I simulatori sono ormai ampiamente usati per la didattica nelle professioni sanitarie, e anche in Medicina Veterinaria si stanno sviluppando diverse applicazioni. Dall’aiuto alla didattica alla specializzazione in ambiti chirurgici-laparoscopici. Il futuro spinge sempre più verso un loro utilizzo per la preparazione del professionista.

La stanza è piccola e affollata di studenti. L’interno è ricoperto di piastrelle bianche e vi è solo un tavolo di acciaio al centro. Dalla porta entrano degli inservienti che depositano varie carcasse di animali, smembrate o intere. Subito si diffonde l’odore acre della decomposizione, e parecchi visi impallidiscono. Il tutto è reso ancora più drammatico dall’ingresso del professore di anatomia, con il suo sigaro toscano, il cui odore contribuisce non poco a rendere l’atmosfera irrespirabile. Qualche studente lascia la stanza, mentre il docente di anatomia comincia a mostrare tendini e muscoli.

Non è una scena tratta da un resoconto delle prime dissezioni anatomiche del 1400, ma un’esercitazione di anatomia all’Università di Milano, negli anni ‘80 del secolo scorso, così come la vivevamo noi, studenti in quegli anni. Una volta laureato, seguii un corso pratico di ortopedia, organizzato al di fuori dell’Università. Accanto all’unico cadavere di cane a disposizione per la pratica, c’erano numerose riproduzioni di parti ossee in materiale sintetico, che consentivano di familiarizzare con l’applicazione di fissatori esterni e placche. Si trattava, in questo caso, di simulatori di parti anatomiche ricreate artificialmente.

Se pensiamo a quel mondo, è difficile credere a quante cose siano cambiate. La telefonia mobile, l’avvento dei computer, Internet, fino ad arrivare alla realtà virtuale. Ma in che modo queste rivoluzioni sono state utilizzate per fornire ausili all’insegnamento e all’esercitazione pratica nel mondo veterinario? Vediamo di esaminare le varie possibilità a disposizione dei veterinari per esercitarsi attraverso l’uso di simulazioni, sia che queste siano costituite da artefatti, come manichini o parti anatomiche, sia che rappresentino una vera e propria simulazione virtuale.

Simulazione: di cosa parliamo?

La simulazione è l’imitazione di una situazione o di un processo. Questa definizione, molto essenziale nella sua formulazione, dev’essere poi declinata secondo gli ambiti in cui viene usata e gli strumenti, o simulatori, utilizzati. Per quanto riguarda la medicina, un simulatore è “un dispositivo o un insieme di condizioni che mira a imitare pazienti, regioni anatomiche o compiti clinici reali”.

L’utilizzo dei simulatori per la didattica nelle professioni sanitarie è aumentato notevolmente negli ultimi anni, così come gli studi che ne certificano i benefici. Da un certo punto di vista, questo è un cambiamento necessario, in virtù di una nuova consapevolezza che investe il benessere degli animali e quindi il loro utilizzo anche per fini didattici. Diventa anche sempre più oneroso l’investimento a tale scopo, con la conseguenza che si valutano metodi alternativi per garantire le necessarie nozioni di taglio pratico agli studenti.

Ma c’è anche un altro motivo. L’uso di tali modelli consente una standardizzazione dei metodi di insegnamento e valutativi, riguardo a quella che è la necessaria esperienza pratica. Nel Regno Unito, i programmi di studio veterinari mirano a garantire che gli studenti si diplomino con tutte le competenze designate dal Royal College of Veterinary Surgeons (RCVS) e c’è una spinta per garantire che tutti gli studenti raggiungano un apprendimento che proceda di pari passo con l’esperienza, durante il periodo universitario. Il numero di ore dedicato a quella che viene definita pratica clinica è fondamentale per acquisire le necessarie conoscenze di base, ma può essere limitato a causa della scarsa disponibilità di fare pratica su pazienti vivi o cadaveri.

Gli studenti di Veterinaria della mia generazione e di quelle precedenti, come abbiamo visto, utilizzavano prevalentemente tessuti anatomici o parti di organi, per dissezionare e fare pratica. Gli animali vivi erano utilizzati di norma per acquisire nozioni pratiche di semeiotica, mentre le manualità anche più semplici erano demandate alla singola iniziativa degli studenti in ambito extra universitario. Quasi tutti noi, poi, iniziavamo a frequentare praticamente un veterinario, per apprendere i rudimenti della professione. Molto più tardi sarebbero arrivati i tirocini obbligatori.

Queste pratiche erano comuni a tutti i livelli educativi in una serie di materie, fino a quando non sono state sollevate questioni etiche relative all’uso degli animali per scopi didattici che hanno destato preoccupazione, favorendo così la ricerca di alternative non animali.

