Questo lavoro diviso in due parti affronta il colostro bovino nelle sue molteplici sfaccettature. Oltre alla composizione, fondamentale per un corretto trasferimento dell’immunità passiva, e la composizione chimica, si prenderanno in esame aspetti spesso tralasciati, come i progressi tecnologici per la conservazione e i potenziali vantaggi per la salute. Viene presentato anche l’impatto ambientale del colostro bovino rispetto al latte.



II colostro bovino è il primo latte che una bovina produce dopo il parto e contiene numerosi micro e macronutrienti naturali, immunoglobuline, peptidi, fattori di crescita ecc. questo lavoro affronta ogni possibile aspetto del colostro bovino, inclusi la composizione chimica, i progressi tecnologici per la conservazione e i potenziali vantaggi per la salute. Viene presentato l’impatto ambientale del colostro bovino rispetto al latte.

Futuri scienziati, tecnologi alimentari, tecnologi caseari e industriali troveranno questa revisione utile nella comprensione del colostro bovino e nella valutazione dei sui suoi usi e limiti. Attualmente, è essenziale identificare i benefici di una vita sostenibile con cibo nutriente per la popolazione mondiale in espansione.

Questa revisione oltre a indagare in modo dettagliato la composizione e le peculiarità del colostro svuole sottolineare la composizione unica del colostro bovino rispetto al latte.

Gli studi presi in considerazione esaminano le sue potenziali applicazioni nel campo della nutrizione e della salute umana. Una caratterizzazione meticolosa delle sue frazioni costituenti rivela una vasta gamma di molecole potenzialmente bioattive, dimostrando la loro influenza sullo sviluppo neonatale e la loro rilevanza in quest’epoca.

Il colostro bovino può essere un’alternativa adatta al latte maturo, in quanto è una ricca fonte di numerosi componenti, come proteine bioattive, grassi, oligosaccaridi, minerali e vitamine. Sono state utilizzate anche tecnologie avanzate per conservarlo e commercializzarlo.

Quindi, una discussione completa dei suoi potenziali benefici per la salute umana e l’esplorazione di varie tecniche di conservazione del colostro bovino presentano una panoramica completa delle sue applicazioni multiformi nella promozione della salute e del benessere.

L’importanza del colostro per il vitello neonato

Colostrogenesi e fattori che la influenzano

La colostrogenesi è il processo di formazione del colostro nella ghiandola mammaria ed è il processo attraverso cui le immunoglobuline, in particolare, vengono trasferite dalla circolazione della vacca alla ghiandola mammaria.

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© Debra Anderson – shutterstock.com

La composizione del colostro bovino non è costante tra le singole vacche e varia soprattutto in termini di concentrazione di IgG, componenti nutrizionali e contenuto di batteri. Il colostro ha una composizione unica e una delle sue principali differenze rispetto al latte maturo è stata attribuita alla sua maggiore concentrazione di IgG, tanto che ha una concentrazione media di IgG di 50-70 g/L, che rappresenta il 70%-80% delle proteine totali, mentre il latte maturo ha un intervallo di concentrazione di IgG di 1,2-3,3 g/L. Al contrario, il colostro è caratterizzato da basse concentrazioni di IgM e IgA (rispettivamente 3,0 e 0,4 g/L).

È noto che il colostro bovino viene prodotto e accumulato durante la tarda gravidanza e la sua sintesi avviene durante la lattogenesi, che è l’evento in cui le cellule della ghiandola mammaria si differenziano e cambiano da uno stato non secretorio a uno secretorio. La lattogenesi fa parte dei vari processi di differenziazione che si verificano durante l’allattamento, tra cui la lattogenesi I (differenziazione), la lattogenesi II (lattazione) e l’involuzione.

Tuttavia, il momento esatto dell’inizio della colostrogenesi è sconosciuto, poiché diversi studi affermano che potrebbe iniziare da 3 a 7 settimane prima del parto. Le immunoglobuline Gl e G2 trasferite al colostro derivano dalla circolazione materna ed è stato riportato che il trasporto di IgG inizia settimane prima del parto e raggiunge il picco 1-3 giorni prima dello stesso.

In uno studio del 2014 si è tentato di quantificare la colostrogenesi come se iniziasse quando la concentrazione di IgG nelle secrezioni mammarie diventa maggiore della concentrazione di IgG nella circolazione materna. La ridotta concentrazione di IgG nel siero della madre rispetto alla sua secrezione mammaria si verifica in momenti diversi prima del parto a seconda degli individui, il che potrebbe spiegare in parte la distinta capacità di specifici animali di produrre quantità maggiori di IgG colostrale.

Si pensa che il trasferimento di IgG1 nel lume secretorio mammario avvenga tramite il complesso recettoriale noto come recettore del frammento cristallizzabile neonatale (FcRn) e che la transcitosi sia responsabile della comparsa di massa di IgG1 nel colostro. In particolare, gli FcRn si trovano all’interno degli endosomi in cui si verifica il legame e il trasporto delle molecole di IgG 1.

Successivamente, le IgG1 del colostro vengono trasferite al neonato dalle cellule intestinali che si legano alle molecole di IgG1 e formano un endosoma, quindi attraverso il meccanismo di transcitosi sul lato apicale della cellula.

Numerosi sono i fattori che influenzano la composizione del colostro; tuttavia, la maggior parte degli studi si concentra specificamente sulla concentrazione di IgG o sulla massa di IgG. Pochi studi hanno caratterizzato i fattori che influenzano le componenti del colostro oltre alla concentrazione di IgG, tra cui grassi, proteine e concentrazione di lattosio.

