Spaziando dalla neurofarmacologia al dolore perioperatorio, le relazioni della prof.ssa Giorgia Della Rocca e del dott. Davide Gamba hanno illustrato diversi aspetti di algologia del gatto durante una giornata di studio organizzata da AIVPAfe.

In occasione della giornata di studio organiz­zata dall’Associazione italiana veterinari di patologia felina (AIVPAfe) dedicata alla terapia del dolore, i partecipanti hanno potuto assistere alle relazioni della prof.ssa Giorgia Della Rocca (docente di Farmacologia e tossicologia veterina­ria, vicedirettore scientifico del Centro di ricerca sul dolore animale – CeRiDA – Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli studi di Perugia) e del dott. Davide Gamba (DVM, cVMA – certificazione di Agopuntura Medica Veterinaria, responsabile dell’unità operativa di anestesia e terapia del dolore presso la Clinica veterinaria Gran Sasso di Milano), che hanno trattato vari argomenti di algologia in medicina felina.

Tipologie di dolore

La prof.ssa Della Rocca ha esordito fornendo ai partecipanti una serie di nozioni fondamentali in tema di neurofarmacologia del dolore, prov­vedendo innanzitutto a fare chiarezza riguardo alla sua classificazione, del quale esistono diverse tipologie.  

  • Dolore transitorio (insorge in assenza di danno tissutale): è associato a traumi tissutali lievi o nulli e serve a mettere al riparo l’organi­smo da potenziali stimoli dannosi. Questo tipo di dolore è adattativo (di allarme), mediato dai nocicettori normoeccitabili.
  • Dolore tissutale infiammatorio acuto (insorge dopo che si è verificato il danno tissutale): rispetto al precedente, è associato a un danno tis­sutale più importante ed è mediato dai nocicettori ipereccitabili; ha funzione protettiva, favorendo l’immobilità e/o la protezione della parte lesa ac­celerandone così la guarigione (adattativo, o dolore “sintomo”). Tale tipologia di algia è dunque subordinata al danno attuale (tissue injury pain) del tessuto ed è ben evidente il rapporto cau­sa/effetto. Di durata limitata, si esaurisce quando viene riparato il danno che ne è responsabile e risponde alle misure antinocicettive. Gli stimoli nocicettivi hanno prodotto il danno tissutale e il dolore è mediato dai nocicettori ipereccitabili, con una sensibilizzazione periferica e centrale. Esso può essere infatti provocato dal tatto, dal carico su un’articolazione o dal movimento di un arto entro il range fisiologico. Solitamente, in conco­mitanza con la riparazione del danno tissutale, i processi di sensibilizzazione periferica e centrale si riducono fino a scomparire, con conseguente cessazione del dolore.  
  • Dolore tissutale infiammatorio persistente (si perpetua dato il permanere del danno tissutale): se si ha persistenza della causa di in­fiammazione (ad esempio per una patologia cro­nica come l’osteoartrite) la stimolazione del siste­ma nocicettivo continua, persistono i processi di sensibilizzazione periferica e centrale, e il dolore infiammatorio diventa persistente (persistendo lo stimolo algogeno, persiste anche esso). In questa tipologia di dolore, che si connota come maladat­tativo, è ancora presente il rapporto causa/effetto, ed è buona la risposta agli analgesici e, in generale, alle misure antinocicettive. Questo dolore è mediato dai nocicettori (ipereccitabili) e la sensibilizzazione periferica e centrale non è suscettibile di riduzione. Iperalgesia e allodinia sono persistenti.  
  • Dolore neuropatico (persistente): deriva da un danno a carico del SNC o periferico e si presenta senza stimoli ai nocicettori, ma per attivazione ectopica dei neuroni (dolore disnocicettivo). Non sempre è chiaro il rapporto causa-effetto e può persistere per mesi, anni o per sempre dopo l’evento che ha prodotto la lesione nervosa, anche se il dan­no viene riparato; presenta pertanto i connotati di un dolore maladattativo definito dolore “malattia”. Buona è la risposta ai farmaci antidisnocicettivi (antidepressivi triciclici, anticonvulsivanti e ane­stetici locali). Può verificarsi a causa di:
    • persistenza dell’ipereccitabilità dei nocicettori, mediata dai recettori a bassa soglia collegati alle fibre A-beta (continua dopo la guari­gione del danno tissutale);
    • dismielinosi di tratti di fibra nervosa o sprouts-neuromi, che rendono le fibre nervose ipe­reccitabili (dolore senza danno tissutale per lesione del sistema nervoso);
    • degenerazione delle fibre C e ipertrofia delle A-beta, cui seguono nuove connessioni sinaptiche con le cellule della lamina II del corno dorsale del midollo e attivazione del II neurone da parte delle fibre A-beta oltre che delle A-delta e C (dolore senza danno tissutale, per lesione del sistema nervoso).
  • Dolore misto: è caratterizzato da una componente infiammatoria e da una componente neuropatica.
  • Dolore di origine sconosciuta o incerta. È presente in svariate condizioni, come ad esempio:
    • chronic post-surgical pain (CPSP)
    • feline hyperestesia syndrome
    • feline orofacial pain syndrome (FOPS)
    • cefalea/emicrania
    • da arto fantasma
    • cistite idiopatica
    • prurito cronico

