Nel corso del congresso dell’Associazione Francese dei Veterinari per Animali da compagnia (AFVAC) del 2022, è stato presentato il lavoro svolto dal consiglio scientifico del Gruppo di studio di medicina interna (Gemi) che ha sviluppato un consensus dal taglio più pratico possibile sull’approccio diagnostico e terapeutico alle patologie biliari non neoplastiche nei cani.
Mucocele
L’iperplasia mucoide cistica della colecisti è caratterizzata da iperplasia dell’epitelio associata a proiezioni papillari e a un aumento della produzione di mucina. Quando questa sovrapproduzione è significativa, può portare alla formazione di un mucocele, ossia un accumulo anomalo di muco e/o bile semisolida addensata all’interno della cistifellea.
L’individuazione di un mucocele dovrebbe portare a ricercare una disendocrinia, in particolare iperadrenocorticismo o ipotiroidismo non iatrogeno, o disturbi del metabolismo lipidico.
Altri fattori che contribuiscono sono l’età dell’animale (10 anni in media), alcuni fattori genetici presenti in alcune razze (Pastore delle Shetland, Cocker spaniel, Schnauzer nano, Border terrier), la somministrazione di xenobiotici (imidacloprid nel Pastore delle Shetland) e, in misura minore, l’iperprogesteronemia, la presenza di fango biliare, di ipovitaminosi D, o di leptospirosi.
Colangite
Esistono 4 tipi di colangite:
Colangite neutrofila
La colangite più comune nei cani è la colangite neutrofila (detta anche colangite suppurativa o essudativa); che parrebbe essere il risultato di un’infezione ascendente da parte di batteri intestinali, anche se resta possibile un’infezione ematogena.
Escherichia coli, da solo o in combinazione con batteri anaerobici, è l’organismo più comunemente rilevato nella bile dei soggetti affetti.
I segni clinici comprendono febbre, grave ittero associato a vasodilatazione e ascessi epatici.
All’istologia si osservano neutrofili nel lume, anche nell’epitelio dei dotti biliari, nonché edema dei dotti biliari.
Colangite linfocitaria
La colangite linfocitaria (non suppurativa con linfociti negli spazi portali) è relativamente rara nei cani. Le sue origini e la patogenesi sono sconosciute, sebbene sia considerata una malattia disimmune.
La presentazione clinica è per lo più cronica, lenta, progressiva, e con febbre lieve.
Colangite distruttiva
La colangite distruttiva è caratterizzata dalla distruzione e perdita dei dotti biliari negli spazi portali più piccoli, associata a infiammazione secondaria o addirittura a fibrosi portale.
È una forma rara, che deriva da una reazione idiosincrasica ai farmaci (in particolare ai sulfamidici), sebbene possano essere coinvolte infezioni virali (cimurro).
Nella maggior parte dei casi, i sintomi compaiono in modo acuto con grave colestasi e ittero. Questa è l’unica forma di colangite intraepatica non ostruttiva abbastanza grave da causare feci acoliche.
Colangite cronica
La colangite cronica associata a infestazione da trematodi epatici, regolarmente osservata nelle regioni endemiche, consegue all’ingestione di pesce crudo o lumache d’acqua dolce. La sua diagnosi è complessa (perché i parassiti vengono rilevati raramente) e tardiva, ovvero già allo stadio di carcinomi colangiocellulari intra o extraepatici.
Colecistite
L’origine della colecistite nei cani è poco conosciuta, ma predomina la forma neutrofila.
La colecistite enfisematosa è concomitante principalmente al diabete mellito e/o con la presenza di batteri anaerobi.
Sono stati identificati fattori predisponenti come stasi biliare, mucoceli biliari, infezioni batteriche (E. coli, Clostridium perfringens) e parassitarie ascendenti, e tumori biliari. Può essere coinvolta anche una diffusione ematogena di batteri.
Segni clinici nelle patologie biliari
Nella maggior parte dei casi i disturbi non neoplastici del dotto biliare nei cani sono asintomatici e vengono scoperti incidentalmente durante l’esecuzione di un’ecografia addominale per un altro motivo.
I segni clinici non sono molto specifici: letargia, vomito (soprattutto nel mucocele), disoressia, dolore, febbre (in un terzo dei casi di colangite), e progressiva perdita di peso (colangite cronica in particolare).
L’ittero compare tardivamente nel mucocele ed è meno raro nella colangite.

Presenza di colorazione itterica a livello di congiuntiva e sclera di un cane con patologia biliare.
Foto di proprietà del dott. Fanny Bernardin.

Presenza di colorazione itterica a livello di mucosa orale vestibolare di un cane con patologia biliare.
Foto di proprietà del dott. Fanny Bernardin.