La composizione del colostro nei bovini da latte è influenzata da: numero di parti (lattazioni), durata del periodo di asciutta, volume del colostro sintetizzato e rilasciato, razza, protocolli di vaccinazione, esposizione a malattie, dieta, specificità individuale, inizio della colostrogenesi, management aziendale, regolazione sistematica ed endocrina.

I fattori precedentemente associati alla composizione del colostro nei bovini da carne erano razza, numero di parti e BCS. Sebbene i fattori che controllano la produzione di colostro non siano ben noti, sarebbe estremamente utile determinare strategie di gestione delle vacche asciutte al fine di massimizzare la produzione di colostro, mantenendo al contempo elevate le concentrazioni di IgG per garantire un’ottima colostratura dei vitelli.

Negli anni passati sono stati segnalati diversi fattori di gestione, ambientali e nutrizionali associati alla composizione del colostro, ma non sono ancora stati applicati interventi strategici in grado di migliorarla. Vi sono prove evidenti che il colostro varia tra le singole vacche, aziende, regioni geografiche e stagioni; di conseguenza, devono esistere fattori specifici o componenti metabolici che controllano questo grado di variazione.

Sono necessari studi specifici per ricercare i fattori individuali e il loro potenziale ruolo nell’alterazione della composizione. Inoltre, è noto che i cambiamenti nelle pratiche di nutrizione e gestione durante il periodo di asciutta influenzano la composizione complessiva del colostro, ma i meccanismi specifici che controllano la comparsa di distinti componenti immunitari e bioattivi del colostro non sono chiari.  

Composizione del colostro

Componenti bioattivi del colostro

In questa revisione, i componenti bioattivi del colostro sono definiti come composti o molecole (a parte i nutrienti) presenti nel colostro in micro quantità, che stimolano risposte fisiologiche a livello sistemico o locale all’interno del tratto gastrointestinale del neonato. Sebbene vi sia un’abbondanza di composti bioattivi nel colostro bovino, questa parte si concentra sulla potenziale bioattività di oligosaccaridi (OS), acidi grassi, ormoni appartenenti alla superfamiglia insulinarelaxina, classi uniche di proteine all’interno del proteoma colostrale, microRNA e nucleotidi sullo sviluppo del vitello.  

Oligosaccaridi e acido sialico

Gli oligosaccaridi bovini, piccoli polimeri di zuccheri semplici in gran parte costituiti da una struttura portante di lattosio allungata da uno o più residui di acido sialico, sono presenti ad alte concentrazioni nel colostro (1 g/L) rispetto al latte intero (<0,2 g/ L).

Gli acidi sialici sono una famiglia di oltre 50 zuccheri a 9 atomi di carbonio strutturalmente diversi, tra cui i più abbondanti sono l’acido 5-N-acteilneuraminico (Neu5Ac) e l’acido 5-N-glicolneuraminico. Quando sottoposto a trattamento con neuraminidasi, il colostro bovino contiene 27-34 nmol/ml di Neu5Ac e 1,2-2,7 nmol/ml di acido 5-N-glicolneuraminico, dimostrando che Neu5Ac è l’acido sialico principale nel colostro bovino.

Sono stati individuati 4 principali OS contenenti Neu5Ac presenti a concentrazioni significative nel colostro, tra cui il 3’sialyllattosio (3’SL), il 6’sialyllattosio, la 6’sialyllattosamina e il disialyllattosio. Tra questi, il 3’SL rappresenta oltre il 55%, mentre il 6’sialyllattosio, il disialyllattosio e la 6’sialyllattosamina rappresentano rispettivamente solo il 10%, il 22% e il 13%. Tuttavia, recenti ricerche hanno identificato fino a 62 diversi OS nel colostro e nel latte mediante elettroforesi capillare, inclusi OS contenenti solfato, N-acetilglucosamina e fucosio, sebbene presenti a basse concentrazioni nel colostro. Tuttavia, le concentrazioni di OS specifiche necessarie per evocare risposte fisiologiche nel vitello neonato sono attualmente sconosciute.

Nel 2011 è stata condotta un’ampia gamma di ricerche in merito agli effetti benefici che gli OS del latte umano hanno sulla salute e la fisiologia dei neonati ed è emerso, in particolare, che promuovono la crescita e lo sviluppo del loro microbiota intestinale.

Al contrario, il potenziale ruolo del colostro bovino nel promuovere l’insediamento iniziale e il successivo sviluppo del microbioma intestinale nel vitello è stato caratterizzato solo di recente ed è importante notare che sono state osservate correlazioni moderate tra gli OS del colostro e i batteri benefici (Bifidobacterium) nell’intestino tenue dei vitelli entro le prime 12 ore di vita, suggerendo che gli OS del colostro bovino potrebbero essere importanti nella creazione del microbioma intestinale del vitello.

Oltre ai Bifidobacterium, le specie appartenenti al genere Lactobacillus possono utilizzare unità monosaccaridiche degli OS, tra cui glucosio e galattosio, e possibilmente trisaccaridi degli OS per promuovere la loro crescita, mentre i Bacteroides scindono e catabolizzano in modo unico i residui di acido sialico, conferendo possibilmente un vantaggio selettivo per questo genere batterico benefico all’interno del tratto gastrointestinale (GIT) del vitello neonato.

Promuovere l’instaurarsi e la proliferazione del microbioma neonatale equilibrato è solo una delle molteplici funzioni proposte per gli OS del colostro. La ricerca in vitro ha dimostrato che gli OS possono agire come “esca patogena”, poiché contengono gruppi strutturali simili ai glicoconiugati di superficie cellulare utilizzati nel riconoscimento cellulare dalle fimbrie batteriche, inibendo così l’adesione dei patogeni alle cellule bersaglio dell’ospite.

