La diagnosi precoce è sempre più un imperativo in nefrologia. In questo articolo il dott. Claudio Brovida ha illustrato alcuni nuovi marcatori biologici che possono aiutare nella diagnostica differenziale in corso di nefropatia.

Tradizionalmente la valutazione della funzionalità renale si basa sulla corretta, e possibilmente precoce, definizione di alcuni parametri ematici ed urinari come la creatinina, il peso specifico delle urine e la proteinuria.

I marcatori indici di funzionalità renale

Questi valori sono importanti nella delimitazione del danno renale cronico, come definito nella classificazione IRIS; in particolare, il riscontro di valori anomali del rapporto proteine/creatinina urinarie (PU/CU) può permettere un’indicazione di problemi renali cronici primari o secondari ad altre malattie in tempi molto precoci, quando il paziente può ancora non presentare alcuna alterazione clinica.

Il peso specifico delle urine diminuisce quando il danno renale è più esteso e raggiunge circa 2/3 della superficie renale complessiva. Con la perdita di capacità di concentrare le urine si hanno poliuria e polidipsia compensatoria, sintomo classico della malattia renale cronica (CKD, chronic kidney disease).

La creatinina, come valore di riferimento, è un parametro ancora molto utilizzato, nonostante presenti numerosi limiti.

I limiti della valutazione della creatininemia

  • Elevata variabilità fra le razze canine.
  • Oltre il 75% dei nefroni deve essere compromesso perché la creatinina sia costantemente al di sopra dei limiti di laboratorio di riferimento (1,4 mg/dl nel cane e 1,6 mg/dl nel gatto, sempre secondo la classificazione IRIS);
  • Influenzata da fattori extra-renali, in particolare dalla massa muscolare e lo stato di idratazione, fattori che influenzano la sua specificità.
  • È uno dei marcatori funzionali, pertanto non presenta variazioni in caso di danno renale che non manifesti alterata funzionalità.
  • Il rapporto fra creatinina sierica e filtrato glomerulare (GFR) non è lineare; infatti, a livello di stadio iniziale di diminuzione del GFR si ha una ridotta alterazione della creatinina che diventa più evidente solo in caso di elevato danno renale consolidato.

La creatinina rappresenta in maniera speculare l’andamento del filtrato glomerulare renale e per tale motivo viene usata nella pratica come valore di controllo del GFR.

marcatori-renali-rapporto-creatinina-GFR
Grafico rappresentante il rapporto simmetrico fra la dinamica del GFR e dei valori di creatinina (qui rappresentati in µmol/l, per convertire il valore in mg/dl dividere per 88,4). Si nota come alla progressiva diminuzione del GFR corrisponde l’aumento della creatinina e viceversa.

Tuttavia, l’aumento del valore ematico di creatinina si manifesta solamente di fronte a un esteso danno renale, rendendo questo parametro affidabile, ma tardivo nella sua individuazione.

I limiti della valutazione dell’uremia

Anche l’urea è condizionata dalla funzionalità renale, tuttavia, è un valore ematochimico meno specifico in quanto influenzabile da numerosi fattori extrarenali come il metabolismo proteico esogeno o endogeno, la funzionalità epatica, la presenza di sangue intestinale, lo stato di idratazione, la produzione di urine, l’uso di diuretici.

Pertanto, l’urea viene considerata come parametro collaterale alla creatinina per la valutazione dello stato uremico, sapendo che è meno specifico come marcatore della funzionalità renale.

I marcatori in caso di AKI

Il problema assume una valenza completamente diversa in caso di danno acuto o AKI (acute kidney injury). In generale, partendo da dati riportati nella letteratura, l’indice di mortalità in corso di AKI, sia negli esseri umani che negli animali, si aggira attorno al 50% e l’esito della gestione del paziente dipende moltissimo dall’eziologia della malattia e dalle disponibilità terapeutiche, considerando che questi valori di sopravvivenza tengono conto anche della terapia sostitutiva renale.

La creatinina aumenta in proporzione all’evoluzione del danno renale ed è condizionata da fattori pre e post renali che possono interferire con una corretta valutazione dei valori. Ciononostante, la creatinina continua ad essere il principale strumento di valutazione clinica in caso di danno renale acuto.

