Sono state pubblicate le linee guida (ACVIM)1 per il trattamento dello stato epilettico e delle crisi a grappolo nel cane e nel gatto. Di seguito percorriamo le indicazioni fornite dagli autori che si prefiggono di fornire un’impronta pratica nella gestione delle emergenze epilettiche.
Definizioni di stato epilettico e di crisi a grappolo
Lo stato epilettico (status epiletticus, SE) è definito da una crisi che perdura più di 30 minuti o da un grappolo con crisi intervallate da mancato recupero dello stato di coscienza tra gli episodi, della durata superiore ai 30 minuti.
In realtà dopo questo tempo sono già stati messi in atto processi spesso irreversibili e progressivi che comprendono anche la morte neuronale, per cui si è concordi nel suggerire un trattamento dello stato epilettico quando questo superi i 5 minuti.
Le crisi a grappolo (cluster seizures, CS) sono rappresentate da un numero di episodi convulsivi superiore a 2 nell’arco di 24 ore; le crisi a grappolo, specialmente se numerose, possono rappresentare un rischio simile a quello dello stato epilettico o progredire ad esso.
Le 4 fasi dello stato epilettico
Il tasso di mortalità dello stato epilettico si aggira intorno al 30% ed è significativamente superiore in caso di ritardo nel trattamento o di refrattarietà. Ben descritto nell’uomo, lo SE è caratterizzato generalmente da perdita di coscienza e attività motoria tonico-clonica (CSE, stato epilettico convulsivo) ma esistono anche stati epilettici non convulsivi (NCSE) in cui si può avere assenza di movimento o brevi mioclonie o nistagmo associato o meno a coma.
Lo stato epilettico si distingue in 4 fasi a seconda del tempo intercorso e dei relativi processi patofisiologici.

Le procedure da seguire
Le linee guida prodotte dal consensus si basano sulla letteratura preesistente, sull’esperienza clinica di un gruppo di neurologi selezionato, su studi sperimentali e, talvolta, su linee guida derivate dalla Medicina Umana. Gli articoli scientifici sono stati ricercati nei tre principali database scientifici (MEDLINE/ PubMed, Google scholar e CAB Abstracts) o recuperati dagli atti dei principali convegni di neurologia veterinaria.
Negli studi analizzati, una percentuale superiore al 50% di risposta positiva (es. cessazione delle crisi) viene considerato un successo terapeutico e il trattamento considerato efficace. Questa percentuale potrebbe risultare scarsa in studi con basso numero di casi, per cui gli studi in esame vengono classificati in base a presenza di evidenza a favore o contro alta, bassa o contrastante; in caso di assenza di evidenza scientifica viene considerata l’esperienza del gruppo di neurologi selezionato, oltre a studi sperimentali, libri di testo e, ancora, studi di Medicina Umana.
In tutto sono stati presi in considerazione 109 studi sia clinici che di farmacocinetica. Gli studi clinici vengono divisi per specie: canina (più del 50% degli studi sono di alta evidenza scientifica) e felina (il 60% degli studi sono di moderata evidenza). Il risultato è la classificazione delle procedure in cinque classi:
- altamente raccomandata (A)
- moderatamente raccomandata (B)
- poco raccomandata (C) dove il trattamento può risultare inefficace o potenzialmente non sicuro
- non raccomandato (D) quando il trattamento è inefficace e/o non sicuro
- rifiutate (E) perché al momento mancano prove scientifiche e/o esperienza clinica sufficiente, sebbene possano rappresentare dei trattamenti efficaci

Midazolam: la prima scelta
Prima di fornire i protocolli farmacologici per lo SE e il CS nel cane e nel gatto gli autori hanno giustamente precisato come la terapia farmacologica sia comunque correlata alla terapia di supporto per gestire le potenziali complicanze e alla rapida ricerca diagnostica per correggere potenziali cause delle crisi stesse (es. ipoglicemia).
Tra le benzodiazepine di prima scelta viene sottolineata la maggiore efficacia (> 70%) e sicurezza del midazolam sia che venga somministrato per via endovenosa (EV) che per via intranasale (IN). Secondo alcuni, la somministrazione IN è considerata superiore alla somministrazione EV, in particolare per la rapidità di somministrazione, che non prevede l’applicazione di accesso venoso.
