Il secondo webinar1 del ciclo denominato “Il latte in testacoda” promosso da FNOVI è stato incentrato sulla sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti lattiero-caseari, ovvero il latte trasformato.
Il relatore, Paolo Daminelli (microbiologo dell’IZSLER), ha esordito mostrando i risultati di un’indagine sui pericoli microbiologici associati al consumo di latte crudo effettuata nel 2011 che ha riscontrato livelli di prevalenza molto bassi (<1%) per Salmonella spp. e Listeria monocytogenes (nonostante il numero di campioni fosse statisticamente significativo). Per E. coli verocitotossici (VTEC) e Campylobacter jejuni, salvo rarissime eccezioni, la situazione era sovrapponibile.
Essendo questi patogeni un rischio per il consumatore, risultati di questo tipo portano a ridefinire i punti critici di processo durante la fase di trasformazione del latte in formaggio.
Maturazione del latte in caldaia
L’affioramento e la maturazione del latte in caldaia sono fasi estremamente importanti, anche se non comuni a tutte le trasformazioni, e sono tipiche in particolare dei formaggi a lunga stagionatura a latte crudo, come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. Non si utilizzano quasi più vasche di affioramento aperte ma vengono usati affioratori perfettamente coibentati. Dal punto di vista del processo, nell’affioramento e nella maturazione del latte in caldaia si possono riconoscere criticità e punti di forza.

© P. Daminelli
Criticità
Sono rappresentate dall’utilizzo del latte crudo, a causa di tutto ciò che potrebbe contenere, e dalla temperatura di affioramento. Infatti, ad esempio, i disciplinari di produzione del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano indicano che l’affioramento può avvenire a temperature comprese tra 18 e 25-27 °C per periodi particolarmente prolungati che possono raggiungere anche le 12 ore. Esistono inoltre dei pericoli biologici, quali le forme vegetative di Staphylococcus aureus, batteri sporigeni, come Bacillus cereus, o microrganismi particolarmente termoresistenti come Mycobacterium paratuberculosis.
Punti di forza
Sono paradossalmente legati alle criticità: il latte è infatti un prodotto vivo, con una propria carica batterica ben caratterizzata (flore lattiche) e le stesse temperature a prima vista considerate una criticità sono in grado di attivare le flore lattiche fino a ottenere delle curve di acidificazione che rappresentano uno dei primi ostacoli allo sviluppo di alcuni microrganismi patogeni.
Contaminando artificialmente due caldaie di latte e mantenendone una a 18° C e l’altra a 24 °C, sono state studiate le dinamiche di comportamento di S. aureus nel latte e nella panna durante l’affioramento del latte crudo in caldaia.
In entrambe le situazioni, la concentrazione di S. aureus nel latte rimane pressoché costante e risultati analoghi sono stati ottenuti con B. cereus. Pur trattandosi di temperature che favoriscono la moltiplicazione di tali microrganismi, durante l’affioramento e la maturazione del latte in caldaia ciò non avviene. Questo perché nel latte, a quelle temperature, anche le flore lattiche sono in grado di svilupparsi e moltiplicarsi, competendo con i patogeni. Sia nel latte che nella panna, la loro concentrazione aumenta determinando l’acidificazione del mezzo, che contrasta lo sviluppo di altri batteri e determina la sottrazione di quelle sostanze nutritive che favoriscono lo sviluppo dei patogeni.
Per quanto riguarda il M. paratuberculosis, si può invece parlare di effetto contrastante di tipo meccanico: il latte intero contaminato con una elevata concentrazione di micobatteri, al termine della fase di affioramento è decisamente impoverito di M. paratuberculosis, che viene trasferito nella crema. Essa, affiorando, trascina con sè le impurità, il micobatterio e altri microrganismi sporigeni.
La fase di maturazione e affioramento, quindi, ha una duplice valenza: non solo dal punto di vista tecnologico, in quanto favorisce l’attivazione delle flore lattiche, che svolgono un ruolo fondamentale pure nelle fasi successive, ma anche da un punto di vista del contrasto allo sviluppo di batteri patogeni.
Cottura della cagliata
Nella fase di cottura della cagliata e trattamento termico, la situazione cambia ulteriormente. In questo caso, le criticità sono rappresentate dalla eventuale presenza di patogeni nel latte crudo, nonché dai tempi e dalle temperature di cottura. I punti di forza sono rappresentati dalla presenza delle flore lattiche che, in combinazione con i tempi e le temperature di cottura, si selezionano, favorendo la presenza di flore lattiche termofile la cui capacità di moltiplicazione era stata rafforzata dall’attività di maturazione in caldaia.

