Si è tenuto presso la sede aziendale di Ascoli Piceno di CIAM un incontro formativo1 rivolto ai medici veterinari durante il quale la dott.ssa Maria Cristina Pincelli (DVM GpCert of Ophthalmology ISVPS, professore a contratto Dipartimento Medicina Veterinaria dell’Università degli studi di Teramo) ha fornito un aggiornamento pratico sulle principali indicazioni d’uso, efficacia clinica e potenzialità della linea di supporto oftalmico Ancaria, per la salute oculare degli animali da compagnia.
Cenni di anatomia funzionale delle palpebre e annessi
Le palpebre svolgono un ruolo essenziale nella protezione e nel mantenimento della salute della superficie oculare. Strutture mobili costituite da cute, muscoli, connettivo e mucosa, le palpebre sono una barriera fisica e dinamica che protegge il bulbo oculare da traumi meccanici, disidratazione e agenti patogeni.
Oltre alla funzione protettiva, concorrono alla distribuzione del film lacrimale, al suo rinnovamento e al drenaggio delle lacrime attraverso il sistema lacrimale.
Anatomicamente, le palpebre sono suddivise in tre strati principali:
- strato cutaneo esterno;
- strato muscolare, composto principalmente dal muscolo orbicolare dell’occhio, che consente il movimento di chiusura;
- strato tarsale interno, che contiene le ghiandole di Meibomio (ghiandole tarsali), responsabili della produzione della componente lipidica del film lacrimale.
La superficie interna è tappezzata dalla congiuntiva palpebrale, una mucosa ricca di cellule caliciformi che producono muco, fondamentale per la stabilità e l’adesione del film lacrimale alla cornea. A queste si aggiungono le ghiandole di Zeis (sebacee modificate associate ai follicoli ciliari) e le ghiandole di Moll (apocrine sudoripare), che contribuiscono alla secrezione palpebrale.
È presente anche la ghiandola lacrimale accessoria della terza palpebra che, insieme alla ghiandola lacrimale principale, fornisce la maggior parte della componente acquosa del film lacrimale.
La vascolarizzazione delle palpebre è abbondante
Le palpebre presentano un’abbondante vascolarizzazione, elemento chiave sia nella risposta infiammatoria locale che nei processi di guarigione. Il rifornimento arterioso è garantito principalmente dai rami delle arterie angolari dell’occhio, infraorbitarie e lacrimali, derivanti a loro volta dalla carotide esterna. Le reti arteriose formano un ricco plesso vascolare superficiale e profondo, che anastomizza tra i margini palpebrali superiore e inferiore.
Il drenaggio venoso avviene tramite le vene sovraorbitarie e infraorbitarie, che confluiscono nel plesso facciale e oftalmico. La vascolarizzazione abbondante rende le palpebre soggette a edemi marcati in corso di infiammazione ma, al contempo, ne favorisce una rapida rigenerazione tissutale in caso di lesione o intervento chirurgico.
L’integrità dell’innervazione è indispensabile
L’innervazione delle palpebre è affidata a componenti sia sensitive che motorie, e risulta fondamentale per il corretto riflesso palpebrale, per la protezione corneale e per il mantenimento dell’integrità oculare. L’innervazione sensitiva è fornita principalmente dal nervo trigemino (V paio cranico), in particolare il ramo oftalmico (nervo sopraorbitario) per la palpebra superiore e la regione mediale e il ramo mascellare (nervo infraorbitario) per la palpebra inferiore e la porzione laterale.
L’innervazione motoria della muscolatura orbicolare è mediata dal nervo facciale (VII paio cranico), che consente la chiusura attiva delle palpebre. Un suo deficit, come nelle paralisi facciali periferiche, determina lagoftalmo e predisposizione a ulcerazioni corneali. Il muscolo elevatore della palpebra superiore, invece, è innervato dal nervo oculomotore (III paio cranico), permettendo l’apertura della palpebra. L’integrità di questi nervi è indispensabile per una corretta funzione riflessa e volontaria dell’apparato palpebrale, e il loro coinvolgimento in patologie neurologiche può condurre a blefarospasmo, ptosi o paralisi palpebrale.
Le patologie oculari più comuni: un approccio multimodale
Tra le patologie che possono colpire le palpebre e gli annessi si trovano blefariti e congiuntiviti che presentano le tipiche manifestazioni dell’infiammazione con rubor, calor, tumor, dolor e functio laesa (rossore, calore, gonfiore, dolore e alterazione funzionale).
Il riconoscimento della presenza di dolore, definito come “esperienza sgradevole associata a un danno tissutale”, è fondamentale. In Medicina Veterinaria la soglia e la percezione del dolore associata alle differenti lesioni patologiche può essere interpretata attraverso una diagnosi presuntiva e deduttiva.
I segni clinici e le lesioni più frequenti in caso di blefarite sono:
- Desquamazione
- Iperemia
- Alopecia
- Edema
- Prurito
- Dolore
- Papule
- Macule
- Pustole, croste, ulcere
Anche negli animali, infatti, la risposta al dolore è variabile; essa può manifestarsi con isolamento, riluttanza al movimento, anoressia, autotraumatismo. In caso, ad esempio, di blefarospasmo le manifestazioni algiche più spesso associate sono lo sfregamento, l’ammiccamento, e la produzione di scolo lacrimale.
Focus sulle blefariti
Le cause di blefarite possono essere diverse, è quindi importante un’accurata anamnesi, anche ambientale, soprattutto qualora il sospetto diagnostico cada sulle forme allergiche (la blefarite si rileva spesso associata a dermatite su base allergica).
- Tra le eziologie di blefarite sono comprese cause infiammatorie primarie come orzaiolo, calazio e meibomite. Le tre forme sono accomunate dalla sede ma sono variabili la componente algica e la componente microbiologica coinvolta.
- La conformazione anatomica (es: brachicefali) predispone a blefariti.
- Tra le cause secondarie di origine immunomediata (associate a manifestazioni dermatologiche e oculari) sono stati poi annoverati il lupus e il pemfigo, per i quali i segni clinici sono ascrivibili a dermatiti e anche a patologie oculari quali uveite.
- Le forme di blefarite parassitaria hanno invece come agenti eziologici Sarcoptes scabei, Demodex canis, Leishmania infantum (segnalata nel 24,4% dei casi).
- Ulteriori cause secondarie di blefariti sono le infezioni micotiche e le forme seborroiche.
L’ausilio di indagini diagnostiche quali esami microbiologici, ematobiochimici, sierologici, test allergici, Schirmer tear test è importante nell’iter diagnostico per definire le possibili diagnosi differenziali.
Giunti alla diagnosi di blefarite, la terapia attuabile prevede l’impiego di farmaci ad azione sistemica (antiinfiammatori, antibiotici, antiparassitari, antimicrobici, cortisonici) e topica.
Tra i prodotti della linea Ancaria utilizzabili per il trattamento delle blefariti si trovano:
- la formulazione spot-on con passiflora, canapa, ceramidi, alfabisabololo;
- la formulazione in compresse con passiflora, acido linoleico, EPA-DHA.
I casi clinici gestiti con Ancaria
Un momento centrale della relazione della dott.ssa Pincelli è stato dedicato alla presentazione di case report documentati, in cui l’utilizzo dei prodotti Ancaria ha affiancato con successo protocolli terapeutici tradizionali. È stata sottolineata l’importanza di affiancare la terapia farmacologica con prodotti di supporto non farmacologici ma clinicamente efficaci, soprattutto nei casi in cui non è possibile somministrare corticosteroidi o immunosoppressori.