Meno stress con i simulatori

Tutti sono concordi nell’affermare che, allo stato attuale, l’attività clinica su animali vivi fornisce lo scenario più accurato ai fini della preparazione pratica. Tuttavia, come abbiamo visto, limiti etici ed economici fanno sì che il numero di ore effettive per lo svolgimento di tale attività sia limitato. L’uso dei simulatori, sebbene non possa sostituire completamente quello di animali vivi, può garantire una formazione di taglio pratico fin dai primi anni di università, consentendo un numero maggiore di ore dedicate all’apprendimento.

Diversi studi mostrano come la possibilità di effettuare dimostrazioni su manichini o fare pratica su modelli artificiali consenta un approccio meno stressante per lo studente e aumenti la possibilità di esercitarsi senza utilizzare animali vivi o cadaveri, che limitano le ore di esercizio.

La possibilità di esercitarsi su animali vivi è una componente cruciale dell’educazione veterinaria e l’uso di simulatori non può sostituirla. I simulatori possono aiutare lo sviluppo delle competenze prima di esercitarsi su un animale vivo e possono migliorare i livelli di competenza e sicurezza degli studenti quando devono poi eseguire una procedura su un caso clinico vivo che richiede un trattamento o un intervento veterinario. Ciò, a sua volta, può migliorare il benessere degli animali, poiché le attività verranno eseguite con maggiore abilità, con meno stress e con un minor rischio di danni al paziente”.1

Se l’utilizzo di simulazioni è ormai una pratica usuale in Medicina Umana, dove manichini altamente performanti e realtà virtuale sono entrati a far parte dei programmi di aggiornamento in molti ospedali, didattici e non, è solo negli ultimi dieci anni che si è registrato un aumento di interesse nell’utilizzo dei simulatori per la formazione clinica nell’educazione veterinaria. La necessità di offrire una preparazione pratica moderna e standardizzabile, accanto a quella teorica, e le contemporanee limitazioni nell’effettuare tale preparazione su animali vivi, hanno spinto molte università a prendere in considerazione i simulatori.

Essi offrono un approccio all’apprendimento condotto in un ambiente interattivo, nel quale gli studenti creano le loro esperienze di apprendimento, scegliendo azioni in risposta alla simulazione, e quindi imparando dai risultati delle loro scelte e azioni ricambiate dal sistema di simulazione. Questo processo può aiutare gli studenti ad acquisire competenze in molteplici ambiti come cognitivo, psicomotorio e professionale, che possono essere valutate misurando una varietà di conoscenze, abilità e risultati di apprendimento comportamentale. Gli studenti sperimentano un processo attivo di generazione di ipotesi, esplorazione e raccolta di dati mentre interagiscono con il simulatore e iniziano a comprendere il modello teorico o pratico sottostante che rappresenta”.2

Tutto questo, come già dimostrato nell’esperienza in Medicina Umana, ha portato a considerare la simulazione come un elemento importante nell’insegnamento, a condizione che sia integrato in un contesto didattico adeguato, e corroborato da un processo valutativo che culmini con l’esperienza sull’animale vivo. In caso contrario, queste simulazioni possono apparire come fenomeni isolati e poco utili per una crescita di livello nella preparazione universitaria.

Nel contempo, anche nella pratica professionale comincia a farsi strada l’idea che questi strumenti di apprendimento siano necessari per sperimentare tecniche chirurgiche quali la laparatomia, oppure procedure che richiedono coordinazione dello staff e tempestività d’intervento, quali la rianimazione cardiopolmonare. Ancora una volta appare chiaro come la pratica su animali vivi e in situazioni reali sia il metodo migliore di apprendimento pratico, ma sono ormai numerosi gli studi che mostrano come le simulazioni possano aiutare e completare il processo di apprendimento, portando così i nuovi veterinari ad essere più preparati alla professione e facilitando l’acquisizione di nuove tecniche da parte dei liberi professionisti.

Una panoramica sugli strumenti

Per inquadrare l’argomento simulazioni in categorie, si può utilizzare una classificazione che comprenda i diversi simulatori utilizzati. In questo modo si ottengono quattro grosse aree di apprendimento.

  1. Simulatori pratici basati su modelli: per insegnare competenze cliniche pratiche attraverso l’uso di simulatori di modelli non cadaveri.
  2. Simulazione virtuale pratica: utilizzo della realtà virtuale o della realtà aumentata per fornire competenze pratiche.
  3. Simulazione virtuale non pratica: utilizzo di software per computer o programmi di realtà virtuale per fornire materiale didattico o scenari di casi esemplificativi, che sono principalmente teorici.
  4. Simulazione basata sulla comunicazione o su scenari: utilizzo di attori, software multimediali o scenari plausibili, per insegnare competenze professionali o comunicative.