Sono state effettuate attività sperimentali nelle quali è stata descritta la dinamica di comportamento di alcuni tra i più importanti patogeni, come i VTEC, Salmonella spp., L. monocytogenes e M. paraturculosis, durante il processo di trasformazione di formaggi a latte crudo con trattamento termico a lunga stagionatura, quali Grana Padano e Parmigiano Reggiano.
Comportamento di alcuni microrganismi in cottura della cagliata
- VTEC (E. coli verocitotossici). Ipotizzando una contaminazione del latte in caldaia, al momento dell’estrazione della cagliata (quindi entro le due ore dalla fine del trattamento di lavorazione) il VTEC è già scomparso. Invece, in un formaggio la cui preparazione non preveda la cottura della cagliata, a parità di concentrazione di partenza si osserva la moltiplicazione di questi batteri e sono necessari più di 240 giorni di stagionatura per vedere un lieve decremento della contaminazione. Ciò indica che la fase di cottura e giacenza sotto-siero della cagliata è essenziale per eliminare questa tipologia di microrganismi. In un formaggio morbido a latte crudo come quello prodotto durante l’alpeggio, caratterizzato da un periodo di stagionatura molto breve (30-40 giorni), l’incremento dei VTEC può essere molto importante e anche una contaminazione molto blanda del latte crudo può determinare una concentrazione di patogeno nel formaggio finito pericolosa per il consumatore.
- L. monocytogenes. Nel caso del Grana Padano contaminato sperimentalmente a livello di latte in caldaia con concentrazioni molto elevate di L. monocytogenes, si osserva l’inattivazione del patogeno dopo 2 ore dal momento dell’estrazione della cagliata.
- Salmonella spp. Per contaminazioni sperimentali avvenute con Salmonella spp., la completa inattivazione si osserva già dopo 9 minuti.
- M. paratuberculosis. Durante la fase di cottura e giacenza sotto-siero, si mantiene inalterato nel tempo quanto a concentrazione; quindi, se il processo di produzione si interrompesse a questo livello, non si avrebbe l’inattivazione del micobatterio.
Stagionatura
In fase di stagionatura l’unica criticità è rappresentata dal latte crudo di partenza mentre i punti di forza sono costituiti dal profilo di pH e di attività dell’acqua, che giocano un ruolo fondamentale nella sopravvivenza dei microrganismi nonostante il cambiamento di temperatura.

La fase tecnologica di stagionatura ha impatto qualitativo e organolettico ma può considerarsi fondamentale anche dal punto di vista igienico-sanitario. In questi formaggi, infatti, l’attività delle flore lattiche termofile non si esaurisce nel momento in cui il formaggio viene estratto dalla caldaia, ma continua progressivamente nel tempo, garantendo la diminuzione del profilo di attività dell’acqua.
Il numero di microrganismi in grado di sopravvivere a valori di attività dell’acqua inferiori a 0,92 è limitato; il relatore ha citato ad esempio M. paratuberculosis.
La teoria degli ostacoli applicata al latte trasformato
Paolo Daminelli ha sottolineato che nell’esprimere un giudizio o nel valutare una situazione all’interno di un caseificio, non si può prescindere dalla perfetta conoscenza di tutti gli aspetti tecnologici, in quanto non conoscere o sottovalutare una fase tecnologica potrebbe avere delle ripercussioni non trascurabili sulla qualità igienico-sanitaria del latte trasformato, dato che non è corretto considerare tutti i formaggi come un’unica categoria. Inoltre non esiste una fase tecnologica sufficiente ad eliminare tutti i patogeni, ma seguendo la cosiddetta “teoria degli ostacoli”, cioè mettendo insieme tutte le fasi tecnologiche che si susseguono in un processo di produzione (come quello del latte trasformato), si riesce a garantire la sicurezza igienico-sanitaria di una produzione e a circoscrivere i pericoli di tipo biologico.
I rischi del latte pastorizzato
Andando a verificare il numero di notifiche per le allerte sanitarie nel 2019 a carico di formaggi (e non solo per quelli da latte crudo) si può osservare che la differenza fra i formaggi a latte crudo e quelli a latte pastorizzato non è così significativa, e nemmeno fra formaggi DOP e non DOP. Infatti, la frequenza di rilevamento di L. monocytogenes, Salmonella spp. ed E. coli verocitotossici non è molto diversa fra questi diversi tipi di formaggio e anzi si segnala un numero di allerte sanitarie per L. monocytoges più alto nel caso dei formaggi a latte pastorizzato.
Non è detto, quindi, che un prodotto di latte trasformato ottenuto da latte pastorizzato sia sempre più sicuro di un formaggio a base di latte crudo, così come non è detto che un prodotto DOP sia necessariamente più sicuro di un prodotto non DOP, in quanto la Denominazione di Origine Protetta è semplicemente una modalità di tutela di un processo di produzione e non una garanzia di sicurezza igienico-sanitaria. Se a valle del processo di produzione non si garantisce il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e non si è perfettamente a conoscenza di tutto ciò che avviene dal punto di vista tecnologico, la pastorizzazione non è sufficiente per garantire la sicurezza igienico-sanitaria del prodotto finito.
- 17/10/2023. “Dalla qualità del latte alla sicurezza igienico sanitaria delle produzioni”. Organizzato da FNOVI ↩︎