È interessante notare che il colostro bovino e gli OS del latte sono inefficaci nell’inibire l’antigene del fattore di colonizzazione umano, Escherichia coli enterotossigeno fimbriato, ma sono altamente efficaci nell’inibire Escherichia coli enterotossigeno fimbriato K99, isolato da oltre 1’80% dei campioni di diarrea nei vitelli. Ciò suggerisce che un meccanismo evolutivo potrebbe essere responsabile della secrezione di OS specifici per i patogeni comunemente riscontrati durante le prime fasi di vita, al fine di prevenire l’infezione nel vitello neonato.

Nonostante recenti ricerche rivelino le ragioni delle elevate concentrazioni di OS nel colostro bovino, mancano ricerche che caratterizzino la sintesi di OS nella ghiandola mammaria bovina. Nella ghiandola mammaria umana, il processo di sintesi di OS inizia con la formazione di lattosio, che viene poi allungato in latto-N-biosio o N-acetillattosamina. L’acido sialico viene sintetizzato nel citosol, importato nel nucleo e convertito in CMP-Neu5Ac; successivamente si ha una traslocazione all’apparato di Golgi per la modifica e la coniugazione in glicoconiugati da parte delle sialiltransferasi.

Un totale di 92 geni correlati alla glicosilazione, con 29 geni identificati come importanti per la sintesi e il metabolismo dell’OS sialilato, sono stati caratterizzati nelle cellule somatiche di vacche Holstein e Jersey a 15 e 250 giorni di lattazione; tuttavia, i modelli di espressione di questi geni all’inizio dell’allattamento, cosi come gli enzimi e i cofattori specifici che catalizzano la formazione del principale OS nel colostro bovino, non sono stati chiariti.

Le concentrazioni e il numero di OS secreti dalle singole vacche sono altamente variabili e la concentrazione del principale OS nel colostro (3’SL) può variare da 147,0 a 1.149,8 gg/L ; il numero totale di OS secreti nel colostro può variare da 14 a 32 anche quando vengono controllati razza, lattazione, nutrizione e stagione del parto.

Negli esseri umani, una delle fonti più note di variazione nella composizione dell’OS è la variabilità genetica, in particolare il gruppo sanguigno di Lewis. Nell’ambito zootecnico la ricerca ha dimostrato che la differenza del numero di lattazioni può influenzare la resa dell’OS colostrale, con le vacche multipare che hanno rese maggiori rispetto alle vacche primipare.

Le differenze nella composizione della dieta tra il tipo di produzione possono spiegare in parte le differenze osservate nell’abbondanza di OS; tuttavia, recenti ricerche non hanno rilevato differenze nella composizione colostrale di OS nelle vacche (n = 3 per trattamento) alimentate con diete prepartum composte esclusivamente da erba o mais e insilato di erba medica, insilato e grano. Sono necessari ulteriori studi che indaghino gli effetti della composizione della dieta prepartum sulle concentrazioni di OS utilizzando un campioni di grandi dimensioni, controllando al contempo razza e numero di lattazioni.

Non si è inoltre esclusa la possibilità che anche lo stato di salute prepartum della madre possa influenzare le concentrazioni colostrali di OS. Nel tentativo di chiarire i biomarcatori sierici prepartum che precedono lo sviluppo di mastite clinica durante l’allattamento, alcuni autori, nel 2018, hanno scoperto che alcune vacche hanno sviluppato mastite clinica dopo il parto mostrando un aumento del 1.440% del 3’SL sierico a 21 giorni prima del parto rispetto alle vacche sane. Al parto, è stato comunque osservato un cambiamento del 125%; tuttavia, gli autori non hanno misurato le concentrazioni di 3’SL nel colostro per determinare se un elevato livello sierico di 3’SL fosse correlato a livelli elevati di 3’SL colostrale.

La ricerca ha dimostrato che il 3’SL e la 6’sialyllattosamina colostrali sono moderatamente correlate alle conte delle cellule somatiche colostrali; tuttavia, sono necessari ulteriori studi sui potenziali ruoli dell’OS nella risposta immunitaria mammaria e, di conseguenza, sulle loro concentrazioni nel colostro.  

Lattoperossidasi

Il colostro bovino contiene una quantità significativa di lattoperossidasi, una glicoproteina basica che catalizza l’ossidazione del tiocianato per produrre molecole intermedie con proprietà antimicrobiche. Nel latte vaccino maturo, le concentrazioni di lattoperossidasi variano da 13 a 30 mg/L, mentre nel colostro sono comprese tra 11 e 45 m/L.

La sua concentrazione iniziale nel colostro è minima, ma a partire da 3-5 giorni dopo il parto raggiunge il suo livello massimo. Inoltre, rispetto al latte maturo, l’attività della lattoperossidasi catalasi è più elevata nel latte di transizione. Inoltre, i prodotti di ossidazione tossici che sono generati dall’attività della lattoperossidasi sopprimono il metabolismo batterico tramite l’ossidazione del gruppo essenziale solfidrico delle proteine.

Colpisce i batteri Gram positivi e Gram negativi, come Pseudomonas aeruginosa, Salmonella typhimurium, Listeria monocytogenes, Streptococcus mutans e Staphylococcus aureus.

Lattoferrina

La lattoferrina (LF), una glicoproteina versatile, è composta da 700 aminoacidi e ha un peso molecolare di circa 80 kDa. Si tratta di una glicoproteina cationica che lega il ferro e il colostro bovino ne contiene circa 0,80 mg/ ml. È una delle principali proteine nel siero del latte di tutti i mammiferi e ha molteplici proprietà: antibatteriche, antimicotiche, antivirali, antiparassitarie, anticancro e immunomodulatorie (anti-infiammatorie). Inoltre, preserva la permeabilità e la stabilità intestinale impedendo ai patogeni di aderire alle cellule epiteliali.