Fattori da considerare nella terapia del dolore

La relatrice ha sottolineato che in ambito ve­terinario non esistono protocolli standard per la terapia del dolore e che riconoscere quale meccanismo sia alla base della sua genesi del è di fondamentale importanza dal punto di vista terapeutico.

I fattori che intervengono nella scelta di un protocollo analgesico sono:

  • patogenesi (infiammatorio, neu­ropatico, misto);
  • durata;
  • severità;
  • localizzazione;
  • caratteristiche del paziente (specie, razza, sesso, età, peso, stato fisico, storia farmacolo­gica, ambiente, alimentazione).

L’approccio terapeutico

L’approccio terapeutico è basato su alcuni punti:

  • l’eziopatogenesi, ovvero conside­rare se quello che ci si trova a fronteggiare è un dolore infiammatorio, o neuropatico oppure misto;
  • la severità, in quanto mentre per un dolore severo andrà approntato un trattamento antalgico aggressivo con analgesici potenti (ad esempio, oppioidi puri + FANS + adiuvanti), per uno moderato il trattamento prevederà farmaci antinfiammatori + adiuvanti, e uno lieve risponderà a farmaci analgesici meno aggressivi (ad esempio, oppioidi deboli, FANS);
  • la durata, che aiuta a determina­re la terapia analgesica più appropriata; ad esempio, animali con dolore da moderato a severo da lungo tempo richiedono una terapia antalgica più aggressiva e mirata a causa degli intercorsi fenomeni di sensibilizzazione cen­trale e periferica a carico del sistema nervoso. Inoltre l’approccio terapeutico analgesico do­vrebbe essere preventivo e deve svilupparsi in maniera multimodale, basato sul singolo paziente.

Riguardo a quest’ultimo, i fattori da considerare prima della scelta di un protocollo analgesico sono dunque la specie, la razza, il sesso, l’età, il peso, lo stato fisico, l’ambiente, l’alimentazio­ne, lo stato fisiologico (gravidanza, lattazione), lo stato patologico (co-morbidità, polifarmacia, interazioni farmacologiche, controindicazioni). Tutto ciò infatti può comportare differenze soggettive nella risposta ai farmaci analgesici.

Oltre ai farmaci per la gestione del dolore è possibile ricorrere anche a crioterapia-termote­rapia, massaggi, stretching ed esercizi terapeu­tici attivi o passivi, tecniche fisiche strumentali (elettrostimolazione, ultrasuoni, magnetotera­pia, diatermia, laser, agopuntura), nutraceutici, fitoterapici.

Curare il gatto con dolore da patologia odontoiatrica

Il dott. Gamba ha esordito affermando che “il dolore orale/dentale è ancora poco riconosciuto, poco curato e trascurato nella pratica veterina­ria dei piccoli animali”, nonostante le malattie dentali, orali e maxillo-facciali rientrino tra i problemi più comuni in questo settore pro­fessionale. Tali patologie, spesso non trattate o sottotratta­te, generano un dolore significativo e infezioni localizzate (potenzialmente sistemiche), e mi­nano anche il benessere degli animali.  

Il relatore ha portato alcuni esempi di terapia antalgica utile per i pazienti con dolore del cavo orale.  

