Le funzioni del potassio nell’organismo e sua distribuzione
Il potassio (K) si ritrova per lo più localizzato nello spazio intracellulare. L’equilibrio interno del potassio è dato dalla distribuzione dello stesso tra i fluidi intracellulari (ICF) e quelli extracellulari (ECF). Per tale motivo, il potassio sierico è uno scarso indicatore del potassio totale dell’organismo.
La distribuzione del K è strettamente dipendente dal pH plasmatico: quando esso è nella norma, circa l’1% del potassio totale plasmatico è legato alle proteine plasmatiche, e circa il 2,5% si trova legato al bicarbonato.
La fonte primaria di K è il foraggio presente nella dieta dei ruminanti. Una bovina di 600 kg può avere una ingestione quotidiana di 300 grammi di potassio, che viene prontamente assorbito dal tratto gastrointestinale e raggiunge in breve tempo il comparto intracellulare. Poiché la nutrizione dei bovini è costituita da vari tipi di foraggi, una bovina adulta può ingerire una quota fino a 10 volte superiore il suo fabbisogno quotidiano.
L’efficienza di assorbimento del potassio del tratto gastrointestinale nelle bovine in lattazione è elevata, e varia dal 74% all’88%. Esso è assorbito nei prestomaci e nel piccolo intestino, ma l’assorbimento predominante è nei primi. Il fluido ruminale ha una concentrazione di potassio variabile da 24 a 85 mEq/L. Poiché il fluido ruminale è di norma isotonico, la concentrazione di K è strettamente dipendente dall’ingestione con la dieta. Perciò, l’aumento di potassio nel fluido ruminale causa un aumento dell’assorbimento nel tratto gastrointestinale, anche in situazioni patologiche di ipomotilità.
La via principale di escrezione è renale, via molto efficiente che di norma riesce a gestire il flusso di potassio in eccesso . Al contrario, quando l’assunzione di potassio è interrotta, ad esempio in caso di anoressia o patologia, il meccanismo escretivo renale può non rispondere in modo pronto e immediato con la ritenzione di K, causando perciò una rapida deplezione. Non sempre però questa deplezione è associata a una sintomatologia clinica, che generalmente sopraggiunge solo a seguito di diarrea e alcalosi metabolica.
Per una stima accurata dei valori di K nell’organismo, sarebbe necessario valutare la sua concentrazione negli eritrociti e nei muscoli, ove è molto più concentrato, ma attualmente non si conosce una metodica attendibile per eseguire l’analisi. In particolare, il contenuto di potassio nel muscolo scheletrico è considerato il miglior modo per valutare la quota di potassio corporeo, sia per sensibilità che specificità. Esso, infatti, contiene il 75% di tutto il potassio corporeo ed è prelevabile mediante biopsia.
La difficoltà di stabilire un metodo valido per tutti i bovini risiede nell’individuazione di un muscolo standard per la specie: a seguito delle forti differenze individuali e di razza, vi sono variazioni della quota di K anche del 15% tra un muscolo e l’altro. Tuttavia, il potassio muscolare potrebbe essere utilizzato nella clinica individuale, monitorandolo nel tempo e consecutivamente nel singolo individuo.
Per valutare il K nell’organismo, si è indagata anche la quota presente nel latte. Il K presente nel latte è più sensibile del potassio sierico o plasmatico nell’individuare la deplezione corporea. Pertanto, nel singolo individuo, può essere usato come un appropriato indicatore della quota di potassio corporeo.
Esistono però ampie variabilità durante la lattazione, con fluttuazioni che variano da 42 mmol/l a inizio lattazione, a 40 mmol/l a metà lattazione, e fino a 27 mmol/l a fine lattazione. Mediamente, se ne può trovare 1,4 g per litro di latte. A questa ampia variabilità nel corso della lattazione, si associa anche una grande variabilità individuale che discosta i valori fino al 50%. La variabilità del K nel latte parrebbe essere correlata ai valori di grasso, proteine e soprattutto al lattosio specifico di ogni bovina. Queste ampie variabilità rendono impraticabile il suo utilizzo diagnostico nella mandria; al contrario, potrebbe utilizzarsi per monitorare la risposta clinica individuale a specifica terapia.