I punti tre e quattro hanno un elevato valore formativo e sono largamente utilizzati in ambito veterinario, sia per gestire al meglio il rapporto proprietario/ veterinario, sia per affrontare efficacemente le dinamiche all’interno di un team e prevenire le criticità o migliorare l’efficienza di una clinica. Dal punto di vista della formazione pratica clinica del medico veterinario, sono rilevanti i primi due punti.

Nel primo caso, la simulazione richiede l’utilizzo di dispositivi, che possono essere modelli a bassa fedeltà, creati da materiali di uso quotidiano, che simulano l’intero animale o singoli apparati od organi e tessuti. Fanno parte di questo gruppo per esempio i manichini statici, che presentano varie caratteristiche, a seconda dell’utilizzo che si vuole farne.

Ci sono riproduzioni di animali quali cavalle e bovine in gestazione, che presentano al loro interno una camera di posizionamento che permette di studiare le distocie, ma anche riproduzioni realistiche di teste di cani o gatti, che consentono di fare pratica nelle manualità di intubazione. Singole parti anatomiche complete, come arti di cani e gatti, oppure colli e teste di bovini ed equini, consentono di fare pratica con prelievi di sangue e iniezioni intramuscolari ed endovenose. Fanno parte di questa categoria anche dispositivi più semplici, come modelli in materiale sintetico di singole ossa e articolazioni, oppure cute sintetica, che consente di fare pratica di suture.

Appare evidente come la complessità e i costi varino a seconda del dispositivo. I modelli che consentono di fare pratica sulle distocie, o anche le castrazioni o artroscopie, sono molto più complessi e costosi di quelli semplici come le riproduzioni di ossa, e per questo di gran lunga meno utilizzati.

Gli skill-lab nelle università italiane

La maggior parte delle Facoltà di Medicina Veterinaria in Italia ha istituito, all’interno degli ospedali didattici veterinari, uno skill-lab dove gli studenti possono familiarizzare con gli strumenti e le manualità che dovranno affrontare nella professione e fare pratica su molti dei dispositivi che abbiamo elencato; il tutto supportato con un apparato di computer e maxischermi.

Per esempio, sul sito dedicato dell’Ospedale veterinario dell’Università di Pisa, sono elencati i vantaggi didattici che lo skill-lab clinico presenta:

  • È un luogo dove gli studenti possono esercitarsi in autonomia, ripetutamente e in modo sicuro, in un ambiente relativamente privo di stress. Lo studente può commettere errori e imparare da essi e ciò è una parte importante del processo di apprendimento
  • Vi si possono svolgere alcune esercitazioni e le prove pratiche degli esami di profitto dei corsi clinici, avendo tutto il materiale necessario a disposizione per simulare molte procedure
  • È un luogo dove sia docenti sia studenti possono sfruttare i vantaggi che la visione di un video può offrire ai fini dell’apprendimento delle competenze tecnico-pratiche
  • È un luogo dove poter accogliere anche gli studenti del primo triennio che potranno iniziare a simulare in autonomia alcune procedure pratiche (ad es. applicare punti di sutura su supporti in silicone, prelievi di sangue su simulatori, ecc.) molto più precocemente di quanto abbiano fatto i loro colleghi in passato; tale attività è facilitata, oltre che dal tutoraggio da parte di studenti senior, anche dalla visione di video esplicativi presenti sui computer di cui è dotato lo skill-lab. Anche le matricole quindi possono esercitarsi nelle manualità più “semplici”, come le suture e i prelievi, per poi passare a quelle più complesse, come la rianimazione polmonare.
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Presso il Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa è stato creato uno skill-lab clinico che offre agli studenti la possibilità di simulare procedure cliniche su numerosi phantoma, manichini, simulatori. © UNIPI

Altre attività simulabili nello skill-lab pisano sono:

  • Lavaggio e vestizione del chirurgo
  • Preparazione del campo operatorio
  • Drappeggio
  • Intubazione endotracheale
  • Accesso vascolare
  • Fasciature
  • Posizionamento del paziente manichino per la radiologia

Inoltre, nello skill-lab, dopo aver guardato i video dimostrativi delle manualità, lo studente può ripeterle filmandosi con il proprio cellulare. Un processo di apprendimento molto efficace e un metodo aperto alle innovazioni del settore.

