Nel contesto della serie di meeting on line “Strategie vaccinali a supporto della salute degli animali da reddito” organizzata da FNOVI, si è tenuto il webinar intitolato “Suini e Salute: efficacia della vaccinazione e strategie vincenti nei protocolli di profilassi” a cura del dott. Michele Drigo (DVM, PhD, MSc, Università degli Studi di Padova).
Salute e immunità del suino
Parlando di salute, o di malattia, intesa come assenza di salute, si deve ricordare come essa sia il risultato dell’interazione bilaterale fra ospite e patogeno, nella quale occorre tenere presenti le caratteristiche dell’ospite, come la categoria dell’animale e gli aspetti immunitari correlati, e le caratteristiche del patogeno, determinando di quale si tratti, come esso si distribuisca temporalmente e all’interno delle popolazioni animali.
Questi due aspetti sono condizionati dal contesto ambientale, che comprende il management dell’allevamento, la biosicurezza e tutto quello che condiziona patogeno e ospite nella loro relazione. In tutto ciò, la vaccinazione deve essere considerata un proxy di salute che annulli o contenga la malattia.
La risposta immunitaria del suino
La risposta immunitaria del suino si compone di diversi livelli. Il primo livello è rappresentato dalla barriera di difesa fisica e umorale costituita dalla risposta mucosale. Essa ha lo scopo di mantenere l’agente estraneo all’esterno dell’organismo, impedendone l’ingresso.
Quando la risposta mucosale fallisce, si innesca la risposta innata che è la prima linea post-invasione composta da cellule fagocitiche e citochine proinfiammatorie che attivano la risposta adattativa.
La risposta adattativa rappresenta la seconda linea di intervento ed è di tipo cellulo-mediata e umorale.
A livello mucosale, la barriera è costituita da giunzioni cellulari strette e da uno strato mucoso interno (kill zone) dove si trovano peptidi antimicrobici e IgA, che determinano l’inattivazione della maggioranza dei patogeni e che solo alcuni microrganismi sono in grado di attraversare.
Nel caso in cui il suino sia soggetto a pressione infettiva precoce è importante assicurare l’immunità il prima possibile e sviluppare una buona componente del microbioma per diminuire la suscettibilità, coadiuvando l’attività di barriera a livello mucosale.
Le risposte innata e adattativa costituiscono due fasi, una conseguente all’altra. La risposta adattativa rappresenta la vera risposta immunitaria, ma non è immediata, in quanto richiede alcuni giorni per instaurarsi e questo dev’essere considerato al momento della vaccinazione. Nel suinetto prossimo alla nascita, le componenti della risposta innata e adattativa sono già acquisite, ma fortemente immature, quindi la resistenza all’infezione dipende dalla presenza di una risposta innata efficace determinata dall’assunzione di colostro, fondamentale in quanto i suinetti nascono senza anticorpi sierici.
Il colostro suino ha pressoché la stessa concentrazione di IgG del siero, ma dopo tre giorni il latte contiene principalmente IgA, che svolgono funzione mucosale. L’assorbimento in circolo delle tre principali classi anticorpali (IgG, IgM, IgA) dal colostro avviene massivamente nelle prime 12-24 ore, con il picco massimo di assorbimento entro 6 ore dalla nascita. Molti agenti sono in grado di interferire con la risposta immunitaria, soprattutto quella innata, favorendo l’insorgenza di infezioni secondarie.
La vaccinazione: puntare all’immunità di gruppo
Vaccinare significa “ingannare” il sistema immunitario, quindi attivarlo senza che si sia verificata l’infezione naturale e indurlo a mobilitare i meccanismi immunitari mimando la presenza dell’agente infettante. Questo inganno risulterà tanto migliore quanto in grado di riprodurre la reale attivazione del sistema immunitario.

Lo sviluppo di un programma vaccinale deve prendere in considerazione la valutazione dei rischi specifici di malattia, che si tratti di agenti endemici o di possibile introduzione, e l’effetto dell’immunità materna in relazione all’età di vaccinazione. Inoltre, si deve tenere conto del management aziendale, visto nella funzione di minimizzare l’esposizione agli agenti patogeni mediante igiene, tutto pieno/tutto vuoto, biosicurezza.