Alcune ricerche indicano che la lattoferrina del colostro bovino può aumentare la proliferazione degli osteoblasti, specializzati nella produzione di tessuto osseo, così come il rilascio di alcuni fattori di crescita da queste cellule. A livello intestinale contribuisce all’assorbimento intestinale del ferro e alla stimolazione dei fagociti e delle immunitarie. Tessuto intestinale, monociti, macrofagi, neutrofili, linfociti, piastrine e alcuni batteri esprimono tutti recettori della lattoferrina. Il colostro contiene la più alta percentuale di questa proteina, quattro volte superiore a quella del latte maturo.

Acidi grassi

I profili degli acidi grassi (Fat acid, FA) del colostro e del latte di transizione (Transitional milk, TM) sono distinti da quelli del latte intero (Whole milk, WM). Le concentrazioni di acidi grassi saturi a lunga catena (Long chain fat acid, LCSFA) sono maggiori nel colostro e nel TM, mentre le concentrazioni di acidi grassi saturi a corta catena (Short chain fat acid, SCSFA) sono inferiori rispetto al WM e le concentrazioni di acidi grassi saturi a media catena (Saturated fat acid, SFA) non cambiano drasticamente.

Le vie di biosintesi degli acidi grassi all’interno della ghiandola mammaria (preformati e de novo) sono presumibilmente conservate nella lattogenesi I e II; tuttavia, le attività dei preformati e de novo probabilmente differiscono in queste fasi a causa delle differenze relative nella stimolazione endocrina e nell’apporto di substrato durante la gravidanza e l’allattamento, alterando di conseguenza la composizione di FA del colostro rispetto al WM.

Il bilancio energetico negativo peripartum potrebbe aumentare i LCSFA colostrali causando il rilascio di FA a catena lunga dal tessuto adiposo per l’incorporazione nel grasso colostrale. In termini di entità, alcuni studi suggeriscono che un aumento di FA a catena lunga potrebbe ridurre le concentrazioni di SCSFA colostrali attraverso l’inibizione della sintesi de novo di SCSFA all’interno della ghiandola mammaria.

In uno studio del 2014, sono state osservate concentrazioni inferiori di SCSFA associate a concentrazioni maggiori di LCSFA nel colostro. Tuttavia, l’eccesso di energia metabolizzabile (ME) fornita alle vacche in lattazione rispetto alle vacche in asciutta non ha confermato che gli acidi grassi preformati e de novo siano presenti in concentrazioni diverse nel colostro.

Per quanto a conoscenza degli autori, non è noto se una severa restrizione di ME prepartum aumenta gli acidi grassi preformati in misura tale da inibire la sintesi di acidi grassi de novo nel colostro.

Nonostante siano numerose le specie di acidi grassi identificate nel colostro, è fondamentale concentrarsi sugli acidi grassi che hanno un’importanza consolidata durante lo sviluppo. Gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga del colostro e del TM (come gli elevati acidi grassi 0-3 e 0-6) sono particolarmente importanti per i vitelli neonati, poiché nelle specie ruminanti il trasporto placentare degli acidi grassi a catena lunga è limitato.

Gli acidi grassi ω sono essenziali per lo sviluppo neonatale; tuttavia, le prove suggeriscono che i neonati potrebbero essere marginalmente carenti di acido ω-linolenico (ALA, C18:3ω-3) e linoleico (LA, C 18:2ω-6). Le concentrazioni di LA sono superiori nel colostro rispetto al WM, mentre secondo uno studio le concentrazioni di ALA rimangono relativamente stabili dopo il parto e vengono ridotte solo del 31%-35% alla seconda mungitura rispetto a colostro e al WM.

Nella biosintesi degli ω-3 e ω-6, ALA è il precursore degli ω-FA eicosapentaenoico (C20:5ω-3) e docosaesaenoico (C22:6ω-3), mentre LA è precursore dell’acido arachidonico (C20:4ω-6). I neonati hanno una certa capacità di sintetizzare l’acido arachidonico da LA, ma la loro capacità di convertire ALA in acido eicosapentaenoico e docosaesaenoico è meno chiara. Le concentrazioni di acido arachidonico, eicosapentaenoico e docosaesaenoico nel colostro (0,52%, 0,11% e 0,014% degli acidi grassi, rispettivamente) sono tutte elevate e diminuiscono drasticamente nel WM del 67%-72% rispetto alla loro concentrazione iniziale nel colostro.

Il grasso colostrale viene prontamente assorbito dall’intestino tenue del vitello neonato, come avviene negli adulti. L’effetto post assorbimento di specifici acidi grassi colostrali sullo sviluppo del vitello neonatale è generalmente poco studiato e si concentra principalmente sugli acidi grassi ω.

Alcuni studi hanno valutato l’integrazione indiretta di acidi grassi ω nel vitello neonato somministrando alla madre più acidi grassi ω prima del parto, per aumentare le concentrazioni colostrali. Sebbene questi studi abbiano evidenziato che l’integrazione indiretta di acidi grassi ω può influenzare l’assorbimento di IgG da parte del vitello neonato e possibilmente suscitare risposte di programmazione dello sviluppo, è difficile discernere se questi effetti siano dovuti al contenuto di FA nel colostro, al trasporto placentare o ad entrambi.

L’integrazione diretta di acidi grassi ω nel colostro può essere una strategia più efficace per garantire che l’assunzione neonatale sia adeguata; tuttavia, un solo studio ha valutato l’integrazione di ω-3 direttamente nel colostro.

