La giornata di studio della Società Italiana di Patologia e Allevamento dei Suini (SIPAS) per il 2023 è stata interamente dedicata alla streptococcosi del suino1, con il confronto di diverse esperienze.
La comparazione fra la realtà italiana e olandese ha evidenziato come, allo stato dell’arte, risulti impossibile eradicare Streptococcus suis dagli allevamenti, siano essi di grandi o piccole dimensioni, intensivi o semibradi, ma occorre mettere in atto una serie di stratagemmi per evitare che la presenza di questo batterio diventi insostenibile per la produttività e la redditività dell’allevamento.
Dopo l’apertura dei lavori e presentazione della giornata da parte del Presidente SIPAS, Andrea Luppi (IZS Lombardia ed Emilia Romagna, sezione di Parma), si è aperta la prima sessione.
Streptococcus suis nel suino
Il prof. Vittorio Sala (Malattie Infettive degli Animali Domestici presso l’Università degli Studi di Milano) ha fornito un quadro delle infezioni da S. suis nel suino ripercorrendone la storia, descrivendone l’attualità e valutando le prospettive per il futuro, ponendo l’accento sul fatto di come si tratti di un problema ancora ben lontano dall’essere risolto.
La storia di S. suis è cominciata più di 70 anni fa con la prima segnalazione avvenuta in Olanda nel 1951. La malattia è stata in seguito segnalata in Gran Bretagna nel 1954 e negli anni ‘80 si sono susseguite le identificazioni di molteplici sierotipi.
I fattori di patogenicità
Se conoscere quale sia il sierotipo circolante su un determinato territorio è importante, ancora più rilevante è sapere quale sia il suo grado di virulenza. Per definizione, la virulenza è la capacità che ha un patogeno di localizzare, replicare e persistere in siti ospiti inaccessibili alle specie commensali. Per S. suis non esiste un criterio condiviso per la definizione di virulenza degli isolamenti e nella maggior parte dei casi di streptococcosi ci si basa sulla gravità della condizione clinica dell’animale di provenienza. È quindi inutile domandarsi se S. suis circola in un allevamento, ma occorre valutare come e in quale grado esplica la sua patogenicità, ossia quanto danno può arrecare.
La patogenicità di S. suis è correlata a fattori classici, come l’attività anti-fagocitaria, anti-immunitaria e di adesione. Esiste una correlazione fra vitalità e virulenza, in quanto quest’ultima si può esprimere solo in condizioni di piena vitalità dal batterio.
Del resto, non è corretto ritenere che i ceppi acapsulati siano sprovvisti di patogenicità, in quanto in realtà sono dotati di maggiore adesività, invasività e, soprattutto, di capacità biofilmogena. Una delle conseguenze della streptococcosi, l’endocardite valvolare, ad esempio, è basata sulla formazione di biofilm, che garantisce l’evoluzione della lesione e la presenza in sito del batterio. Inoltre, il biofilm è una strategia che aumenta la resistenza e persistenza in ambiente del microrganismo ed è connesso ai fenomeni di trasmissione dell’antibiotico-resistenza.
La streptococcosi suina
Nel suino la colonizzazione avviene di solito nelle prime fasi di vita; la via di trasmissione orizzontale più frequente è il contatto oro-nasale o naso-vaginale, e la via aerogena.
Una volta infettato l’ospite, S. suis si localizza nelle tonsille e nel primo tratto respiratorio e
provoca malattia nei suinetti fra le 6 e le 10 settimane di età, che manifestano meningiti (in caso di batteriemia e superamento della barriera emato-encefalica), endocarditi, poliseriositi, artriti, setticemia e polmoniti. Le manifestazioni cliniche della streptococcosi sono più frequenti al momento del rimescolamento e abbastanza rare nei suinetti con localizzazione tonsillare. Dopo 21-24 giorni dallo svezzamento il batterio è presente anche nel tratto gastro-enterico, che può essere considerato un sito secondario di infezione. Il tasso di mortalità dipende dal sierotipo ed è maggiore per il sierotipo 2 rispetto al 9.