“Kitty”
Kitty è una gatta di razza Comune europeo dell’età di 3 anni condotta a visita in quanto presenta una “macchia rossa” sulla palpebra destra da qualche settimana. La lesione è alopecica, con squame e detriti, e la cute ha assunto una colorazione rosso intenso. Alla palpazione non viene rilevato dolore.

La lesione, di tipo erosivo-ulcerativa, comprende tra le diagnosi differenziali: sfregamento, ulcera corneale, necrosi, ustione da candeggina, parassitosi (acariasi, rogna).
Vengono effettuate le seguenti indagini diagnostiche:
- visita neuroftalmologica;
- Schirmer tear test;
- test con fluoresceina;
- test con rosa bengala;
- misurazione della pressione oculare;
- palpazione;
- raschiato cutaneo;
- ispezione con lampada di Wood.
Sovrapponendo gli esiti delle indagini diagnostiche all’anamnesi, viene posta la diagnosi di dermatite allergica. In questo caso la terapia topica con Ancaria® spot-on ha determinato in 14 giorni un significativo e visibile miglioramento.

“Gioia”
Gioia è un cane Yorkshire terrier femmina di 6 anni che si presenta a visita con una lesione erosiva cutanea del canto mediale dell’occhio destro.

Tra le diagnosi differenziali vengono inclusi: grattamento, aumento della lacrimazione (epifora), cheratocongiuntivite secca, ulcera corneale, scarse condizioni igieniche, parassitosi, allergia.
Vengono eseguite le seguenti indagini diagnostiche:
- visita neuroftalmologica;
- Schirmer tear test;
- test con fluoresceina;
- test con rosa bengala;
- misurazione della pressione oculare;
- palpazione;
- raschiato cutaneo;
- tricogramma;
- citologia.
Viene stabilita la diagnosi di epifora per inadeguato drenaggio del dotto nasolacrimale, e viene impostata una terapia topica con Ancaria® spot-on, ottenendo un netto miglioramento della lesione cutanea nell’arco di 30 giorni.

- Ascoli Piceno, 5/4/25. APERICIAM FOR VET- Applicazione dei prodotti della linea Ancaria in oftalmologia veterinaria. Organizzato da CIAM. ↩︎