Il Gruppo IRIS ha elaborato una classificazione in gradi che permette di valutare la gravità dell’AKI nel cane e nel gatto. Questa classificazione si basa sulla stima accurata della variazione dei valori della creatinina:

marcatori-renali-tabella-gradazione-IRIS-AKI

e della produzione di urina:

marcatori-renali-sottogradazione-IRIS-AKI

È richiesto un approccio non tradizionale all’interpretazione dei parametri e la valutazione di lievi variazioni dei valori in tempi abbastanza ristretti.

I nuovi marcatori per il danno renale acuto

C’è una costante crescita di interesse sulla ricerca in Medicina Umana e recentemente anche in Veterinaria, di nuove molecole, di nuovi marcatori o biomarker che possano permettere l’individuazione in maniera sensibile e specifica dell’insorgenza precoce di danno renale acuto. Alcuni di questi marcatori stanno riscuotendo particolare interesse in veterinaria.

I marcatori renali devono rispondere ad alcune peculiarità per essere efficaci:

  • essere individuabili facilmente nelle urine o nel sangue e avere costi accessibili;
  • essere altamente predittivi del danno renale, presentando elevata sensibilità e specificità;
  • offrire informazioni che facilitino la localizzazione del danno renale (ad es. a livello glomerulare o tubulare);
  • rappresentare correttamente l’entità del danno;
  • prevedere la possibilità di recupero o di guarigione del danno renale stesso.

Tuttavia, risulta che raramente un solo esame sia sufficiente a offrire queste informazioni, pertanto è opportuno associare, nella diagnostica della malattia renale, tutti i parametri in grado di confermare il danno renale e possibilmente la localizzazione e la distinzione tra forme acute, croniche o croniche acutizzate.

È molto importante riuscire a individuare la precocità dell’evoluzione del danno renale, sia nelle forme acute, sia nell’evoluzione delle forme croniche.

Le prime possono avere un andamento molto rapido con aspetti clinici a volte molto drammatici per il paziente, mentre in caso di CKD l’evoluzione può essere molto lenta e la diagnosi molto tardiva (ad esempio, in caso di reni policistici in razze non predisposte geneticamente, che normalmente sono individuati casualmente con la diagnostica per immagini, durante valutazioni di routine).

Inoltre, le forme acuta e cronica non sempre sono due entità separate e studi recenti tendono a indicare una correlazione fra di loro, spesso la forma acuta può essere una complicanza di una evoluzione cronica ad andamento subdolo (Cowgill et al., 2016).

Le stesse terapie utilizzate, come fluidi e farmaci, possono essere componenti che influiscono nella dinamica dell’evoluzione della malattia renale stessa:

  • Fluidoterapia inappropriata.
  • Uso di farmaci nefrotossici e scarso controllo durante la loro applicazione.

Distinzione tra infezioni delle vie urinarie superiori e inferiori

È stato recentemente riscontrato che pazienti con infezioni alle vie urinarie inferiori possono sviluppare forme subcliniche di pielonefrite. In questi casi test come l’NGAL (lipocaina associata a gelatinasi neutrofilica o neutrophil gelatinase-associated lipocain) sono in grado di anticipare la diagnosi del coinvolgimento tubulare renale. Questo aspetto riporta la necessità di focalizzare correttamente la diagnosi della malattia renale nelle fasi iniziali dello Stadio IRIS I, quando apparentemente i marcatori ematici sono ancora nelle medie di normalità.

NGAL

La lipocaina associata a gelatinasi neutrofilica o neutrophil gelatinase-associated lipocain (NGAL) è una proteina di 25-kDa inizialmente identificata come legata all’enzima gelatinasi in particolari granuli dei neutrofili. Successivamente, è stato dimostrato che essa viene espressa da una varietà di epiteli.

La NGAL è sopra-regolata (più di dieci volte) a seguito di danni renali tossici, ischemici e ostruttivi sia in modelli sperimentali di AKI sia in situazione di danno renale naturale nell’uomo e nel cane.

Studi recenti in cani con danno nefrotossico sperimentale e in cani con AKI acquisito naturalmente hanno dimostrato che l’ NGAL presenta sensibilità e specificità superiori al 95%.

In uno studio (Palm et al., 2016) è stato dimostrato che il rapporto fra NGAL e creatinina serica (UNCR) è risultato più elevato in cani con AKI, se comparati con altre patologie delle vie urinarie (CKD, UTI); lo stesso rapporto precede di 7 giorni circa, l’aumento della creatinina sierica.