Tutto ciò deve favorire l’instaurarsi di una finestra temporale senza esposizione prima della vaccinazione.
Un programma vaccinale risulta efficace quando si instaura l’immunità di gruppo, intesa co me la quota di soggetti immuni presenti che è in grado di minimizzare l’impatto clinico della malattia, ridurre la suscettibilità all’infezione e velocizzare la clearance del patogeno, diminuendo la replicazione e la durata di eliminazione.
L’intervallo fra le vaccinazioni priming e booster deve essere almeno di tre settimane per consentire l’espansione clonale delle cellule T e B. Inoltre, è anche necessaria una fase di “selezione dei migliori rispondenti”, che impiega una settimana circa.
La via di somministrazione è condizionante
Sebbene la somministrazione del vaccino avvenga principalmente per via parenterale (con aghi adeguati sostituiti frequentemente), esistono altre vie di somministrazione come la via intradermica, che consente, senza l’utilizzo di aghi, la distribuzione del vaccino nello spessore del derma. Per la vaccinazione sottocutanea o intramuscolare, il punto di elezione è la fossetta retroauricolare, anche per evitare di danneggiare muscoli più pregiati dell’animale, mentre la via intradermica utilizza la regione perirenale, mammaria o retroauricolare.

La via di somministrazione condiziona la protezione immunitaria soprattutto a livello mucosale: le infezioni enteriche hanno bisogno di protezione attiva a questo livello, con produzione di IgA, e ciò è preferibilmente indotto attraverso vaccinazioni che arrivano per via mucosale – come aerosol-, orale o mammaria, in quanto la risposta sia umorale che cellulo-mediata viene diretta verso il circolo sanguigno e i tessuti, risultando quasi assente a livello mucosale.
Strategie diverse possono essere l’utilizzo di un vaccino MLV (Modified Live Virus, virus vivo attenuato) somministrato per via parenterale che replica a livello mucosale o l’uso di alcuni vaccini inattivati che sfruttano l’adiuvante per la produzione di IgA. Da tutto ciò deriva che la scelta della via di somministrazione dev’essere pianificata a seconda di quanto si voglia ottenere da una vaccinazione.
Le tipologie di vaccini

Esistono diverse tipologie di vaccini.
- I vaccini vivi attenuati (MLV), da somministrare per via parenterale e mucosale, sono ottenuti mediante attenuazione del patogeno e mantengono la capacità di replicare e diffondere.
- I vaccini inattivati, da somministrare per via parenterale, necessitano dell’aggiunta di un adiuvante per potenziare lo stimolo antigenico e vengono ottenuti inattivando l’agente con processi chimico-fisici.
- I vaccini a subunità e a virus vettore (DNA ricombinante) utilizzano un antigene prodotto in sistemi di espressione procarioti o eucarioti mediante la tecnica del DNA ricombinante, e necessitano di un buon adiuvante che ne aumenti l’immunogenicità. Sono caratterizzati da elevata sicurezza.
- I vaccini stabulogeni sono ottenuti mediante coltivazione di un patogeno specifico di allevamento, inattivazione e aggiunta di adiuvante. Sono molto specifici, ma rischiano di essere dotati di scarsa immunogenicità e richiedono lunghi tempi di produzione. Tuttavia, a volte rappresentano l’unica soluzione in caso di agente ad alta varia bilità genetica e scarsa cross-reattività. Un tipo particolare di vaccino stabulogeno è l’esposizione all’agente di campo, per esempio acclimatando le scrofette verso PRRSV residente, in un momento lontano dalla riproduzione, con lo scopo di uni formare la temporalità di infezione e ottenere la negativizzazione prima dell’entrata in riproduzione. È un metodo che comporta dei rischi e che può funzionare solo in presenza di stipiti virali poco virulenti.