Le strategie di controllo della streptococcosi sono date dalla terapia antibiotica e dalla vaccinazione, ma soprattutto dall’attuazione di misure gestionali, la cui applicazione consente di ridurre sia i casi di meningite acuta che gli scarti nel ciclo. In particolare, è consigliabile attuare la gestione in bande, il pareggiamento separato per le primipare, la valutazione delle lesioni tarsiche allo svezzamento e la formazione di gruppi di svezzamento “primipare-derivati”.
L’eradicazione non è realizzabile, ma identificare i fattori di amplificazione dell’infezione in allevamento può ridurre incidenza e gravità delle forme cliniche e del danno produttivo.
L’esperienza olandese: un piano su due fronti
Tijs Tobias (Royal GD Animal Health, Deventer, Olanda) ha condiviso l’esperienza olandese in merito alla streptococcosi del suino. In Olanda il problema si è presentato prima che in Italia e, con le norme sempre più restrittive sull’uso degli antibiotici, allevatori e medici veterinari hanno dovuto imparare a conviverci. Infatti, con l’aumento dei rinvenimenti di batteri multiresistenti nei confronti anche di 6-7 molecole, nel 2011 è stata approvata una norma che prevedeva la riduzione del 50% dell’utilizzo di antibiotici in 2 anni. Sono stati così creati dei formulari, aggiornati ogni 3-5 anni, con l’elenco dei farmaci che possono essere utilizzati nel trattamento del suino.
È stato utilizzato un approccio multidisciplinare al problema “streptococcosi”, con la creazione di linee guida per i veterinari e progetti di formazione per gli allevatori, con particolare attenzione agli aspetti relativi all’utilizzo prudente degli antimicrobici e alle misure di biosicurezza.
Il piano di controllo olandese consta di un approccio su due fronti: da un lato le misure che agiscono sul rischio di infezione e dall’altro le strategie per migliorare la situazione immunitaria.
Il rischio di infezione si può ridurre lavorando sui corretti flussi degli animali, combattendo le coinfezioni, aumentando il livello di igiene dell’allevamento e implementando le misure di biosicurezza.
Dal punto di vista immunitario, una somministrazione corretta del colostro è fondamentale anche per la successiva efficacia della vaccinazione. Inoltre, occorre cercare di ridurre i fattori stressanti: il momento dello svezzamento è una situazione decisamente stressante per il suinetto; per questo in Olanda c’è la tendenza ad aumentare l’età di svezzamento fino a 28-35 giorni, quando il sistema immunitario più maturo può contrastare più efficacemente le avversità. Si parla addirittura di portare l’età di svezzamento a 42 giorni per legge.
L’esperienza olandese dimostra che l’utilizzo di antimicrobici per nella streptococcosi può essere ridotto, con una ripercussione molto positiva sulla frequenza nell’isolamento di batteri multiresistenti. Il ricorso a strumenti quali lo sviluppo di linee guida, l’utilizzo di nuove tecniche diagnostiche, come la spettroscopia a infrarossi per identificare i sierotipi, e la vaccinazione può aiutare a fronteggiare le infezioni da S. suis.
La dieta nella lotta alla streptococcosi
Jan Dirk van der Klis (Arctium lappa Consultancy, Olanda) ha menzionato alcune strategie nutrizionali volte ad aumentare la resilienza dei suinetti per poter controllare l’infezione da S. suis, rilevante anche perché si tratta di una zoonosi emergente. Globalmente, il sierotipo 2 predomina fra gli isolamenti da suini e uomini malati, ma a livello europeo il sierotipo predominante fra i suini è il 9.
La trasmissione all’essere umano avviene attraverso uno stretto contatto con suini malati o a causa del consumo di carne di maiale insufficientemente cotta. L’infezione può determinare meningiti, setticemia, endocarditi e artriti. I fattori di virulenza di S. suis sono ospite-dipendenti.