Anche il butirrato è stato oggetto di attenzione nei vitelli prima dello svezzamento, in quanto migliora lo sviluppo gastrointestinale, enzimatico e pancreatico quando integrato in mangimi liquidi, migliorando di conseguenza la crescita e i parametri di salute. Sebbene si sappia poco sull’effetto del butirrato colostrale sullo sviluppo neonatale, prove preliminari suggeriscono che potrebbe influire negativamente sull’immunità.

Infatti, integrando butirrato (2,5% p/v), le concentrazioni sieriche di IgG sono diminuite da 21,1 a 14,0 g/L a 24 ore e sono rimaste basse per il resto dello studio. Uno studio ha osservato che l’alimentazione con isobutirrato di potassio nel colostro a 1 ora dal parto ha ridotto l’assorbimento neonatale e le concentrazioni sieriche di y-globulina, IgG e IgM.

Si è ipotizzato che il butirrato possa accelerare lo sviluppo intestinale nei neonati causando la perdita prematura di vacuoli giganti negli enterociti fetali, che assorbono e traslocano le macromolecole, riducendo cosi l’assorbimento di IgG colostrale. Sebbene questo meccanismo debba ancora essere confermato, è interessante considerare il fatto che l’abbondanza di butirrato colostrale è bassa e aumenta nel latte di transizione solo il terzo giorno dopo il parto.

Teoricamente, le basse concentrazioni di butirrato nel colostro e il latte di transizione iniziale potrebbero aiutare a prolungare il periodo di permeabilità dell’intestino neonatale alle macromolecole (ad esempio, IgG); pertanto, sulla base di questi risultati, i fattori materni che aumentano il butirrato colostrale dovrebbero essere evitati e il butirrato non dovrebbe essere integrato nella dieta del vitello neonato nei primi 1-2 giorni dopo la nascita.

Il contenuto di grassi e acidi grassi del colostro è inoltre influenzato dalla stagione, dalla durata del periodo di asciutta, dal numero di lattazioni e dal consumo di concentrati o fibre. Anche l’assunzione di energia metabolizzabile prima del parto e di proteine metabolizzabili influenza le concentrazioni di grassi nel colostro, probabilmente modulando l’insulina plasmatica materna sul rilascio di FA non esterificati dal tessuto adiposo. L’assunzione di energia metabolizzabile prima del parto può anche alterare il profilo di FA del colostro.

Allo stesso modo, numerosi studi hanno concluso che l’assunzione di grassi prepartum possono essere utilizzate per influenzare gli acidi grassi presenti nel colostro. Poiché gli acidi grassi partecipano a un’ampia gamma di funzioni fisiologiche, si dovrebbe riflettere ulteriormente su come i fattori materni prepartum influenzino il grasso del colostro e il contenuto di acidi grassi per comprendere l’influenza a valle sullo sviluppo del vitello neonatale.

Insulina-relaxina

Il colostro contiene alte concentrazioni di numerosi e differenti ormoni bioattivi che possono essere ampiamente considerati ormoni steroidei o peptidici. Gli ormoni colostrali di cui si parla comunemente sono l’ormone della crescita, il fattore di crescita epidermico, il fattore di crescita trasformante-β e diversi ormoni peptidici (fattori di crescita insulino-simili), raggruppati all’interno della superfamiglia insulinarelaxina. I peptidi appartenenti a questa famiglia sono stati raggruppati in sottofamiglie:

  • insulina (INS)
  • fattori di crescita insulino-simili (IGF)
  • peptidi e polipeptidi insulino-simili (INSL);
  • relaxina (RLN)

Sebbene la superfamiglia sia strutturalmente conservata, questi peptidi possono differire nell’espressione e nei ruoli fisiologici in base alla specie.

Insulina, IGF-I e IGF-II sono bioattivi e le loro concentrazioni sono elevate nel colostro bovino rispetto al WM. La RLN è stata identificata nel colostro suino e influisce sullo sviluppo riproduttivo neonatale, ma potrebbe non essere presente nel colostro bovino. Il colostro bovino contiene anche concentrazioni elevate di proteine leganti l’IGF-2, l’IGF-3, l’IGF-4 e l’IGF-5 che possono modulare l’attività dell’IGF-I colostrale o eventualmente avere una propria azione diretta sullo sviluppo mammario o intestinale Ill.

Gli INSL non sono stati identificati nel colostro bovino; tuttavia, è plausibile che possano essere presenti, poiché INSL3, INSL5 e INSL6 (ma non INSL4) sono presumibilmente funzionali nel genoma bovino e INSL3 è espresso nei follicoli ovarici. Inoltre, è interessante notare che le femmine di ruminanti producono concentrazioni eccezionalmente elevate di INSL3 ovarico rispetto ad altre specie, tanto che INSL3 agisce sugli stessi recettori accoppiati alle proteine G di RLN (RXFPI e RFXP2). Di conseguenza, è stato proposto che INSL3 sia un omologo compensatorio della mancata produzione endogena di RLN.

Se INSL3 dovesse essere confermato nel colostro bovino, potrebbe influenzare lo sviluppo riproduttivo neonatale in modo simile alla relaxina nel colostro suino, forse più nei vitelli che nelle vitelle.

I fattori di crescita insulino-simili I e II hanno come target il tratto gastrointestinale del vitello e la maggiore capacità di legame per l’IGF si riscontra nell’ileo e nel colon (IGF-IR) o nel duodeno (IGF-IIR).