- L’antigene vaccinale può anche essere inglobato in nanoparticelle, polimeri biodegradabili che proteggono dalla proteolisi a livello mucosale, soprattutto respiratorio, favorendo la captazione da parte delle cellule immunitarie mucosali. Da somministrare per via parenterale, consentono un graduale e prolungato rilascio di antigene stimolando un’attivazione immunitaria prolungata.
I vaccini disponibili per il suino
- Contro la circovirosi vengono utilizzati vaccini inattivati costituiti da virus intero, subunità, DNA ricombinante o virus vettore. È possibile vaccinare le scrofe e i suinetti, per i quali occorre conoscere la dinamica di circolazione virale. Questi vaccini possono essere combinati: esistono vaccini bivalenti con Mycoplasma hyopneumoniae oppure miscelabili con valenze contro Lawsonia, PRRSV e M. hyopneumoniae.
- Contro la PRRS i vaccini sono quasi tutti MLV, in quanto gli inattivati risultano scarsamente immunogeni e vengono utilizzati come booster. Sono ampiamente utilizzati soprattutto per garantire stabilità dell’allevamento e devono necessariamente far parte di un insieme di azioni manageriali di controllo e biosicurezza, soprattutto esterna.
- Nel caso dell’influenza suina vengono utilizzati vaccini inattivati per ridurre i segni clinici e la carica virale a livello polmonare in seguito all’infezione.
- La parvovirosi viene contrastata con vaccini inattivati e il target è vaccinare scrofe e scrofette per proteggere il feto da infezione transplacentare prima che acquisti l’immunocompetenza (70 giorni). Esistono formulazioni singole, ma anche molte combinazioni.
- I vaccini inattivati contro la leptospirosi con tengono batterine di serovarianti multiple più epidemiologicamente rilevanti, similmente a quanto avviene nei vaccini per il mal rosso, mentre nel caso della pleuropolmonite contagiosa i vaccini contengono sia batterine che tossoidi per proteggere dai danni provocati dalla malattia.
- Vengono utilizzati vaccini inattivati anche per polmonite enzootica, rinite atrofica, polisierositi e streptococcosi. In quest’ultimo caso, l’offerta vaccinale è scarsa perché la grande variabilità epidemiologica dei sierotipi circolanti ha complicato l’offerta dei vaccini commerciali.
- La diarrea neonatale e post-svezzamento è una condizione patologica molto precoce nel suinetto sottoscrofa per colonizzazione verticale, in presenza di mucosa intestinale immatura e microbioma non perfettamente sviluppato. È fondamentale che i suinetti assumano il colostro per attivare precocemente l’immunità mucosale, così come precocemente devono essere somministrati i vaccini.
- L’enterite necrotico-emorragica è una con dizione patologica molto precoce nel suinetto sottoscrofa per colonizzazione verticale, in presenza di mucosa intestinale immatura e presenza di Clostridium perfringens tossigeni di tipo C. Il target è l’immunizzazione di scrofe e scrofette per assicurare trasferimento passivo precoce di anticorpi contro la tossina necrotizzante.
- La vaccinazione contro l’ileite, o enteropatia proliferativa, può avvenire mediante utilizzo di vaccino inattivato o vivo attenuato, per via orale. Tuttavia, essa non protegge dall’infezione, limitandosi a contrastare il danno da malattia enterica e garantire omogenei incrementi ponderali giornalieri.
Il caso del complesso respiratorio del suino
Lo sviluppo del PRDC (Porcine Respiratory Disease Complex) è causato da un’interazione fra patogeni. Esistono vari livelli in cui svariati patogeni possono agire creando un danno all’apparato mucociliare, determinando immunosoppressione, alterando la risposta delle citochine e la risposta macrofagica. Ciò va considerato nella sequenza in cui i diversi agenti si inseriscono nella specifica situazione epidemiologica, determinando un effetto additivo o sinergico a seconda che gli effetti si sommino o si moltiplichino.