Presenza di colorazione itterica a livello di cute del cavo ascellare di un cane con patologia biliare.
Foto di proprietà del dott. Fanny Bernardin.
Diagnosi delle patologie biliari
Il percorso diagnostico per individuare le malattie biliari non neoplastiche comprende l’enzimologia, l’esame emocromocitometrico e del versamento, la coltura batterica e l’imaging.
Enzimologia
La biologia clinica mostra frequentemente un aumento dell’attività degli enzimi epatici e della bilirubinemia, ma non in modo sistematico, con una certa correlazione con la gravità clinica.
In caso di riscontro accidentale, il livello di innalzamento di questi marcatori è utile per decidere se effettuare ulteriori test.
In presenza di una malattia biliare nota o sintomatica, l’enzimologia è un indicatore di gravità e aiuta a guidare le decisioni terapeutiche.
In caso di mucocele, l’attività enzimatica dell’alanina aminotransferasi (ALT) e della fosfatasi alcalina (ALP), nonché la bilirubinemia, sono più elevate negli animali sintomatici rispetto agli asintomatici, ma non consentono di sospettare una rottura del mucocele (valori a volte normali nonostante la rottura).
La misurazione dei livelli di colesterolo e degli acidi biliari non ha alcun interesse in questo tipo di malattie epatobiliari.
Esame emocromocitometrico
Una leucocitosi e/o una neutrofilia non sembrano essere indicatori affidabili dell’origine del danno biliare.
D’altra parte, la presenza di leucocitosi, di neutrofilia e/o un marcato aumento della proteina C-reattiva (PCR) è un elemento che rafforza il sospetto di rottura della colecisti, in particolare in caso di sospetto ecografico.
Il rilevamento di questi marker infiammatori è probabilmente di interesse per monitorare il paziente durante il trattamento.
Analisi del versamento addominale
In corso di peritonite biliare, il livello della bilirubina nel versamento è doppio rispetto alla bilirubinemia ed è necessario ricercare segni di sepsi (visualizzazione di batteri e cellule infiammatorie, misurazione del glucosio e dei lattati).
Coltura batterica
Si raccomanda l’analisi batterica della bile raccolta mediante colecistocentesi ecoguidata e/o su campioni di bile intraoperatori o da frammenti della parete della colecisti prelevati durante la colecistectomia.
La rilevazione di batteri bacillari è generalmente considerata significativa, anche in assenza di cellule infiammatorie o di coltura positiva.
La coltura batterica è consigliata (aerobica/anaerobica), ma la sua sensibilità imperfetta: per migliorarla si consiglia di associarla sistematicamente alla citologia e di raccogliere una quantità massima di bile in una provetta sterile prima dell’inizio della terapia antibiotica e di inviarla al laboratorio nel più breve tempo possibile.
Imaging
La radiografia può talvolta evidenziare calcoli biliari (vescicolari, duttali) o gas nella regione della colecisti, indicativi di colecistite enfisematosa (molto raro).
L’ecografia è ad oggi l’esame di imaging che fornisce il maggior numero di informazioni nell’esplorazione delle malattie epatobiliari nei cani.
L’esame mediante TC è indicato quando l’ecografia non consente una corretta esplorazione delle vie biliari distali per ricercare la causa dell’ostruzione delle vie biliari extraepatiche.
Una mineralizzazione centrale, in TC, della colecisti è patognomonica di un mucocele, ma non è sistematica.
Esame ecografico delle patologie biliari
I fanghi biliari corrispondono ecograficamente a materiale presente all’interno della colecisti
ecogeno, amorfo, il più delle volte declive e mobilizzabile. Presente in più di un cane su due, non è indicativo di una malattia biliare significativa, ma è un indicatore di un’alterazione del flusso biliare.
Il coledoco è meno spesso visibile nei cani che nei gatti.
L’ispessimento della parete della colecisti (> 2 mm) è un segno aspecifico. Quando si utilizza la dexmedetomidina si può osservare un ispessimento transitorio (meno di 24 ore), che può associarsi a un aspetto parietale stratificato (2 o 3 strati) denominato “edema parietale”, riscontrato in corso di malattia primaria (colecistite) e di condizioni sistemiche (insufficienza circolatoria destra, ipertensione portale, ipoprotidemia, pancreatite acuta, anafilassi).
L’iperecogenicità della parete suggerisce un’iperplasia ghiandolare o, associata a un’ombra acustica, una mineralizzazione della parete (rara).
I mucoceli biliari sono caratterizzati da alterazioni abbastanza caratteristiche del contenuto della cistifellea classificati in 6 tipi ecografici:
- tipo I: bile ecogena immobile o ammassi ipoecogeni contro la parete della colecisti;
- tipo II: stellato incompleto;
- tipo III: stellato (tipico);
- tipo IV: stellato + kiwi con striature radiali;
- tipo V: kiwi + centro ecogeno residuo;
- tipo VI: kiwi completo1.