Anche lo skill-lab dell’Università di Milano mette a disposizione un gran numero di dispositivi, che permettono le più svariate attività, da quelle più semplici, come l’handling su cani, gatti e animali da reddito, a quelli più complessi, come la mascalcia, l’anestesiologia, la radiologia.

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Lo skill-lab del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano mette a disposizione degli studenti, tra l’altro, postazioni radiologiche per esercitarsi nel posizionamento del paziente in base alle proiezioni da eseguire e manichini ginecologici per simulare visite ginecologiche e il parto di bovine e cavalle. © UNIMI

Lo skill-lab dell’Università di Parma ha realizzato anche un canale Youtube, dove sono raccolti tutti i video delle manualità che si possono compiere in laboratorio.

Queste simulazioni sono state quindi adottate da tutte le università italiane, segno che si tratta di un’integrazione didattica necessaria.

I limiti sono dati principalmente dal carattere di sperimentazione che caratterizza alcuni degli skill-lab, e dalle possibilità di accessibilità agli stessi. Le postazioni infatti sono spesso in numero limitato e non consentono lunghe sessioni di lavoro. La speranza è che, con il tempo, sia possibile implementare sempre di più sia il numero di postazioni, sia le tipologie dei dispositivi, in modo da poter consentire ai futuri veterinari di esercitarsi sul maggior numero di manualità possibili.

Un cenno a parte merita un particolare tipo di manichino, le cui caratteristiche consentono di simulare le tecniche di primo soccorso cardio-polmonare nel cane, note con l’acronimo VLS (Veterinary Life Support). Analogo al BLS (Basic Life Support) umano, il VLS è considerato un sistema salva-vita, basato su un protocollo di rianimazione che si fonda su linee guida internazionali.

Questo manichino è fatto in modo da consentire di esercitarsi in tutte le manovre di primo soccorso cardio-polmonare; è infatti dotato di narici, lingua retrattile, mandibola mobile, polmoni costituiti da una camera d’aria per effettuare compressioni e dilatazioni toraciche, polso femorale. Si tratta di un tipo di manichino ad alta specializzazione, che può anche essere implementato con sensori e caratteristiche uniche per l’esercitazione realistica in un particolare tipo di situazione, che richiede tempestività e coordinazioni tra gli elementi del team.

Dal reale al virtuale, e viceversa

Passare al secondo punto della simulazione, vale a dire una simulazione tramite realtà virtuale, vuol dire muoversi in un ambiente didattico ancora in gran parte pioneristico. Se in ambito umano, infatti, queste tecniche sono già largamente utilizzate, in campo veterinario si stanno muovendo adesso i primi passi.

Un esempio? Il “Virtual Vet Lab”, un innovativo software progettato dall’Università di Torino e basato sulla realtà virtuale, che tramite un visore 3D e dei manipoli appositi, consente di interagire all’interno di un ambiente virtuale, dove vengono simulati veri e propri casi clinici e interventi sull’animale, come l’endoscopia nel cavallo. Il tutto potrà essere via via implementato, grazie a un software dedicato, a disposizione per programmare sempre nuovi interventi e scenari realistici. La sinergia tra pubblico e privato si è resa necessaria per reperire i fondi dedicati a questo progetto. Probabilmente questa è la strada per poter introdurre tali didattiche capillarmente nelle varie università.

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Un momento dell’esercitazione all’endoscopia del cavallo eseguita con il Virtual Vet Lab dell’Università di Torino, come appare al visore 3D.
© UNITO

Simulazione per i professionisti: una strada obbligata

Una volta fuori dalle aule accademiche, il neolaureato deve affrontare le diverse problematiche professionali, spesso causa di stress e perdita di entusiasmo, non solo per le innumerevoli situazioni che un veterinario deve saper gestire nella pratica quotidiana, ma anche per la necessità di dover acquisire le fondamentali abilità per svolgere il proprio lavoro.

In che modo i simulatori possono aiutare il libero professionista? In termini generali, i simulatori utilizzati per scopi didattici, consentono di accorciare i tempi di apprendimento di nuove tecniche e, in alcuni casi, di ottenere una valutazione obiettiva delle abilità raggiunte. I campi dove sono più utilizzati sono la chirurgia laparoscopica e l’endoscopia: tecniche che richiedono l’acquisizione di abilità ex novo e la gestione di apparecchiature e modelli di intervento complessi.

Parlando della chirurgia in generale, la formazione si è da sempre basata sul “guarda, esegui, insegna”, che ha come cardine l’acquisizione di una procedura: osservare come viene svolta, provare ad eseguirla sviluppando abilità tecniche e manuali, e infine insegnarla. Nel corso dei decenni, e con l’acquisizione di sempre nuove tecniche, richiedenti abilità speciali, ci si è resi conto che questo metodo non era più sufficiente. Anche i veterinari più esperti nella chirurgia tradizionale riscontrano innumerevoli difficoltà e necessitano di ore di apprendimento per padroneggiare la tecnica laparoscopica.