- Ad esempio, in campo batterico M. hyopneumoniae può interagire sia con Pasteurella multocida, aumentando la gravità della polmonite, sia con Actinobacillus pleuropneumoniae, diminuendo l’attività fagocitica dei macrofagi; mentre Bordetella bronchiseptica ha un effetto sinergico sia in associazione a P. multocida, in quanto predispone alla colonizzazione di Pasteurella in maniera massiva determinando rinite atrofica, sia in associazione con Haemophilus parasuis nel determinare la polisierosite, o malattia di Glasser.
- Per quanto riguarda l’interazione tra virus, il PRRSV ha effetto additivo con coronavirus respiratorio e virus influenzale, mentre ha un effetto sinergico con il circovirus tipo 2, agendo come immunostimolatore sistemico o interferendo con l’eliminazione di PCV2.
- Esistono anche interazioni miste, come quella fra PRRSV e streptococco, o PRRSv e M. hyopneumoniae, oppure come l’interazione sinergica tra M. hyopneumoniae e PCV2 che sfocia in un complesso respiratorio grave dovuto all’aumento di espansione clonale del circovirus. Quest’ultima interazione tra M. hyopneumoniae e PCV2 è tra le più studiate anche per l’aspetto epidemiologico endemico che li caratterizza.
M. hyopneumoniae e PCV2, un’interazione tra le più studiate
Modelli sperimentali hanno dimostrato che Mycoplasma potenzia le lesioni polmonari e linfoidi causate da PCV2, soprattutto in caso di infezione sequenziale a due settimane di distanza. La malattia si presenta con ipertermia, calo dell’IPG, tosse e polmonite. Ne deriva la necessità di vaccinare precocemente e, per questa ragione, sono stati condotti molti studi per cercare di determinare quale sia il possibile ruolo dell’immunità materna nell’interferenza con una vaccinazione troppo precoce.
È stato notato che tale interferenza si riflette soprattutto sul titolo anticorpale, parametro misurabile, ma questa non dà una buona stima dell’efficacia della risposta immunitaria, in quanto è la stimolazione cellulo-mediata che interessa la riuscita della vaccinazione. Alcuni studi hanno quindi dimostrato l’efficacia della vaccinazione precoce nonostante la presenza di immunità materna.
Laddove siano presenti Mycoplasma e circovirus la vaccinazione deve prevedere entrambi i patogeni, in quanto la vaccina zione singola protegge solo dallo specifico patogeno, mentre i vaccini combinati si sono dimostrati in grado di diminuire drasticamente i segni clinici e le lesioni tipiche dell’infezione combinata.
Se la vaccinazione non funziona?
A volte i vaccini non funzionano come dovrebbero. Una delle motivazioni alla base di questo insuccesso può essere legata alla presenza dell’immunità materna, nel caso in cui ci si trovi in quella finestra temporale tra interferenza ancora presente e scarsa reattività immunitaria.
Altre ragioni possono essere correlate al momento della vaccinazione, in quanto servono alcuni giorni per attivare la reazione immunitaria dopo la vaccinazione, e infezioni contemporanee alla vaccinazione vengono erroneamente considerate insuccessi vaccinali o addirittura danni da vaccino. Altri motivi di insuccesso sono la cross-protezione, la conservazione o gestione impropria del vaccino o una disfunzione immunitaria, che però riguarda casi isolati, con scarsa rilevanza a livello di gruppo.
Prevenire è meglio che curare
Il vaccino non è solo uno strumento di profilassi, ma anche e soprattutto uno strumento di management. La vaccinazione, nel suino, parte dai protocolli e deve adattarsi sulla base delle caratteristiche note delle singole situazioni e limitazioni. Gli agenti patogeni, inoltre, sono attivi e dinamici: bisogna quindi essere pronti a modificare ciò che fino a poco prima funzionava.
Considerate le sempre maggiori limitazioni all’utilizzo di antimicrobici, affrontare una patologia batterica con antibiotici significa che si sta intervenendo troppo tardi, anche se vaccinare significa scommettere sul futuro e talvolta ciò è frustrante. Ci si trova, infatti, a dover risolvere problemi contingenti in situazioni di crisi, dove ci si aspettano risposte pronte, anche quando non è possibile averle se non dopo un necessario lasso di tempo di evoluzione biologica nell’interazione tra patogeno e ospite.