SDMA

La dimetilarginina simmetrica nel siero è una delle ultime molecole su cui sui è concentrata l’attenzione dei ricercatori, e viene considerata un promettente marker della funzionalità renale. L’SDMA deriva dai processi di degradazione delle proteine tramite idrolisi e successiva metilazione, in cui si producono aminoacidi metilati, biologicamente attivi, fra cui appunto, arginina metilata, di cui vi sono tre specie principali: monometilarginina (MMA), dimetilarginina asimmetrica (ADMA) e SDMA.

In particolare, questa molecola riduce per via indiretta la sintesi di ossido nitrico (NO). Un’altra caratteristica è associata al fatto che l’SDMA viene escreta primariamente, per più del 90%, tramite clearance renale e, in caso di danno renale con diminuzione del GFR, si accumula nel siero ematico.

La ricerca nell’uomo ha dimostrato che la SDMA è un accurato e preciso marcatore per la stima del GFR e presenta una maggiore sensibilità rispetto alla creatinina nella valutazione della funzione renale. Analogamente sono stati effettuati studi nel gatto e nel cane con risultati molto promettenti.

Lavori sul gatto hanno dimostrato che in gatti anziani con diminuito GFR, aumenta il valore di SDMA nel siero a differenza della creatinina; pertanto, questa molecola permetterebbe una diagnosi della malattia renale cronica nel gatto più precoce rispetto alla creatinina ematica (Hall et al., 2014).

Analogamente un recente studio su cani anziani sani ha dimostrato che la concentrazione sierica di SDMA è un indicatore sensibile della variazione di funzionalità renale nel cane, senza essere influenzato dalla variazione di massa muscolare, come invece avviene per la creatinina (Hall et al., 2015).

GGT

La gamma glutamil transpeptidasi è localizzata a livello delle cellule epiteliali tubulari prossimali e può essere individuata nelle urine. A causa della sua instabilità necessita di una valutazione immediata dopo la raccolta e di conseguenza ne limita l’utilità pratica.

È un marcatore conosciuto da tempo e studiato nel cane in corso di AKI indotta sperimentalmente con somministrazione di gentamicina. L’aumento della GGT fu documentato fin dal primo giorno mentre la creatinina serica aumentò al settimo giorno dopo l’inizio dello studio. Questo studio ha indicato la GGT come marcatore precoce del danno tubulare (Greco et al., 1985).

Cistatina-c

La cistatina-c è una proteina di 13-kDa, proteasi inibitore della cisteina studiato in maniera abbastanza estesa come marker dell’AKI nelle persone. A differenza della creatinina non è influenzata da sesso, età e massa muscolare; pertanto, è considerata un marker specifico della funzionalità renale.

A causa del suo basso peso molecolare, la cistatina-c viene filtrata liberamente dal glomerulo. È successivamente riassorbita e catabolizzata, ma non secreta dai tubuli. Sia la cistatina-c urinaria sia quella sierica sono indicatori sensibili del danno renale acuto e precedono l’indicazione dell’AKI fino a due giorni prima delle variazioni di creatinina. Le variazioni di valori di cistatina-c sono inoltre correlabili alle valutazioni prognostiche per l’AKI.

RBP

La proteina legante il retinolo o retinol binding protein è una proteina di 21-kDa, sintetizzata nel fegato, filtrata liberamente dal glomerulo e successivamente riassorbita e catabolizzata a livello del tubulo prossimale. La RBP è molto sensibile come fattore predittivo della disfunzione tubulare, precedendo l’escrezione urinaria di NAG.

Come per altri biomarker, i livelli sierici di RBP possono essere influenzati da altri fattori, aumentando il rischio di avere falsi positivi. È stato studiato in cagne con piometra come marker tubulare prossimale, il 6% di 17 soggetti inclusi nello studio ha dimostrato aumento della molecola nelle urine, in assenza di azotemia, rivelando come questa molecola sia più efficace di altri marcatori nella definizione delle fasi iniziali dell’AKI in Grado I.

Diversi parametri per una valutazione accurata

Le continue ricerche in corso certamente aiuteranno ad aumentare la precocità diagnostica delle patologie renali. Va detto che l’esame ideale unico ancora non esiste e ogni esame indicato presenta ancora aspetti positivi e limiti nella sua applicazione; pertanto, è molto importante coniugare i diversi parametri da associare ad altre valutazioni, ai fini di ottenere una definizione più corretta possibile dello stadio, gravità, ed evoluzione della malattia renale analizzata.

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