Da qui, partendo sempre dall’esperienza in Medicina Umana, si è cercato di concepire dei simulatori in grado di facilitare l’apprendimento di tale tecnica. In questo caso la simulazione non è altro che un esercizio che riproduce o emula, in ambiente artificiale e controllato, esercizi di base e/o procedure chirurgiche o parti di esse. Nonostante in Italia l’utilizzo di tali simulatori stia muovendo i primi passi in ambito umano, all’estero esistono già programmi che ne fanno uso, sia per acquisire la pratica necessaria, sia per garantire una valutazione obiettiva dei progressi dei professionisti.

Di conseguenza l’offerta dei simulatori varia dai semplici modelli in plastiche e resine fino a alla realtà virtuale (VR). Tali simulatori si dividono in low tech e high tech.

I simulatori low tech comprendono organi e manichini in plastica, box trainer, tavole per imparare le abilità di base e anche cadaveri e tessuti animali: si tratta di vere e proprie scatole, fatte di materiale plastico nelle quali vengono inseriti dei trocar e l’ottica connessa poi a un monitor. I simulatori high tech sono composti da una parte hardware, che a differenza di quelli a bassa tecnologia non manipola oggetti ma ricrea solo i movimenti della laparoscopia, e una parte software che invece crea la vera e propria simulazione con vari scenari implementabili.

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Per la formazione post laurea, esistono simulatori che consentono di apprendere e approfondire le competenze laparoscopiche veterinarie di base. A) Simulatore CALMA Veterinary Lap-trainer. B) Sistema di valutazione del movimento delle mani (HMAS). (tratto da: https://doi.org/10.3390/ani13071140).

Ci sono anche simulatori misti, dove viene manipolato un organo di plastica sfruttando il software e hardware del simulatore ad alta tecnologia.

In Veterinaria iniziano a comparire entrambe le tipologie di simulatori, anche se i costi variano in maniera esponenziale tra quelli più semplici e quelli ad alta tecnologia. I simulatori più avanzati consentono l’acquisizione delle abilità laparoscopiche di base, riflesse nei punteggi delle prestazioni chirurgiche, e migliorano le metriche temporali, il numero di movimenti e lo spostamento angolare, tutte caratteristiche necessarie per acquisire le capacità di base nel maneggiare gli strumenti. Questi simulatori consentono a coloro che sono interessati ad acquisire competenze sia di base che avanzate di esercitarsi, migliorando la curva di apprendimento. La possibilità di programmare tali simulatori rende possibile anche acquisire abilità su un numero illimitato di tecniche.

Simulazione in Veterinaria: realtà o realtà virtuale?

Abbiamo visto che l’utilizzo dei simulatori ha un’importanza fondamentale per la didattica. Oltre all’acquisizione delle tecniche di base in un ambiente controllato, consente la valutazione dei risultati raggiunti dagli studenti, facendo fronte ai molti problemi legati all’esperienza pratica.

Se, da un lato, tutte – o quasi – le università italiane si sono dotate di una “virtual room”, dove poter utilizzare vari modelli di simulazione, è anche vero che la fruibilità è limitata, così come i modelli più avanzati, che utilizzano la realtà virtuale. Allo stesso modo, risulta ancora allo stadio embrionale l’utilizzo di simulatori, di gran lunga più sofisticati e costosi, allo scopo di addestrare i liberi professionisti in vari campi, soprattutto legati alla chirurgia mininvasiva e l’endoscopia. La soluzione più auspicabile sarebbe quella di realizzare una sinergia tra pubblico e privato, in modo da mettere a disposizione delle università strumenti avanzati, che possano essere utilizzati sia nella didattica, sia per l’addestramento dei liberi professionisti.

  1. Hincapié-Gutiérrez LC, Oviedo-Peñata CA, Rojas-Galvis MA, Riaño-Benavides CH, Maldonado-Estrada JG. Implementation of a canine ergonomic abdominal simulator for training basic laparoscopic skills in veterinarians. Animals. 2023; 13(7):1140. https://doi.org/10.3390/
    ani13071140 ↩︎
  2. Noyes JA, Carbonneau KJ, Matthew SM. Comparative effectiveness of training with simulators versus traditional instruction in veterinary education: meta-analysis and systematic review. J Vet Med Educ. 2022;49(1):25-38. doi:10.3138/jvme-2020-0026 ↩︎

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