La cistite idiopatica felina può essere una sfida sia in termini di diagnosi sia di gestione delle cause e di trattamento, come ricordato nel webinar organizzato da AIVPA e tenuto dal dott. Stefano Bo.

La cistite idiopatica felina (FIC) e le malattie del tratto urinario inferiore felino (FLUTD), che colpiscono la vescica e l’uretra costituiscono un gruppo di patologie che hanno molte cause, ma che presentano similitudini nei segni clinici osservati.

Tale argomento è stato trattato in un webinar1 dedicato alla salute dei felini organizzato da AIVPA (Associazione Italiana Veterinari Piccoli Animali) e moderato dalla dott.ssa Alessia Candellone (vicepresidente AIVPA), in cui il dott. Stefano Bo (DVM, PhD medicina interna) ha parlato delle strategie per la gestione clinica e nutrizionale delle patologie delle basse vie urinarie dei gatti.



Cistite idiopatica ovvero senza una causa apparente

La cistite idiopatica felina, detta anche cistite interstiziale felina per similitudine con l’uomo, è la causa di circa il 60% dei casi di FLUTD (Feline Lower Urinary Tract Disease); seguono le urolitiasi, il plug uretrale, le forme infettive (UTI) e altre cause, come le forme neoplastiche.

Ma cosa si intende per idiopatico? Una patologia idiopatica è una patologia senza causa apparente, non dovuta a cause esterne note. La cistite idiopatica felina viene classificata come tipicamente non ostruttiva anche se può avere manifestazioni ostruttive; inoltre è episodica e i pazienti guariscono in tempi piuttosto brevi ma le recidive si verificano nel 50% dei casi. Alcuni gatti poi, presentano segni clinici persistenti.

Solitamente gli esami ematologici del paziente sono normali. Tra i segni clinici si riscontrano: ematuria, disuria, stranguria, pollachiuria, periuria, dolore. Si tratta di segni clinici aspecifici, che possono comparire tutti insieme o singolarmente ed è importante affrontare un corretto iter diagnostico, valutando le diverse diagnosi differenziali e procedendo per esclusione.

Sono importanti segnalamento, anamnesi, esame fisico, delle urine, emocromocitometrico, biochimico, ecografia, studio radiografico ed eventualmente biopsia per la conferma diagnostica. La causa scatenante non è stata ancora identificata, ma tra le principali sono annoverate l’alimentazione, lo stress e i problemi comportamentali, spesso in interazione tra loro, tanto che l’ipotesi più recente ritiene che la patologia si sviluppi in un paziente suscettibile posto in un ambiente a lui sfavorevole.

La definizione più corretta è: alterazione immuno-neuroendocrina che, in un soggetto predisposto che non risponde con un adeguato adattamento ad un cambiamento ambientale, provoca paura, ansia e dolore. Si parla anche di “sindrome di Pandora”, perché caratterizzata dal fatto che in questi pazienti spesso si hanno anche altri segni clinici, come vomito e diarrea, segni dermatologici, segni respiratori, ecc.

Se volessimo dare un’altra definizione si potrebbe parlare di “ansiopatia”, sia nel gatto che nell’uomo, non c’è una predisposizione genetica, ma il soggetto risente molto di ciò che succede durante la gravidanza e nei primissimi giorni/mesi di vita. Si tratta, tuttavia, di una situazione molto complessa, di cui non abbiamo ancora chiaramente in mano tutti i dettagli. Sicuramente possiamo dire che stress ambientali si riflettono sul sistema organico

dott. Stefano Bo (DVM, PhD medicina interna)

A livello organico si ha emissione di catecolamine che vanno ad agire a livello vescicale, con un effetto irritante che induce un danno uroteliale, che è la parte portante della patologia, e quindi comparsa di ematuria e dolore.

Inoltre, non va dimenticato che le urine stesse si comportano come un liquido tossico per i tessuti e, nel momento in cui vengono a contatto diretto con l’uroepitelio vescicale, aggravano il danno.

Purtroppo, individuare quali siano i fattori di stress non è per niente semplice. L’obesità è sicuramente uno di questi, così come il basso apporto di acqua, la scarsa attività e un uso inadeguato delle lettiere, ma vi è anche una forte influenza dell’ambiente in cui vive il gatto, che comprende le interazioni tra/di tutti i componenti della famiglia (es. nervosismo tra alcuni componenti, visite frequenti di persone estranee, traslochi, ecc.).

L’importanza della visita clinica

Com’è stato precedentemente anticipato, la diagnosi di cistite idiopatica viene fatta per esclusione. Ad anamnesi e segni clinici seguono gli esami di laboratorio e la diagnostica per immagini per identificare eventuali cause sottostanti, come la presenza di uroliti.