La risposta positiva alle benzodiazepine si ha con la cessazione della crisi in meno di 5 minuti; in caso contrario o in caso di ripresentazione di crisi dopo 10-60 minuti si parla di SE ricorrente o scarsa efficacia.
La tempistica intercorsa tra la somministrazione del farmaco e l’efficacia è spesso aneddotica e in solo due studi si definisce il tempo di 5 minuti come tempo utile a valutare l’efficacia del farmaco. L’indicazione è quindi di ripetere il bolo di benzodiazepina dopo almeno 2 minuti fino a un massimo di 3 boli, dopo i quali si consiglia di passare alla somministrazione endovenosa (EV) in infusione continua (CRI) di midazolam (raccomandazione ACVIM A nel cane e ACVIM B nel gatto) o di diazepam (raccomandazione ACVIM B nel cane e ACVIM D nel gatto a causa di scarsa sicurezza). Il ritardo nella somministrazione dei boli ripetuti potrebbe compromettere l’efficacia.
Diazepam meno sicuro di midazolam?
È importante ricordare come il diazepam, a differenza del midazolam, abbia un assorbimento alla plastica (siringhe, sacche, linee infusionali) che può portare a una riduzione di efficacia nelle CRI che arriva al 70% in 24 ore. Il diazepam è considerato meno sicuro del midazolam anche a causa del fatto che viene spesso diluito in glicol-propilenico, e questo potrebbe essere causa di flebiti o ipotensione soprattutto in corso di somministrazione rapida.
I farmaci di seconda scelta
Come farmaci di seconda scelta nel trattamento di emergenza dello SE o del CS sono considerati il levetiracetam, il fenobarbitale e la fosfenitoina.
- La somministrazione di levetiracetam è consigliata per via endovenosa (ACVIM A nel cane e ACVIM B nel gatto) ma, qualora non sia possibile, il farmaco viene utilizzato per via orale, intramuscolare o rettale.
- Il fenobarbitale, in condizioni di normale funzionalità epatica, è utilizzato con dosaggio di carico nei pazienti non trattati, mentre un qualsiasi aumento del dosaggio in pazienti già in terapia a lungo termine idealmente dovrebbe essere valutato sulla base di una fenobarbitalemia recente.
- La fosfenitoina endovena è da considerarsi un farmaco aggiuntivo nei casi refrattari all’utilizzo di levetiracetam e/o fenobarbitale (ACVIM B nel cane).
I farmaci di seconda scelta possono tuttavia essere introdotti insieme alle benzodiazepine o subito dopo, perché hanno capacità patofisiologiche supplementari agendo su subunità dei recettori GABA-A non sensibili alle benzodiazepine, sui recettori GABA extrasinaptici, sui recettori NMDA e AMPA, rilasciando glutammato presinaptico o, ancora, intervenendo sui canali del sodio e del calcio voltaggio-dipendenti.
I farmaci di terza scelta
I farmaci di terza scelta sono rappresentati da ketamina (somministrazione EV in bolo eventualmente seguito da CRI, ACVIM A nel cane e ACVIM E nel gatto) e successivamente da dexmedetomidina (somministrazione EV in bolo o CRI, ACVIM B nel cane e ACVIM E nel gatto) qualora la ketamina da sola non sia sufficiente.
La dexmedetomidina (e la medetomidina) sono farmaci alfa-2 agonisti e agiscono riducendo i neurotrasmettitori eccitatori tramite la soppressione del sistema nervoso simpatico e del rilascio di noradrenalina, specialmente nella regione dell’ippocampo, dell’amigdala e della corteccia cerebrale. Inoltre godono di proprietà neuroprotettive in quanto riducono la richiesta di ossigeno cerebrale, riducono l’edema tramite vasocostrizione e contribuiscono al mantenimento della normale pressione arteriosa media.
Tra gli effetti avversi ricordiamo la riduzione della respirazione, la bradicardia, le aritmie cardiache e l’ipotermia; tuttavia quest’ultima (36,7-37,7 °C) potrebbe, secondo uno studio, giocare un ruolo positivo nel controllo dello SE.