Si potrebbero utilizzare le urine come substrato di valutazione del K dell’organismo. Come ricordato in precedenza, grazie alla modulazione renale, le urine sono la principale via di eliminazione del K.
Poiché la quota di ingestione giornaliera di K è molto alta e suscettibile a variazioni in funzione della dieta, è molto difficoltoso stabilire un valore soglia urinario che identifichi una bovina in deplezione. Può invece avere interesse clinico sul singolo animale, sottoposto a dieta costante, ove può rappresentare un buon indicatore della omeostasi del potassio.
Nel plasma, la fisiologica concentrazione di potassio nelle bovine adulte varia tra 3,9 e 5,8 mml/l. È generalmente accettato che, per diagnosticare una forte deplezione di potassio, il suo valore sierico deve essere < 2,5 mEq/l, in caso di alcalemia. In particolare, in corso di alcalemia si è osservato uno spostamento del potassio dal comparto intracellulare verso lo spazio extracellulare tra i muscoli. Altri studi, lo pongono a < 3,9 mEq/l nei bovini adulti.

Ipokaliemia: patogenesi
L’ipokaliemia colpisce soprattutto bovine che si trovano a meno di 60 giorni di lattazione. Essa si trova in associazione all’aumento del pH ematico (alcalemia), mentre al contrario uno stato di acidosi causa un aumento del potassio sierico. Ciò avviene a seguito della mobilizzazione del potassio intracellullare verso gli spazi extracellulari.
In corso di alcalemia, aumenta il trasporto di H+ fuori dalla cellula. Questo ione viene scambiato con lo ione sodio, mediante gli appositi canali. Ciò da un lato determina l’accumulo extracellulare di H+, e dall’altro l’aumento di ioni sodio dentro alla cellula. L’elevata concentrazione di sodio intracellulare attiva di conseguenza la pompa sodio-potassio, che tenta di scambiare questo ione con lo ione potassio. Lo ione K viene quindi portato dentro alla cellula, causando uno spostamento dallo spazio intracellulare verso lo spazio extracellulare.

Rielaborato e modificato da Smith BP Large animal internal medicine, 2009.
La quota di potassio plasmatica è considerata un indicatore della quota intracellulare in bovine euglicemiche e a pH ematico nella norma. In caso di alcalemia, il potassio può scendere a valori inferiori a 2,5mEq/ l, indicando così una deplezione del potassio totale intracellulare corporeo.
Anche l’iponatriemia e l’ipovolemia si presentano spesso in associazione all’ipocalemia: ciò parrebbe essere dovuto alla secrezione di aldosterone indotta da queste due condizioni. Infatti, tra gli effetti dell’aldosterone, vi è quello di riequilibrare la pressione in caso di ipovolemia a livello renale: si ritiene sodio e si elimina potassio mediante escrezione urinaria. Ecco, quindi, che si assiste a una ipokaliemia secondaria.
Il decremento del potassio diminuisce il tono della muscolatura liscia abomasale, e coadiuva lo sviluppo della dislocazione abomasale sinistra (LDA). È altresì associato a problematiche riproduttive del post-parto: vi è una associazione negativa tra la diminuzione del potassio sierico e la frequenza di ritenzione di placenta.
Le variazioni dei flussi di potassio possono causare danni strutturali alle cellule muscolari striate: ciò sembrerebbe essere alla base della manifestazione clinica di rabdomiolisi.
Queste variazioni di flussi di K possono causare anche dei cambi nella attività elettrica delle cellule cardiache, la cui origine è spiegabile mediante:
- iperpolarizzazione delle cellule cardiache: questo scatena delle scariche elettriche spontanee
- bassa conduzione dell’impulso elettrico: a seguito dell’aumento di differenza di potenziale tra la membrana e il livello soglia
- lenta ripolarizzazione delle membrane cellulari: ciò causa un aumento della durata del potenziale di azione
- necrosi di alcune cellule muscolari, che potrebbe causare aritimie. In genere, queste aritmie si risolvono entro 24 ore dall’inizio della terapia

Da Smith et al., 2009.
