Nel settembre del 2009, su indicazione della Commissione Europea, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) avviò il progetto ESVAC per sorvegliare il consumo di antibiotici veterinari nell’UE e negli Stati dello Spazio economico europeo (SEE); la partecipazione era volontaria e nel corso degli anni i Paesi dichiaranti sono saliti da 9 a 31.
Grazie a questo lavoro, conclusosi formalmente a novembre 2023 con la pubblicazione del 13° rapporto ESVAC, è stato dato un fondamentale contributo all’identificazione dei possibili fattori di rischio per lo sviluppo e la diffusione delle resistenze negli animali: l’UE è riuscita a raggiungere circa metà dell’obiettivo di riduzione del 50% delle vendite di antibiotici per animali da allevamento e acquacoltura entro il 2030, cioè il 25,2% in meno rispetto al 2018, preso come anno di riferimento.

Dal 2024, in base a quanto previsto dal Regolamento sul farmaco veterinario (articolo 57 del Regolamento (UE) 2019/6), la comunicazione all’EMA dei dati sul volume delle vendite e sull’uso di medicinali antibiotici negli animali è divenuta obbligatoria per tutti i Paesi europei, allo scopo di monitorare i progressi dell’UE verso un uso prudente degli antimicrobici negli animali.
In tal modo l’EMA, dall’analisi dei dati comunicati dai diversi Paesi, può stilare annualmente il nuovo report European Sales and Use of Antimicrobials for Veterinary Medicine (ESUAvet), la cui prima edizione è stata diffusa il 31 marzo di quest’anno ed è riferita ai dati del 2023 (per i dati raccolti dal 2025 in poi, l’EMA prevede di pubblicare la relazione annuale entro il 31 dicembre di ogni anno).
Il frutto della collaborazione
Nella presentazione del documento, il primo che contiene i dati di tutti i Paesi UE oltre che quelli di Islanda e Norvegia per un totale di 29 Paesi, Emer Cooke, direttrice esecutiva dell’EMA, ha sottolineato la necessità di un maggior coordinamento nell’UE e nel mondo e di una risposta completa che coinvolga governi, società civile, organizzazioni internazionali e settore privato per fronteggiare la minaccia dell’antibioticoresistenza:
“Questo rapporto”è la prova della continua stretta cooperazione tra l’EMA e gli Stati membri e dimostra che possiamo raggiungere obiettivi ambiziosi attraverso la collaborazione e l’impegno”.
Emer Cooke, direttrice esecutiva dell’EMA
Inoltre, in piena applicazione dell’approccio One Health, i dati del 1° ESUAvet confluiranno anche nel progetto Joint Interagency Antimicrobial Consumption and Resistance Analysis (JIACRA) in collaborazione con altre agenzie sanitarie dell’UE.
Le novità del 1° rapporto ESUAvet
Il report riguarda le sostanze definite come antimicrobiche nel Reg. UE 2019/6 (qualsiasi sostanza con un’azione diretta sui microrganismi utilizzata per il trattamento o la prevenzione di infezioni o malattie infettive, compresi antibiotici, antivirali, antimicotici e antiprotozoari).
Per la prima volta, i dati sono stati raccolti per specie, in particolare per bovini, suini, polli e tacchini; è stato inoltre richiesto ai Paesi di specificare l’uso per le categorie bovini da latte, bovini da carne, altri bovini, suini da ingrasso, galline ovaiole, polli da carne, altri polli, tacchini da ingrasso e altri tacchini.
I dati sono stati forniti da diverse fonti: 26 Paesi si sono affidati ai veterinari, di cui 16 in modo esclusivo, ma 13 si sono affidati anche ad altre origini (farmacie, allevatori, mangimifici, rivenditori al dettaglio). Un altro cambiamento risiede nell’unità di misura adottata: mentre nei report ESVAC si parlava di mg/PCU (Population Correction Unit), che indica la quantità di principio attivo utilizzato per unità di bestiame, nel report ESUAvet le vendite di antimicrobici sono espresse in mg/kg di biomassa, il che rende difficilmente confrontabili i dati tra le due tipologie di report.
Il 98% degli antibiotici destinato ad animali da reddito
In totale, nel 2023 le vendite complessive nell’UE di medicinali veterinari antimicrobici la cui segnalazione all’EMA è obbligatoria (antibatterici, antiprotozoari con effetto antibatterico, antimicobatterici intramammari e agenti antinfettivi) sono state pari a 4.380,8 tonnellate. Inoltre, 17 Paesi hanno fornito dati anche sulle vendite di antimicrobici a dichiarazione volontaria (antibatterici per uso topico, antiprotozoari, antimicotici e antinfettivi), che sono stati pari a 36,9 tonnellate.
Per quanto riguarda i soli antimicrobici a dichiarazione obbligatoria, il 98,4% di tutte le vendite segnalate in tonnellate è stato destinato ad animali da reddito (l’85,9% delle quali corrispondeva a formulazioni destinate al trattamento di gruppo), con una grande differenza tra i Paesi, da 6,0 mg/kg a 112,9 mg/kg; il dato medio dell’UE è stato di 45,1 mg/kg.
La classe antimicrobica più venduta per questi animali è stata quella delle penicilline (31,4%), seguita dalle tetracicline (21,6%) e dalle sulfonamidi (10,1%).
In generale, i modelli di vendita delle varie classi antimicrobiche hanno mostrato variazioni sostanziali tra i 27 Paesi dell’UE. Considerando la classificazione AMEG (classificazione degli antibiotici in base all’effetto che il possibile sviluppo della resistenza antimicrobica dovuto al loro utilizzo negli animali può avere sulla salute pubblica e in base alla necessità di utilizzarli nella Medicina Veterinaria), il 65,3% delle vendite totali ha riguardato sostanze che appartengono alla categoria D (prudenza), il 29,3% alla categoria C (attenzione) e il 5,4% alla categoria B (da limitare: fluorochinoloni, altri chinoloni, cefalosporine di 3° e 4° generazione e polimixine, classificati anche come antimicrobici di massima priorità e di importanza critica per la Medicina Umana dall’OMS).
Per questi ultimi le vendite variavano, a livello nazionale, dallo 0,08% al 17,8% del totale; in particolare per 6 Paesi segnalanti la quota di vendite è stata superiore al 10% (Bulgaria, Lituania, Croazia, Polonia, Romania e Slovacchia).
Animali da compagnia: soprattutto penicilline
Per quanto riguarda gli animali non destinati alla produzione di alimenti (principalmente animali da compagnia), le vendite di antimicrobici veterinari hanno rappresentato l’1,6% del totale. Anche in questo caso, è stata osservata una grande differenza tra i Paesi, con valori da 12,5 mg/kg a 145,8 mg/kg di biomassa (media UE: 38,2 mg/kg).
La forma farmaceutica più venduta è stata la compressa (90,8%) mentre, rispetto alle classi di antimicrobici, si è trattato soprattutto di penicilline (49,6%), di cefalosporine di 1° e 2° generazione (16,8%) e di derivati dell’imidazolo (11,4%).