Come seconda fase, in caso di mancata efficacia viene consigliato l’utilizzo di propofolo EV seguito eventualmente da CRI (ACVIM A nel cane). L’utilizzo di propofolo nel gatto dev’essere ridotto al minimo a causa della possibile tossicità ed effetti collaterali (AVIM C nel gatto).
Gli effetti collaterali emodinamici di alfa-2agonisti e propofolo possono essere contrastati dalla ketamina, e anche per questo spesso questo farmaco si associa ai suddetti.
Il propofolo agisce come agonista sui recettori GABA A, come agonista sui recettori della glicina, come antagonista sui recettori NMDA così come sui recettori del calcio. Gli effetti collaterali includono depressione cardiovascolare e respiratoria con necessità di intubazione per perdita del riflesso faringeo. Inoltre il farmaco è solitamente formulato con alcol benzoico al 2% che non ne garantisce l’uso tramite CRI potendo dare sintomi avversi di tipo neurologico e cardiovascolare.
Per quanto riguarda il gatto, con l’utilizzo del propofolo si può osservare la formazione di anemia con corpi di Heinz, malessere, anoressia, diarrea, edema facciale e aumento dei tempi di recupero. Nonostante in tutti gli studi valutati non venga definita con precisione la gravità dei sintomi avversi così come l’effettivo sviluppo in rapporto a tempi e dosi di somministrazione, la prolungata CRI di propofolo nel gatto non è consigliata.
In caso i farmaci precedenti non siano efficaci nel controllo del SE o del CS, si considera la somministrazione di altri farmaci anestetici iniettabili quali il pentobarbitale e il tiopentale sodico mediante somministrazione EV e CRI (ACVIM B nel cane e ACVIM C nel gatto), o farmaci anestetici inalatori (ACVIM B nel cane e nel gatto).
Altri interventi farmacologici e non solo
Altri interventi farmacologici (ACVIM E nel cane e nel gatto) quali la somministrazione di magnesio EV e allopregnanolone o ancora, interventi non farmacologici (come, ad esempio, la neurostimolazione del nervo vago, la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva e la stimolazione cerebrale profonda) possono essere presi in considerazione in caso di refrattarietà dello SE o del CS (considerati stati super-refrattari).
In Medicina Umana in tutti gli stati e in particolare nei pazienti super-refrattari dello SE si utilizzano farmaci immunosoppressori come i cortisonici perché sono in grado di ridurre le interleuchine infiammatorie (IL-1, IL-1B, IL-6) e il fattore di necrosi tumorale (TNF-a) reputati responsabili del mantenimento dell’attività convulsiva.
Inoltre gli immunosoppressori nell’uomo riescono a regolare alcuni trasportatori (come la glicoproteina P) e a controllare il passaggio di farmaci e sostanze attraverso la barriera ematoencefalica (BBB); nei nostri animali non sono ancora stati prodotti studi a riguardo per cui non sono state fornite raccomandazioni relative all’uso di immunosoppressori.
Lo svezzamento farmacologico
Il trattamento – qualunque esso sia – necessario alla cessazione dell’attività convulsiva viene proseguito indicativamente per 24-48 ore, eccezion fatta per quei farmaci che potrebbero causare effetti collaterali o tossicità (es. le somministrazioni CRI). L’aspetto clinico dovrebbe idealmente essere confermato dall’elettroencefalografia soprattutto nei casi di stato epilettico non convulsivo (NCSE) nonostante la maggior parte delle strutture non sia in possesso della strumentazione necessaria.
Per evitare ricadute dello SE i farmaci devono essere ridotti e sospesi gradualmente e possibilmente in ordine inverso rispetto alla loro introduzione, con una riduzione del 25-50% ogni 4-6 ore per i farmaci somministrati tramite CRI, provvedendo alla riduzione e sospensione di un farmaco alla volta.
I farmaci inalatori possono essere sospesi più rapidamente, così come i farmaci potenzialmente rischiosi secondo giudizio medico.

- Charalambous M, Muñana K, Patterson EE, Platt SR, Volk HA. ACVIM Consensus Statement on the management of status epilepticus and cluster seizures in dogs and cats. J Vet Intern Med. 2024; 38(1):19-40. doi:10.1111/jvim.16928. ↩︎