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© mojahata – shutterstock.com
  • Nel paziente felino che ha subito un’estrazio­ne dentale, in fase acuta dopo l’intervento e per un totale 10 giorni di trattamento si possono utilizzare:  
    • FANS, la cui dose varia in base alla molecola scelta e il cui utilizzo è possibile (anche se da valutare caso per caso) nei pazienti con CKD;  
    • pregabalin alla dose di 1 mg/kg PO sid, do­saggio che può essere aumentato se necessario;  
    • PEA alla dose di 20 mg/kg PO sid.  
  • Come mantenimento della terapia contro il do­lore del cavo orale, si possono utilizzare non solo pregabalin e PEA al dosaggio come in fase acuta ma anche anti-NGF mAb (anti-Nerve Growth Factor monoclonal Antibody), a dosag­gio secondo la taglia del gatto SC ogni 28-30 giorni (uso off label).  
  • La sindrome da dolore orofacciale felina (FOPS, feline orofacial pain syndrome), può essere trattata con:  
    • pregabalin (1 mg/kg PO sid, e il dosaggio può essere incrementato, se necessario);  
    • PEA (20 mg/kg PO sid).  
    • Nel caso in cui in conseguenza della malattia si verifichino episodi di autotraumatismo si assiste, oltre al peggioramento della sintoma­tologia, allo sviluppo di una componente in­fiammatoria acuta che dev’essere controllata con FANS (anche per sfruttarne l’azione sulle vie inibitorie discendenti); in alcuni casi sarà necessario utilizzare tali farmaci per lungo pe­riodo, controllando regolarmente funzionalità epatica e renale del paziente in terapia.

Curare il gatto con dolore da osteoartrite

Nell’osteoartrite (OA) si assiste a rimodellamen­to osseo (con sclerosi), sinovite, distensione e fibrosi della capsula articolare, degenerazione e fibrillazione della cartilagine ialina, osteofitosi.  

  • I FANS comunemente raccomandati per il trattamento del dolore a lungo termine nel gat­to sono il meloxicam e il robenacoxib.  
  • Il gabapentin si lega ai canali del calcio voltaggio dipendenti e si utilizza per dolore neuropatico, allodinia, iperalgesia, OA, ecc. Il dosaggio nel gatto è di 5-10 mg/kg bid o tid PO, scalando il dosaggio prima di sospendere la terapia. È necessario porre attenzione nei pazienti nefropatici ed epatopatici.  
  • Il pregabalin viene utilizzato alla dose di 1-4 mg/kg sid o bid PO. In commercio esiste anche in soluzione orale.  
  • La ketamina, antagonista non selettivo ad alta affinità per il recettore N-metil-D-aspartato (NMDA), si utilizza nel dolore cronico, neuro­patico, nel wind-up, per allodinia e iperalgesia. La ketamina nel gatto si utilizza alla dose di 0,5-1 mg/kg (in CRI: 2-20 μg/kg/min).  
  • La PEA è una molecola endogena con azione indiretta sui recettori endocannabinoidi CB1 e CB2 ed è in grado di modulare il sistema endocannabinoide (SEC) e di agire su dolore infiammatorio e neuropatico.  
  • La CBD (cannabidiolo, +/- tetraidrocannabi­nolo, THC) è una molecola esogena con azione diretta su CB1 e CB2. Il relatore ha sottolineato che esiste molta confusione sulle formulazioni e che i dati sulla sua pk/pd (pharmacokinetic/ pharmacodynamic) sono incerti; agisce su dolore infiammatorio e neuropatico.
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© Lightcube – shutterstock.com

E per il perioperatorio e il postoperatorio?

Il dott. Gamba ha successivamente passato in rassegna le armi che il medico veterinario ha a disposizione per combattere il dolore acuto (compreso quello che si verifica nel periopera­torio), esaminando singolarmente le caratteri­stiche dei farmaci che costituiscono “l’arsenale” con una parte della relazione dedicata a chiarire le controindicazioni alla somministrazione dei FANS.  

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I farmaci per l’analgesia perioperatoria nel gatto.

Inoltre, è stato sottolineato che, per aspirare a minori tempi di ricovero e a un minor numero di complicazioni, il recupero postoperatorio del paziente dev’essere studiato e svolto in equipe.

È infatti necessario prevedere:  

  • l’introduzione di un supporto nutrizionale preoperatorio nel paziente malnutrito;  
  • un carico di carboidrati preoperatorio per contrastare l’insulinoresistenza postoperatoria;  
  • la scelta di un’analgesia epidurale o spinale per ridurre la risposta endocrina allo stress;  
  • l’utilizzo di farmaci antinfiammatori per ri­durre la risposta infiammatoria;  
  • una rapida ripresa dell’alimentazione post chirurgia per assicurare maggiore energia al paziente;  
  • una gestione ottimale del dolore per evitare stress e insulinoresistenza.

Il gatto paziente chirurgico:

  • È necessaria la valutazione attenta del dolore nel paziente chirurgico. Le scale validate sono semplici e “veloci”.  
  • Il digiuno preoperatorio deve essere limitato e la rialimentazione precoce  
  • Sono importanti le tecniche locoregionali per il comfort postoperatorio e per l’attività anticatabolica.  
  • La scelta dei farmaci da utilizzare a livello terapeutico è più ampia di un tempo  
  • Non esistono farmaci dannosi, ma solo modi dannosi di usare i farmaci

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