Ipokaliemia: fattori di rischio
Qualsiasi patologia che causa anoressia per più di una settimana è considerato un fattore di rischio per l’ipokaliemia. È interessante notare che l’età non rappresenta un fattore di rischio, poiché la problematica si sviluppa sia in animali giovani che adulti.
Tra i fattori di rischio si possono elencare:
- giorni di lattazione: le bovine che si trovano a meno di 60 giorni dal parto hanno un rischio superiore alle altre di sviluppare la problematica
- somministrazione ripetuta di cortisonici: intramammari o sistemici, possono alterare l’equilibrio del potassio e ridurne la concentrazione ematica anche del 70%
- malattie sistemiche e infettive: causano anoressia e, come tale, deplezione di K
- somministrazione ripetuta di destrosio endovenoso per il controllo delle forme di chetosi
- somministrazione di furosemide: due dosi consecutive a distanza di 8 ore, utilizzate a scopo diuretico per ridurre gli edemi, inibiscono il riassorbimento di sodio, potassio e cloro. La molecola blocca l’attività dei trasportatori specifici, causando una alcalosi metabolica, ipocloremica e ipokaliemica
Sindrome ipokaliemica e diagnosi differenziali
L’ipokaliemia ha una manifestazione complessa, per tale motivo si preferisce definirla sindrome ipokaliemica. Da un punto di vista clinico, si ha una moltitudine di sintomi, che rendono spesso difficile eseguire una corretta diagnosi. In molti casi, l’allevatore interviene da solo ai primi segni di debolezza.
A seguire, il veterinario è chiamato solo quando l’animale si presenta già in decubito. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, il decubito non è l’evento iniziale, ma è secondario a patologie prolungate o conseguenza di altre problematiche. Pertanto, la diagnosi è resa ancora più complessa.
Sebbene l’ipokaliemia in bovine a terra sia stata segnalata inizialmente già negli anni 50 e 60 del secolo scorso, si è notato un aumento della casistica solo negli ultimi 15 anni. Ciò è stato spiegato a seguito di un aumento delle produzioni medie per vacca e aumento dell’utilizzo di cortisonici per le terapie della chetosi.
Nella fase iniziale delle forme pure, alcune bovine manifestano un problema gastrointestinale oscuro: anoressia, feci scarse o assenti, debolezza e riluttanza al movimento, decubito a seguito di stimolazione, atteggiamento colico. Si osservano, spesso contemporaneamente, lievi fascicolazioni di diversi gruppi muscolari.
Compaiono anche debolezza di tutti i gruppi muscolari (abbastanza indicativo è la riduzione del tono della lingua), depressione del sensorio, tachicardia o aritmie ventricolari.
Altrettanto indicativa è la postura anomala del collo, che prende una forma ad S a causa della mancanza di tono dei muscoli del tronco e del collo. A causa della posizione anomala del collo, si possono avere dubbi diagnostici con lussazioni delle vertebre cervicali. Le aritmie cardiache sono frequenti, e possono essere ventricolari o sopraventricolari (fibrillazione atriale).
Procedendo con la tempistica, la bovina sviluppa debolezza, diviene incapace di alzarsi, procede verso necrosi muscolare e rabdomiolisi, e infine sopraggiunge una tetraparesi.
Secondo la letteratura, esistono due presentazioni di animali in decubito:
- alcuni sono deboli al punto da essere incapaci di alzarsi, ma non sviluppano rabdomiolisi
- altri sviluppano rabdomiolisi anche in gruppi muscolari non sottoposti a schiacciamento da decubito
Perché una bovina sviluppi la prima o la seconda sintomatologia clinica non è ancora noto. Il secondo gruppo di animali è caratterizzato da una lenta ripresa dell’attività, sebbene il potassio ritorni alla concentrazione normale in breve tempo. Inoltre, altro elemento caratterizzante, è l’aumento degli enzimi creatinchinasi (CK) e aspartato aminotransferasi (AST) rispetto al primo gruppo di animali.