I calcoli biliari producono immagini intraluminali iperecogene associate a un cono d’ombra mentre i pigmenti biliari e i tappi di colesterolo forniscono immagini intraluminali iperecogene senza un cono d’ombra associato.
I segni ecografici di colecistite/colangite non sono molto specifici e comprendono un ispessimento abbastanza generalizzato della parete della cistifellea, talvolta con un aspetto della parete pseudo-stratificato (ipoecogena centrale), bile ecogena non organizzata, moderata dilatazione biliare, sedimento biliare, grasso perivescicolare e/o pericoledocale iperecogeno e una striscia di versamento perivescicolare.
Questi segni, spesso presenti in corso di infezione batterica, non sono tuttavia specifici della colecistite (si riscontrano anche in corso di insufficienza circolatoria destra, pancreatite acuta, ipoalbuminemia e tumori della cistifellea).
L’ecografia è utile anche per il monitoraggio della colecistite, perché consente l’osservazione della progressiva e completa regressione dei segni.
Esame ecografico in caso di rottura della cistifellea
Le cause più comuni di necrosi/rottura della colecisti sono i mucocele biliari, la colecistite e, più aneddoticamente, i calcoli biliari di grandi dimensioni e i tumori della colecisti.
Nel mucocele biliare sintomatico, il tasso di questa complicanza può raggiungere il 46%. L’estrusione di un mucocele biliare nella cavità peritoneale è un raro segno patognomonico.
I segni ecografici che portano a sospettarlo comprendono l’interruzione/alterazione della definizione della parete della colecisti, presenza di grasso peritoneale regionale iperecogeno, un versamento peritoneale.
Nonostante la buona specificità (81%-100%), l’ecografia convenzionale non consente di escludere la rottura della colecisti a causa della sensibilità moderata (dal 56% al 79%) di questi segni.
È stato segnalato che l’ecografia con mezzo di contrasto è molto sensibile e molto specifica nell’identificazione della necrosi e della rottura della colecisti, ma questo esame richiede l’esecuzione da parte di un operatore molto esperto per essere efficace e attualmente non viene eseguito nella pratica di routine.
Gestione medica delle patologie biliari
Può essere difficile scegliere tra un approccio medico o chirurgico.
La chirurgia delle vie biliari ha un elevato tasso di morbilità e mortalità (tra il 15% e il 42%).
Il trattamento chirurgico è necessario nei casi di rottura accertata o fortemente sospetta delle vie biliari, nei casi di colecistite enfisematosa o di gas libero nell’addome, in caso di segni importanti di infiammazione (ascite, iperecogenicità del tessuto adiposo perivescicolare) e in assenza di risposta a un trattamento medico adeguatamente condotto.
Nel caso del mucocele, la chirurgia sembra essere il trattamento di scelta per qualsiasi animale che presenti segni clinici. In tutti i casi trattati chirurgicamente si devono eseguire sistematicamente biopsie epatiche, oltre alla batteriologia biliare per una terapia antibiotica mirata.
Quando un mucocele viene scoperto incidentalmente, l’approccio dipende dal contesto clinico ed epidemiologico (in particolare dall’età del cane), dalla presenza di malattie concomitanti nonché dai risultati della biologia clinica e dell’imaging.
Per tutte le altre malattie biliari si può prendere in considerazione un trattamento medico, in
primo luogo una terapia antibiotica. Tenuto conto dell’esistenza di resistenze batteriche
relativamente frequenti (resistenza del 30% all’amoxicillina-acido clavulanico o alla cefalessina
per Escherichia coli), è sempre consigliato un antibiogramma.
In attesa dei risultati degli esami batteriologici, l’antibiotico scelto deve avere un ampio spettro
che copra batteri Gram+ e Gram- e aerobici/anaerobici. Di prima linea, si tratta di penicilline
potenziate con rapido rinforzo del trattamento in assenza di risposta clinica (aminoglicosidi, fluorochinoloni, metronidazolo).
Il trattamento viene iniziato preferibilmente per via endovenosa e attuato per una durata minima di 3-4 settimane. Inoltre, è opportuno gestire le patologie concomitanti in corso di mucocele, consigliando pasti frazionati e poveri di lipidi.
In assenza di un chiaro consenso, possono essere prescritti epatoprotettori, tuttavia l’acido ursodesossicolico rimane controindicato nell’ostruzione biliare extraepatica.
- Choi J, Kim A, Keh S. et al. Comparison between ultrasonographic and clinical findings in 43 dogs with gallbladder mucoceles. Vet Radiol Ultrasound. 2014;55(2):202-07.