Le concentrazioni colostrali di IGF-I sono il doppio rispetto a quelle dell’IGF-II, il doppio rispetto a quelle dell’IGF-1 sierico neonatale e 3-4 volte maggiori rispetto a quelle dell’IGF-I sierico materno prima del parto. L’IGF-I e l’IGF-11 del latte probabilmente provengono dalla circolazione materna, dato che vi sono prove limitate che entrambi gli ormoni vengano sintetizzati dalla ghiandola mammaria; ciò indica che il movimento dell’IGF-I e dell’IGF-II nelle secrezioni mammarie deve avvenire a livello transcellulare mediante trasporto attivo, per stabilire concentrazioni nel colostro maggiori rispetto al sangue.

Tuttavia, è anche possibile che un certo movimento di IGF-I e IGF-II nel colostro possa verificarsi a livello paracelIulare tramite setacciatura molecolare da giunzioni strette “perdenti” durante la lattogenesi I.

La maggiore concentrazione di IGF-I nel colostro, associata al suo ruolo nella regolazione della crescita post natale (mentre l’azione dell’IGF-II predomina durante la crescita fetale), potrebbe suggerire che I’IGF-I colostrale abbia probabilmente un ruolo maggiore nello sviluppo del vitello neonatale rispetto all’IGF-II colostrale. In ogni caso, quanto I’IGF-I possa influenzare esclusivamente lo sviluppo intestinale post natale non è chiaro, poiché i dati disponibili sono contraddittori, ma è confermato che i fattori di crescita bioattivi del colostro, tra cui I’IGF-I, promuovano sinergicamente la maturazione intestinale.

L’assorbimento di IGF-I colostrale potrebbe essere un meccanismo compensatorio per bypassare il legame GH dell’asse di crescita somatotropico e promuovere la crescita e lo sviluppo del vitello durante l’immediato periodo post natale.

Similmente all’IGF-I, è probabile che anche l’INS colostrale svolga un ruolo importante nello sviluppo neonatale. Quantità sostanziali di INS vengono sequestrate dalla ghiandola mammaria prima del parto, per cui le concentrazioni di tale ormone nel colostro risultano da 41 e 76 volte maggiori rispetto alle concentrazioni plasmatiche di INS materne prima del parto e neonatali.

Come per I’IGF-I, è probabile che il trasferimento di INS nelle secrezioni mammarie avvenga prevalentemente tramite trasporto attivo contro il suo gradiente di concentrazione dopo il legame al suo recettore; tuttavia, è possibile che anche in questo caso una certo passaggio possa verificarsi tramite setacciatura molecolare attraverso giunzioni strette “perdenti” durante la lattogenesi I.

L’INS colostrale probabilmente migliora la crescita e la maturazione intestinale mediante segnalazione mitogenica e altri meccanismi indefiniti dopo aver legato il suo recettore INS intestinale. Nei vitelli nati da 30 ore, la massa del rumine e il peso del digesto umido abomasale sono risultati ridotti dopo la somministrazione di colostro contenente concentrazioni di INS 5 e 10 volte superiori a quelle dei controlli (controlli: 16,8 µg INS/ L). L’integrazione di INS colostrale ha anche aumentato la densità del tessuto duodenale (lunghezza g tessuto/cm) e ha aumentato il peso del digesto umido nel colon .

Questi dati preliminari indicano che l’INS colostrale supplementare potrebbe aver aumentato la motilità intestinale e accelerato il passaggio del digesto nell’intestino, probabilmente tramite un’ipoglicemia indotta dall’insulina. L’assorbimento gastrointestinale dell’INS è stato dimostrato in molte specie, tra cui ratti neonati e maturi, maiali neonati e cani. Nei vitelli neonati, il consumo di INS in quantità superiori a quelle fisiologiche subito dopo la nascita determina una diminuzione del glucosio plasmatico già 1 ora dopo il trattamento, inducendo talvolta un coma ipoglicemico.

L’assorbimento di INS colostrale nel vitello neonato è oggetto di discussione, poiché in uno studio in cui è stata ritardata l’alimentazione e non è stata controllata l’assunzione di macronutrienti non è stato osservato un aumento apprezzabile dell’insulina immunoreattiva dopo integrazione di insulina nel colostro. È possibile che la clearance epatica di primo passaggio dell’INS possa mascherare l’assorbimento intestinale, a meno che non vengano consumate grandi concentrazioni di INS colostrale.

L’assorbimento intestinale dell’INS tal quale e biologicamente attiva probabilmente compensa la risposta pancreatica poco sviluppata, promuovendo il flusso di nutrienti nei tessuti periferici, l’immagazzinamento del glicogeno epatico e supportando il rapido metabolismo e la crescita neonatale.

Componenti bioattivi aggiuntivi da considerare

I fattori bioattivi nel colostro non si limitano alle molecole e ai composti sopra menzionati; una pletora di fattori colostrali aggiuntivi hanno il potenziale per migliorare la funzione immunitaria e lo sviluppo del vitello. Ad esempio, i microRNA (miRNA), in particolare quelli correlati alla regolazione immunitaria, sono presenti a concentrazioni più elevate nel colostro rispetto al latte.

Questi miRNA sono altamente resistenti alla RNasi e all’ambiente acido e i ratti neonati nutriti con colostro hanno un numero maggiore di miRNA associati al sistema immunitario nel siero rispetto a quelli nutriti con latte maturo. Ciò suggerisce un meccanismo per l’assorbimento di miRNA da parte dell’intestino neonatale e il loro potenziale ruolo nella regolazione immunitaria, a livello sia sistemico sia locale.

Analogamente, le concentrazioni di nucleotidi sono 17 volte superiori nel colostro bovino rispetto al WM, con l’uridina 5’monofosfato (5’UMP) come nucleotide predominante.

È stato dimostrato che vitelli di età compresa tra 4 e10 giorni alimentati con un sostituto del latte integrato con 5’UMP hanno una migliore funzione immunitaria, in particolare una maggiore produzione di interferone-γ da parte delle cellule mononucleate del sangue periferico e maggiori concentrazioni di IgA nella mucosa ileale rispetto ai controlli.