La debolezza generale impedisce a queste bovine di alzarsi, ma l’appetito viene conservato: non è raro avere bovine che, se viene posizionato l’alimento di fronte a esse, riescono a cibarsi.
Più spesso, le forme di ipokaliemia non sono pure ma associate a dislocazione abomasale sinistra (LDA), dislocazione abomasale destra ( RDA), volvolo abomasale (VA), mastite, ritenzione di placenta, lipidosi epatica.
LDA, RDA, e AV causano alcalemia a seguito del sequestro di cloro nel tratto gastrointestinale e della diminuzione di ingestione di K dalla dieta, perdita di potassio con la produzione di latte e perdita di massa muscolare per il dimagrimento in lattazione (che significa riduzione delle scorte di potassio, nell’organismo principalmente stoccato nel muscolo).
Le vacche da latte molto produttive hanno concentrazioni di potassio significativamente inferiori rispetto a bovine dalle produzioni medio-basse. Infatti, il catabolismo del glicogeno intracellulare e delle proteine, a cui gran parte del glicogeno corporeo è legato, aumenta l’escrezione di potassio con le urine.
L’ipokaliemia si sviluppa comunemente in corso di alcalemia e iperglicemia: infatti, come ricordato precedentemente, l’alcalosi metabolica causa una deviazione della quota di potassio intracellulare verso lo spazio extracellulare, rendendo così il potassio non prontamente disponibile. L’acidosi causa, al contrario, un rapido aumento del potassio plasmatico nel corso di 1-2 ore.
Tra le possibili diagnosi differenziali, si annoverano:
- problemi gastroenterici: soprattutto in fase inziale, la riduzione del tono della muscolatura liscia può somigliare a un ileo paralitico o a una intussuscezione
- problemi muscolo-scheletrici e neurologici: traumi cervicali, lussazioni delle vertebre cervicali, osteomieliti, malformazioni vertebrali, fratture
- ipocalcemia
- botulismo
Come supporto alla definizione della diagnosi, l’analisi prevalentemente utilizzata è la concentrazione di K sierico:
- valori inferiori a 2,5 mmol/L riflettono una grave ipokaliemia, e gli animali spesso sono molto deboli e a terra [8]
- valori tra 2.5–3.5 mmol/L riflettono una moderata ipokaliemia, gli animali appaiono deboli e con disordini gastrointestinali, generalmente non sono a terra
In aggiunta a ciò, andrebbero valutati anche le concentrazioni di cloro, sodio, calcio e fosforo, e il pH. Gli enzimi AST e CK, i cui valori si innalzano in corso di alcalemia, ipokaliemia, lipidosi epatica e danni muscolari, sono altrettanto utili nell’impostare una terapia.
Ipokaliemia: prevenzione e terapia
La gestione appropriata di un protocollo terapeutico per l’ipokaliemia non è semplice, poiché richiede una profonda comprensione dei meccanismi che hanno condotto alla situazione in esame.
I ruminanti hanno un metabolismo adattato a una massiccia ingestione di potassio, che è molto presente nei foraggi, erba e tutte le piante. In particolare, hanno una grande capacità di escrezione. La gestione dei casi di ipokaliemia è sempre secondaria al sequestro di cloro nel tratto gastrointestinale (LDA, RDA, VA), riduzione dell’ingestione di sostanza secca, iperglicemia, alcalemia e ipovolemia. Pertanto, le terapie devono essere mirate a gestire queste situazioni.
Altri importanti fattori che possono contribuire ad una ipokaliemia persistente, e che vanno quindi considerati per impostare una terapia, sono riduzione dell’appetito, ipovolemia, ritenzione di sodio, e iperinsulinemia secondaria a iperglicemia.
In ogni caso, il successo terapeutico richiede, sempre la correzione dell’alcalosi metabolica.
La somministrazione di cloruro di potassio (KCl) per via orale sembra garantire la miglior forma di assorbimento del potassio, considerando che in questo modo si riesce a somministrare non solo potassio, ma anche cloro di cui spesso queste bovine, come precedentemente detto, sono carenti. In questo modo il cloro favorisce il passaggio del potassio dentro alle cellule.
