppure pensare di stare violando l’obbligo di riservatezza professionale o ancora sentire il peso di un conflitto etico, percependo una ingerenza nella sfera personale umana del cliente, e anche avere scarsa fiducia in una effettiva ed efficace risposta delle forze dell’ordine e degli organi giudicanti.
In realtà, quello che dovrebbe importare al medico veterinario è la tutela del paziente animale da comportamenti che incidono sul suo benessere. Il riscontro anche solo di un sospetto di maltrattamento deve far scattare la responsabilità di non trascurarlo e attivare quanto possibile per evitare il peggio. Questo significa giocare un ruolo chiave nel contrasto agli abusi sugli animali.
Soccorrere e proteggere gli animali è ruolo del veterinario
È vero che saper affrontare queste situazioni difficili non è facile, può essere moralmente angosciante e gravoso dal punto di vista pratico. Inoltre, non è scontato che i veterinari abbiano ricevuto una preparazione specifica per essere pronti a farlo. Tuttavia, la responsabilità si crea.
Gli animali devono essere visti come le vittime che sono (o rischiano di essere) e, quindi, soccorsi e protetti in casi di maltrattamento come è nel ruolo del professionista veterinario.
Uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato da AVMA (American Veterinary Medical Association) sulla disponibilità dei medici veterinari ad attivarsi nei casi sospetti di maltrattamento degli animali ha rivelato che solo il 27% del campione ha dichiarato di aver denunciato alle autorità tutti i casi riscontrati, mentre i restanti si dividevano equamente tra chi ne aveva segnalati solo alcuni e chi nessuno. Il motivo più ampiamente identificato alla base della mancata reazione è risultata proprio l’assenza di formazione sul riconoscimento degli elementi di sospetto e sulle modalità per attivarsi.
Coltivare una deontologia professionale coraggiosa
Anche nel nostro Paese, la cultura della risposta alla crudeltà e alle altre forme di comportamenti antisociali e illegali che incidono sul benessere animale dovrebbe crescere. Dovrebbe essere parte della formazione dei medici veterinari la capacità di identificare tali derive e di affrontare la prima fase di approccio alla relativa gestione, anche perché può essere che proprio loro siano i primi o anche gli unici professionisti a incontrarle.
Con riferimento agli accumulatori di animali, anche la giurisprudenza sembra ormai avviata a riconoscere nel loro comportamento un reato e a condannarli per maltrattamento di animali anche se apparentemente inconsapevoli di perpetrarlo. Negli ultimi anni, la Corte di Cassazione ha già confermato diverse sentenze a carico di animal hoarders compulsivi, con pene che comprendono l’arresto.
Nel 2023, una sentenza è arrivata, in modo del tutto inedito, a porre un limite al numero di cani che una donna avrebbe potuto detenere dopo essere stata riconosciuta responsabile di avere accumulato un numero eccessivo di cani in condizioni intollerabili per gli animali stessi e per il vicinato (a causa di odori e rumori).
Possiamo, dunque, concludere che i medici veterinari devono essere consapevoli di ricoprire un ruolo cruciale, da cui dipende molto la protezione degli animali e, a volte, non solo quella. Un ruolo che si inserisce a pieno titolo nel contesto di un approccio moderno di salute unica e benessere unico, nonché in un’idea di deontologia professionale coraggiosa e che trova un arricchimento e valore aggiunto nella guida a prendere decisioni etiche con conseguenze pratiche.