Il dismicrobismo intestinale che colpisce spesso il suinetto dopo lo svezzamento aumenta la permeabilità enterica e favorisce il trasferimento del batterio nei polmoni. In realtà, la salute intestinale e respiratoria presentano molte più connessioni di quanto si ritenga ed esistono misure nutrizionali che possono aumentare la resilienza respiratoria.
S. suis esprime la sua patogenicità a seguito di uno stress che può essere correlato alla situazione di infiammazione locale che si verifica dopo lo svezzamento, al dismicrobismo intestinale o a infezioni concomitanti, come nel caso del virus della PRRS o della PED.
L’alimentazione può assumere una grande importanza per combattere la streptococcosi. L’integrazione di fibra nella dieta della scrofa nell’ultimo periodo di gestazione favorisce l’aumento dell’incremento ponderale giornaliero, aumenta la produzione di colostro e la sua concentrazione in IgA, mentre l’introduzione troppo precoce delle proteine della soia nella dieta di un suinetto può creare dei problemi a causa dei fattori anti-nutrizionali in essa contenuti, come gli inibitori della tripsina, lectine indigeribili e fattori ipersensibilizzanti.
Per integrare la dieta del suinetto ci sono diverse possibilità. Sono stati condotti degli studi sull’utilizzo di glicerolo monolaurato, un acido grasso esterificato che può essere trasferito dal latte della scrofa ai suinetti, e sono state osservate le sue proprietà antibatteriche e antivirali, utili per ridurre le coinfezioni. Una supplementazione di N-acetil cisteina migliora le proprietà della barriera intestinale, riducendo la permeabilità delle tight junction e la catelicidina può intervenire nel miglioramento della salute intestinale. È stato anche osservato come i suinetti che ricevono un’integrazione con latte artificiale abbiano tassi proteici più alti e una riduzione delle citochine proinfiammatorie, con conseguente miglioramento della salute intestinale.
Le strategie nutrizionali sono volte al mantenimento dell’integrità intestinale e dell’immunità e al controllo dell’infiammazione e dell’ossidazione indotte dalla streptococcosi. Possono essere utilizzati, a tal fine, probiotici, aminoacidi funzionali, acidi organici, sostanze fitogeniche o mangimi particolari ricchi in proteine e grassi altamente digeribili, granulometria idonea e capacità tampone.
Streptococcosi e antibioticoresistenza
Oltre al fatto che S. suis causa sepsi e meningite nei suini e nell’uomo, ed è quindi classificabile come agente di zoonosi, le streptococcosi suine sono responsabili di ingenti perdite economiche nella produzione suinicola. Per contrastare tale situazione si ricorre all’uso di antibiotici, al punto che, da oltre tre decenni, il maggior impiego di tali sostanze nei suinetti è dovuto proprio a tali infezioni, con una conseguente maggior diffusione di meccanismi di antibioticoresistenza.

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Purtroppo, la mancanza di vaccini efficaci per prevenire la malattia ha favorito l’ampio uso di antibiotici in tutto il mondo. Streptococcus suis è infatti considerato uno dei più importanti agenti batterici riemergenti nel settore suino al tempo delle restrizioni antimicrobiche e nuovi sistemi di produzione antibiotic-free hanno contribuito al riemergere di questo patogeno. A parlane, Francesca Romana Massacci (IZS Umbria e Marche) che ha esposto i punti principali a riguardo.