In base alla classificazione AMEG, il 26% delle vendite è rappresentato da sostanze appartenenti alla categoria D (prudenza), il 71,6% alla categoria C (cautela) e il 2,4% alla categoria B (limitare).
Italia in peggioramento
Per l’Italia i dati segnalano un totale di 651,2 tonnellate di antibiotici venduti nel 2023, pari a 104,7 mg/kg di biomassa (oltre il doppio rispetto alla media europea di 45,1 mg/kg), posizionandosi seconda dopo Cipro (con 112,9 mg/kg) e prima della Spagna (87,9 mg/kg).

Nel 2022 il dato era pari a 157,5 mg/PCU: il nostro Paese era riuscito a far meglio della media europea, con un calo delle vendite di antimicrobici nel 2011-2022 pari al 57,5% (da 371,0 a 157,5 mg/PCU). Per poter paragonare i dati con gli anni precedenti, nel documento è presente una tabella che riporta i dati attuali in mg/PCU, da cui emerge come, con 180,3 mg/PCU, il trend in discesa che l’Italia aveva mantenuto tra il 2018 e il 2022 si sia invertito.
Peggio di noi ha fatto solo la solita Cipro. Viene comunque indicato che nel 2023 l’Italia ha cambiato il fornitore di dati sulle premiscele, passando dai titolari delle AIC ai mangimifici, che ha portato a una sottostima dei dati del 2022. Osservando inoltre la tabella nel suo complesso, si può vedere che sono molti i Paesi che nel 2023 hanno presentato un aumento delle vendite espresse in mg/PCU dopo un trend di discesa (tra questi Germania, Paesi Bassi e Svezia), a testimonianza che i cambiamenti introdotti metodologie di elaborazione del documento rendono il confronto difficile.
Trattandosi del primo report con i nuovi parametri, l’EMA avverte che saranno necessari ulteriori sforzi per migliorare la qualità dei dati ed elaborare le tendenze