L’esame fisico è molto importante e comprende anche una visita ortopedica e neurologica di base. La palpazione della vescica fornisce indicazioni parziali, in quanto segni clinici come dolore e ingrossamento possono essere comuni a cistiti di eziologia differente.

Nei maschi può esserci presenza di infiammazione o sangue a livello del prepuzio o della punta del pene. È necessario valutare se è presente un’alterazione alopecica del basso addome in assenza di alterazioni cutanee, perché potrebbe essere indice di leccamento dovuto al dolore vescicale, ed è sempre importante valutare l’eventuale presenza, a livello di prepuzio, di cristalli adesi o altro materiale: indicazioni utili per individuare la possibile causa del problema.

L’esame delle urine

Nelle analisi delle urine sono molto importanti sia l’esame del sedimento, che permette di evidenziare la presenza di cristalli, leucociti, emazie e batteri, sia il peso specifico, che nel gatto è normalmente alto (>1035) perché le urine sono molto concentrate. Nel caso in cui dovesse essere basso, si possono indagare altre cause.

Anche il metodo di raccolta è fondamentale. Il prelievo per cistocentesi sembra essere quello più indicato e sicuramente è il metodo d’elezione in caso di urinocoltura; tuttavia, presenta alcuni svantaggi, tra questi il fatto che, in caso di cristalli grossi o aggregati, questi difficilmente passeranno attraverso l’ago.

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L’ecografia dell’apparato urinario è particolarmente utile nell’iter diagnostico della cistite idiopatica. In tale occasione è possibile inoltre prelevare un campione di urine per cistocentesi. © Gorodenkoff – shutterstock.com

In presenza di sangue nelle urine, a meno che non si tratti di un prelievo totalmente emorragico, bisogna indagare se sia effettivamente patologica o iatrogena; in questo caso il prelievo andrebbe ripetuto 24 ore dopo per minzione spontanea.

Se invece è presente ematuria ma non è presente sangue nel prelievo per cistocentesi, ciò potrebbe essere indicativo di una provenienza extravescicale.

La cristalluria, infine, è un reperto di frequente riscontro (75% dei gatti) ma ciò che fa la differenza è la quantità e la tipologia dei cristalli. L’ecografia permette di capire se sussiste una vera e propria cristalluria, se ci sono anche calcoli e permette di individuare, ad esempio, plicature da infiammazione cronica, masse neoplastiche o infiammatorie, ematomi, segmentazioni della parete.

La terapia è multimodale

Il trattamento è complesso, per la maggior parte gli approcci terapeutici sono supportati da pochi studi, e così si procede per tentativi, applicando un protocollo multimodale che comprende il trattamento del dolore, dell’ansia e della paura.

Sarebbe importante insegnare ai proprietari a riconoscere in tempo i primi segni di cistite, in modo da evitare che il gatto arrivi di nuovo a ostruirsi, come solitamente accade. Per quanto riguarda i farmaci, è possibile utilizzare buprenorfina, maropitant (per nausea e vomito), amitriptilina, gabapentin e ALIAmidi.

Il dott. Bo ha consigliato di non utilizzare fenossibenzamina, amoxicillina-acido clavulanico, cortisone, mentre il meloxicam va usato con cautela, valutando molto attentamente i parametri renali.

La dieta

La nutrizione ha un ruolo importante nella terapia della FIC, e prevede di aggiungere vitamina E e nutrienti, controllare il peso e instaurare una terapia che sia specifica il più possibile. Sono numerosi gli studi che hanno valutato le diete utilizzabili, tutte abbastanza efficaci, ma la strategia migliore risulta l’implementazione del consumo di acqua.

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Le strategie per aumentare l’assunzione di acqua da parte del gatto sono varie. Tra queste, utilizzare una fontanella può essere d’aiuto in alcuni soggetti. © Vershinin89 – shutterstock.com

L’obiettivo è quello di diluire le urine e far scendere il loro peso specifico al di sotto del valore di 1030 (empiricamente). I metodi per aumentare l’apporto d’acqua sono moltissimi, ad esempio aumentare la dieta umida, che dovrebbe costituire almeno l’80% del totale. Si possono usare anche diete umide specifiche che contengono un’alta quantità di acqua, ed è segnalata anche la possibilità di usare una dieta arricchita di sodio, ma non ci sono studi che siano completamente soddisfacenti su questo punto.

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L’alimento umido è fortemente indicato nei soggetti con cistite idiopatica. © Elif Bayraktar – shutterstock.com
  1. 20/11/24. Clin clin plin plin; strategie per la gestione clinica e nutrizionale delle malattie delle basse vie urinarie nei gatti. Quarto incontro del ciclo di webinar “Focus sulla nutrizione felina”, organizzato da AIVPA in collaborazione con Schesir. ↩︎


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