- Nonostante gli sforzi per individuare antigeni efficaci a scopo vaccinale, fino ad oggi i vaccini disponibili per S. suis non hanno sempre dato risultati soddisfacenti. Le streptococcosi sono quindi una delle principali cause dell’uso di antimicrobici nei suinetti, con le conseguenti problematiche legate allo sviluppo di resistenze
- Per quanto riguarda i dati storici di antibioticoresistenza in S. suis, si registra una resistenza costante in alta percentuale alle tetracicline, una resistenza più variabile ai sulfamidici, macrolidi e lincosamidi
- I beta-lattamici rimangono efficaci nel controllo della streptococcosi
- Poiché S. suis porta con sé elementi genetici mobili simili a quelli di altre specie, può contribuire alla diffusione di geni di antibioticoresistenza in ceppi di Streptococcus spp. isolati da uomo, agendo come reservoir. Preoccupante in tal senso è stato l’isolamento, durante una ricerca dell’IZS Umbria e Marche, di 2 ceppi di S. suis resistenti al florfenicolo. Il meccanismo di resistenza a questa molecola, infatti, è simile a quello che viene
sviluppato verso gli ossazolidinoni, utilizzati in umana nel trattamento delle infezioni da G+ multiresistenti. - In Italia, si stanno diffondendo cloni di S. suis sierotipo 9 caratterizzati da una ridotta sensibilità ai beta lattamici. Tuttavia si ritiene che la maggiore attenzione nell’utilizzo degli antibiotici stia dando risultati positivi nel contrastare i fenomeni di antibioticoresistenza.
La vaccinazione è un’opzione?
Fausto Vezzoli (IZS della Lombardia ed Emilia Romagna, sez. di Lodi) ha trattato l’utilizzo della vaccinazione nel controllo della streptococcosi che assume un valore particolare vista la diffusione delle resistenze antimicrobiche.
S. suis risiede asintomaticamente nel tratto respiratorio superiore, nell’intestino e nei genitali dei maiali come parte del normale microbiota. I suinetti possono essere colonizzati mediante trasmissione orizzontale (contatto naso-naso) e verticale (contatto naso-vagina durante il parto), e il tasso di colonizzazione può raggiungere il 100%. Tuttavia, le lesioni prodotte non sono determinate dal sierotipo ma dipendono da fattori di virulenza che hanno caratteristiche uniche in termini di sierotipo, tipo di sequenza, potenziale zoonotico e sintomatologia clinica.
Questa estrema variabilità è uno dei motivi per cui è così difficile creare un vaccino. Eppure, per ridurre l’uso di antimicrobici, la prevenzione della malattia dovrebbe concentrarsi sulla gestione dei fattori predisponenti e sulle vaccinazioni. Sebbene la ricerca abbia candidato diversi antigeni, finora non è stato commercializzato alcun vaccino universalmente efficace contro S. suis, ma ulteriori ricerche potrebbero portare allo sviluppo di vaccini a subunità.
I vaccini stabulogeni
Gli unici vaccini disponibili utilizzati in condizioni di campo contro la streptococcosi sono vaccini stabulogeni, ottenuti dagli isolati predominanti in un allevamento a partire da campioni dei suini dell’allevamento stesso, prodotti da laboratori autorizzati e somministrati nel medesimo allevamento. Tuttavia, la protezione fornita da questo tipo di vaccini è ceppo-specifica e spesso imprevedibile.

I principali inconvenienti sono associati alla elevata diversità di antigeni prodotti da S. suis, alla perdita di struttura di molti antigeni durante l’inattivazione cellulare richiesta dal processo di produzione, e alla necessità di un costante monitoraggio dei soggetti sintomatici, indispensabile per individuare precocemente l’ingresso di sierotipi non coperti dal vaccino in uso.
Per creare un vaccino stabulogeno, il primo passo è la diagnosi, che può essere clinica, anatomopatologica o batteriologica. La tipizzazione è possibile solo dopo l’isolamento da campioni diagnostici, quali la carcassa, il cervello e il liquido cefalorachidiano; mentre gli isolati ottenuti da polmone non dovrebbero essere inclusi nella preparazione del vaccino, in quanto sono considerati infezioni secondarie. Per valutare l’efficacia della vaccinazione nei confronti della streptococcosi, uno strumento pratico e utile potrebbe essere la valutazione della diminuzione dell’utilizzo di antimicrobici in allevamento.
- Parma, 13/10/2023: Streptococcosi nel suino: esperienze a confronto. Organizzato da SIPAS ↩︎