Attualmente, si consiglia di somministrare 30-60 g di KCl ogni 12 ore per vacche inappetenti con una lieve o moderata ipokaliemia. Nell’arco delle 24 ore, la bovina riceverà quindi 60-120 g di KCl per via orale, somministrato mediante boli gelatinosi, ove disponibili, oppure mediante intubazione oro-ruminale.
Nei casi di grave ipokaliemia, con potassio inferiore 2.5 mEq/L, è preferibile somministrare subito 120 g di KCl, a seguire 60 g di KCl per due volte a distanza di 8 ore. La quota somministrata totale in 24 ore sarà quindi di 240 g di KCl. Questa dose, distribuita nelle 24 ore, corrisponde a 0,4 g/ Kg di peso corporeo per una bovina di circa 600 kg. Dosi superiori non sono raccomandate se non in casi gravi, poiché possono causare diarrea, scialorrea, tremori muscolari, convulsioni e anche morte.
Il KCl è una polvere che si dissolve facilmente in breve tempo e viene altrettanto rapidamente assorbita.
La quota di 100 g di KCl contiene 52 g di potassio. Alcuni studi hanno valutato differenti formulazioni di K, a rilascio più o meno lento, per aumentare la quota di potassio plasmatico.
Tali formulazioni prevedevano boli di KCl e propionato di potassio in gel.
I primi contenevano 100 g di KCl, e dopo la deposizione nel rumine rilasciavano il 55% del potassio entro 6 ore e il 100% in 12 ore. I secondi, in formulazione a base di 500 ml di gel, contenevano 52 g di potassio sotto forma di propionato di potassio. Essi rilasciavano il potassio in un arco temporale di 2 ore. Per tutte tre le formulazioni, i valori di potassio plasmatico aumentano entro i 30 minuti successivi alla somministrazione, senza differenza tra le modalità di preparazione. E sempre in tutte e tre le terapie, le bovine riprendevano l’ingestione di cibo entro 2 ore.
Quindi, nella scelta dei prodotti da somministrare, serve tener conto di alcune cose, tra cui il fatto che il KCl è irritante per le mucose sia sotto forma di polvere che di bolo. Inoltre, il propionato di potassio ha il vantaggio che il propionato può essere convertito dal fegato in glucosio, fornendo energia. Non ultima tra le variabili di scelta, il costo dei singoli prodotti.
Si può osservare, in associazione a ipokaliemia, anche ipofosfatemia. In tal caso, somministrare K2HPO4 (fosfato di potassio) o KH2PO4 (diidrogenofosfato di potassio) può essere utile.
Come detto in precedenza, la quota di potassio sierica è correlata negativamente al glucosio. La somministrazione di insulina, o il rilascio endogeno di insulina a seguito della somministrazione endovenosa di destrosio o di cortisonici, può indurre ipokaliemia.
Il potassio, infatti, si muove dentro alle cellule insieme al glucosio, causando uno spostamento dello ione dal comparto extracellulare verso quello intracellulare. Ciò non significa necessariamente che vi sia una deplezione del potassio corporeo, perché questa evenienza si verifica qualora si attivi l’uptake insulino-dipendente tramite la pompa sodio-potassio.
Si è osservato che le bovine con bassi livelli sierici di potassio mostrano una correlazione inversa con la concentrazione di bilirubina totale e l’attività dell’enzima AST. Ciò è stato spiegato in diversi modi:
- le problematiche epatiche potrebbero concorrere nello sviluppo dell’ipokaliemia
- la riduzione dell’ingestione di sostanza secca e la LDA possono causare iperbilirubinemia a seguito dello stiramento dei dotti biliari causato dal cambio di posizione del duodeno. A conferma di ciò, si può dire che, in corso di chirurgia per LDA, si può osservare con modesta frequenza una distensione della cistifellea e dunque una parziale ostruzione dei dotti
- la quota di potassio è correlata negativamente con la percentuale di grasso infiltrato nel fegato in corso di lipidosi epatica. Sebbene gli studi al riguardo siano pochi, si è osservato che le bovine decedute per lipidosi epatiche avevano una quota di potassio inferiore rispetto alle bovine sopravvissute
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