Date le elevate concentrazioni di 5’UMP nel colostro bovino, si può ipotizzare che il suo effetto sulla funzione immunitaria nel primo giorno di vita possa essere più pronunciato che nei giorni 4-10; tuttavia, gli effetti della 5’UMP nella dieta e di altri nucleotidi nel colostro sulla risposta immunitaria del vitello neonato non sono stati studiati.

I recenti progressi nelle tecniche di laboratorio hanno permesso alla comunità di ricerca lattiero-casearia di valutare approfonditamente il colostro bovino e il proteoma del latte, con il risultato di aver identificato molte classi uniche di proteine sovraregolate o rilevate esclusivamente nel colostro rispetto al WM, tra cui l’osteopontina, i componenti di anticorpi e complemento, le proteine antimicrobiche, le proteine antiproteolitiche e molteplici fattori di crescita e differenziazione.

La recente caratterizzazione della moltitudine di fattori bioattivi del colostro che influenzano positivamente la salute e lo sviluppo del vitello neonato evidenzia la potenziale necessità di ridefinire il termine “qualità del colostro”. Tuttavia, sono necessarie future ricerche per valutare i meccanismi specifici con cui alcuni composti bioattivi influenzano il vitello, tanto nella fase neonatale quanto nel resto della vita.

Si potrebbero utilizzare le concentrazioni di IgG nel colostro come “indicatore” di un colostro contenente concentrazioni adeguate o elevate dei suddetti composti bioattivi, date le sue forti correlazioni positive con il principale OS nel colostro bovino, il 3’sialyllattosio. A oggi non si può inoltre escludere che le IgG possano indicare in modo affidabile elevate concentrazioni della pletora di composti bioattivi aggiuntivi nel colostro bovino; ma per dare conferma a tali ipotesi sono necessari studi che caratterizzino le correlazioni tra IgG e composti bioattivi specifici, nonché le concentrazioni a cui questi composti bioattivi sono di rilevanza fisiologica per il vitello neonato.

Poiché le concentrazioni di IgG nel colostro possono essere misurate in modo accurato e semplice in azienda agricola utilizzando un rifrattometro Brix, la determinazione di queste associazioni fornirebbe un test di campo efficiente, semplice, economico e istantaneo, per garantire che il colostro soddisfi i parametri per fornire una corretta immunità passiva e i composti bioattivi necessari per un corretto sviluppo e la salute.

Nutrizione

I vitelli neonati necessitano di colostro di alta qualità per poter assorbire le immunoglobuline e ottenere un TPI (transfer of passive immunity) di successo. Come spiegato in precedenza, il colostro bovino viene prodotto e accumulato durante la tarda gravidanza in un processo definito colostrogenesi. Il colostro è composto principalmente da immunoglobuline, che forniscono immunità al vitello per le prime settimane di vita, ma non solo. È la prima fonte di nutrienti per il vitello alla nascita e contribuisce alla protezione intestinale contro i patogeni. Il colostro, a differenza del latte, è una fonte concentrata di nutrienti, con 1,85 volte la sostanza secca, 4,52 volte le proteine, 1 volte i grassi e maggiori concentrazioni di minerali e vitamine.

Oltre al lattosio, il colostro bovino contiene anche piccole quantità di altri zuccheri (ad esempio, glucosio, fruttosio, glucosamina e galattosamina) e oligosaccaridi. Il colostro è una fonte di energia vitale per i vitelli durante le prime ore di vita poiché nascono con riserve energetiche limitate; solo il 3% del peso corporeo del vitello neonato è tessuto lipidico ed è principalmente strutturale, il che ne limita la disponibilità per il metabolismo. Di conseguenza, i vitelli dipendono dai lipidi e dal lattosio presenti nel colostro materno come fonte di energia durante le prime ore di vita.

Oltre alla materia grassa, il colostro contiene anche carboidrati, altre proteine, fattori di crescita, enzimi, inibitori enzimatici, nucleotidi, nucleosidi, citochine e grassi. Sono presenti inoltre vitamine e minerali essenziali, tra cui calcio, magnesio, ferro, manganese, zinco, vitamina E, vitamina A, riboflavina, carotene, vitamina B12, acido folico, colina e selenio.

Le vitamine liposolubili sono considerate una componente importante del colostro; meno studi sono stati dedicati alle vitamine idrosolubili. I 2 principali composti della vitamina E includono tocoferoli e tocotrienoli; sebbene i tocoferoli possano attraversare la placenta ed essere immagazzinati dal feto, i vitelli neonati hanno bassi livelli di tocoferolo alla nascita e devono assumere colostro per compensare.

È noto che l’integrazione di vitamine, come le vitamine liposolubili, durante il periodo di asciutta della vacca aumenta la loro concentrazione nel colostro. Il colostro contiene anche vitamina D, che viene sintetizzata dalle vacche quando esposte alle radiazioni UV.

Nel colostro e nel latte di transizione vi sono concentrazioni elevate di alcuni oligosaccaridi, quali 3′-sialyllattosio e 6′-sialyllattosio, mancanti nel latte; tali composti hanno con ruolo protettivo della mucosa intestinale, in quanto aderiscono ai batteri.

Nel complesso, il colostro materno fornisce sia nutrienti sia fattori non nutrienti che aiutano il sistema immunitario ad attivarsi, fanno maturare l’intestino e promuovono lo sviluppo degli organi.

Immunità

Alla nascita, i vitelli hanno un sistema immunitario immaturo, poiché la struttura placentare impedisce il trasferimento delle IgG sieriche materne al vitello. Il bovino ha una placenta sindesmocoriale, con 3 strati materni e 3 fetali che agiscono come barriere e interferiscono con il trasferimento delle immunoglobuline; di conseguenza, i vitelli nascono carenti di anticorpi e dipendono dall’ingestione di colostro per acquisire immunoglobuline.

Il fallimento dell’immunità passiva è correlato in modo del tutto ovvio all’aumento dei tassi di mortalità e morbilità dei vitelli; tale dato è sostenuto dalle percentuali di mortalità e morbilità negli Stati Uniti, pari al 7,8 e al 38,5%, superiori a quelli riportati nelle linee guida, pari al 5 e al 25.

Inoltre, recenti studi hanno riferito che bassi livelli di immunità passiva favoriscono l’insorgenza di malattie enteriche, con un rischio più elevato di contrarre infezioni da Rotavirus e Cryptosporidium spp. e un’incidenza più elevata della diarrea.

L’adeguata somministrazione di colostro ha un effetto positivo a lungo termine sull’animale, poiché le immunoglobuline e le restanti componenti ingerite hanno un effetto sulla produzione e sulla crescita. È stato infatti dimostrato che un secondo pasto di colostro 5-6 ore dopo la nascita riduce i tassi di morbilità e migliora l’accrescimento medio giornaliero prima dello svezzamento.

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© Parilov – shutterstock.com

Per garantire elevate concentrazioni di IgG, il colostro deve essere raccolto immediatamente dopo il parto, poiché la qualità del colostro diminuisce nelle ore successive. Nello specifico, il colostro presenta concentrazioni di IgG più elevate se raccolto entro 2 ore dal parto, mentre risulta significativamente ridotta se raccolto a 6, 10 e 14 ore dal parto.

I primi rapporti riportavano che erano necessari 300-400 g di immunoglobuline per proteggere completamente i neonati dai patogeni; tuttavia, secondo un’attuale raccomandazione alla nascita devono essere somministrati 150-200 g di IgG affinché il vitello raggiunga I’SPI (Successful passive immunity), sebbene Godden et al. (2019) suggeriscono di somministrare un quantitativo superiore a 300 g.

Concludendo, è possibile affermare che nonostante un vitello raggiunga una SPI adeguata grazie all’ingestione di colostro, è fondamentale ricordare che l’immunità non dipende solo dal raggiungimento dell’SPI, ma anche da un equilibrio tra il suo stato immunitario e l’esposizione ai patogeni ambientali, l’igiene e i piani nutrizionali.

Assorbimento delle IgG nei vitelli

Per ottenere il massimo livello di immunità passiva il colostro dovrebbe essere somministrato subito dopo la nascita e non ritardato. La tempistica dell’alimentazione del colostro è fondamentale per ottenere alti tassi di assorbimento delle IgG. Il trasferimento delle immunoglobuline dal colostro al flusso sanguigno del vitello è dovuto a una temporanea capacità di assorbire le proteine nell’intestino durante le prime ore di vita. Uno studio ha infatti dimostrato che somministrando colostro a circa 24 ore e oltre dopo la nascita le cellule intestinali non sono più in grado di assorbire e trasportare le immunoglobuline o altre grandi molecole (il livello di γ-globulina sierica rimane identico al valore basale registrato alla nascita).

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© Clint Austin – shutterstock.com

In genere, la percentuale di anticorpi totali che raggiungono il flusso sanguigno (Apparent efficiency of absorption, AEA) a partire dal colostro varia dal 20 al 35%, anche se viene fornito un colostro di alta qualità. Tuttavia, l’AEA varia in base agli studi, in alcuni dei quali vengono riportati valori al di fuori di questo intervallo. Ad esempio, alcuni autori nel 2018 hanno riportato un intervallo variabile dal 32,6 al 76,9%, con una media del 35,9%, nei vitelli nutriti con un colostro materno contenente 63,6 g/L di IgG e hanno indicato quale primo fattore in grado di influenzare negativamente l’AEA la somministrazione ritardata del colostro dalla nascita.

Gli altri principali fattori che contribuiscono alla quantità di IgG assorbita dai vitelli sono la qualità (concentrazione di IgG) e la quantità (volume somministrato) di colostro fornito dopo la nascita.

Le immunoglobuline vengono assorbite dall’epitelio dell’intestino tenue, passano attraverso il sistema linfatico e infine entrano nella circolazione sistemica tramite il dotto toracico. Si devono comunque tener presenti due fattori, ovvero la clearance delle lg e l’inizio della loro produzione endogena. Si ritiene che i neonati eliminino circa il 70% delle IgG ingerite, senza contare che sono state trovate immunoglobuline nel tratto gastrointestinale legate agli antigeni.

La sintesi endogena di IgG nel vitello inizia a 36 ore-3 settimane di età. Tornando al meccanismo di assorbimento si è scoperto che le globuline non vengono trasportate direttamente alla circolazione portale, ma alla linfa e poi al sangue periferico. In particolare, si è capito che l’assorbimento delle immunoglobuline nell’intestino avviene con un meccanismo di pinocitosi, come se l’intestino avesse un certo livello di selettività.

Questo assorbimento avviene tramite un sistema tubulare apicale che assorbe solo determinate sostanze. Alcuni fattori, inoltre, possono interferire con le IgG. Ad esempio, i batteri presenti nel colostro possono legarsi alle IgG e influenzarne l’assorbimento. Il trattamento termico del colostro supera questo ostacolo e aumenta le concentrazioni sieriche di IgG a 24 ore.

Si deve anche considerare che non tutte le immunoglobuline entrano o possono essere trovate nella circolazione sistemica, poiché alcune possono seguire altre vie o essere eliminate con le feci.



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