La trombocitopenia immunomediata (TIM) rappresenta il disturbo dell’emostasi primaria più comune nel cane, mentre si verifica molto meno frequentemente nel gatto. Il tasso di mortalità è del 10-30%, dovuto principalmente a emorragie refrattarie, ma non bisogna sottovalutare gli effetti collaterali dannosi di eventuali trattamenti immunosoppressivi: una diagnosi rapida e affidabile è quindi essenziale.
Non esiste però un test specifico; la diagnosi di TIM rimane pertanto una diagnosi di esclusione. L’American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM) ha prodotto un consenso1 che intende fungere da supporto di riferimento per aiutare il medico veterinario ad adottare un approccio rigoroso all’esplorazione e alla gestione delle TIM.
Fisiopatologia e presentazione clinica
Molto più frequente nel cane rispetto al gatto, la trombocitopenia immunomediata è stata oggetto di un recente consenso dell’American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM). Nell’uomo, la fisiopatologia coinvolge anticorpi diretti contro alcune glicoproteine di superficie che inducono l’eliminazione delle piastrine da parte del sistema fagocitario mononucleare. Inoltre, la desialilazione (fenomeno di senescenza piastrinica legato alla riduzione del contenuto di acido sialico sulla loro superficie) innescata dagli anticorpi accelera la loro eliminazione da parte del fegato.
In assenza di anticorpi rilevabili, potrebbero essere chiamati in causa altri meccanismi, come la distruzione da parte del sistema del complemento o dei linfociti T citotossici. Infine, alcuni anticorpi possono colpire i megacariociti, inibendo così la produzione centrale di precursori piastrinici.
Nei cani è stata dimostrata la presenza di anticorpi diretti contro piastrine e megacariociti ma si sospetta fortemente anche il coinvolgimento di meccanismi indipendenti dagli anticorpi.
Le TIM possono essere spontanee (“primarie” o “non associative”) o indotte da un trigger (“secondarie” o “associative”). La presentazione clinica può essere polimorfa, ma il valore della trombocitopenia non è correlato alla gravità dei segni clinici emorragici; infatti, in corso di trombocitopenia grave, alcuni animali rimarranno asintomatici, mentre altri presenteranno diatesi emorragiche potenzialmente fatali.

Procedura per l’indagine della trombocitopenia
Una trombocitopenia con valori inferiori a 100.000/μl va confermata esaminando uno striscio di sangue e dovrebbe richiedere ulteriori accertamenti. Molte malattie possono causare trombocitopenia e la diagnosi di TIM rimane una diagnosi di esclusione (vedere tabella 1).

È sempre essenziale considerare l’influenza dei fattori biologici, preanalitici e analitici sulla conta piastrinica, tra cui l’attivazione piastrinica e la formazione di aggregati durante il prelievo del sangue o la conservazione del campione (soprattutto nel gatto).
Il primo passo dopo la conferma della trombocitopenia è escludere la presenza di emorragie maggiori (in particolare cavitarie o del digerente). Per indagare le cause del consumo si raccomanda la valutazione dei tempi di coagulazione (tempo di protrombina e tempo di tromboplastina parziale attivata) e dei marcatori della fibrinolisi (D-dimeri, prodotti di degradazione della fibrina).
Per contro, anche in caso di significativa perdita di sangue, la conta piastrinica solitamente non scende sotto le 50.000/μl.
L’esame del mielogramma non è rilevante per la diagnosi di TIM e pertanto non è raccomandato in prima intenzione; tuttavia, nel processo diagnostico è necessario escludere una patologia del midollo osseo se sono interessate più linee di sangue. Anche il dosaggio degli anticorpi diretti contro piastrine/mecariociti, che qualora positivo potrebbe indicare un fenomeno disimmunitario sottostante, non è raccomandato, data la sua scarsa efficacia diagnostica. Questa misurazione può quindi rafforzare il sospetto di TIM ma non è necessaria per stabilire la diagnosi.
Nel cane e nel gatto, la valutazione della gravità della trombocitopenia può aiutare a distinguere tra origini immunitarie e non immunitarie. Infatti, un valore inferiore a 20.000/μl rafforza fortemente il sospetto di TIM, anche se rimane insufficiente per stabilire una diagnosi definitiva. A differenza del valore della conta piastrinica, alcuni criteri clinici e biologici possono aiutare a quantificare la gravità e quindi la prognosi della TIM nei cani, ma i dati nel gatto sono ancora limitati.
Il punteggio “DOGiBAT” è una scala clinica utilizzata per standardizzare la valutazione della gravità dell’emorragia e monitorare la risposta ai trattamenti.2 Questo punteggio è direttamente correlato alla necessità di trasfusione e alla durata dell’ospedalizzazione; inoltre, la sola presenza di emorragie intestinali (e iperuremia/anemia), polmonari e intracraniche è un importante fattore di gravità ed è associata a una prognosi peggiore.

Fonte: Makielski KM et al.
Ricerca di comorbilità
Una volta escluse le cause del sequestro, del consumo e di problemi nella produzione delle piastrine e sospettata un’origine disimmune, è opportuno ricercare eventuali comorbilità (TIM secondaria). Qualsiasi stimolazione del sistema immunitario (vaccini, sostanze tossiche, farmaci, agenti infettivi, infiammazione o persino processi neoplastici) può essere chiamata in causa. In letteratura, il livello di evidenza sui nessi causali resta ampiamente insufficiente per identificare chiaramente tutti i possibili fattori scatenanti; nei cani, il livello più elevato di evidenza riguarda Ehrlichia canis, Leishmania infantum, Rangelia spp. e il virus del cimurro e, in misura minore, Anaplasma spp., prostatiti, ascessi e ferite infette, e i sulfamidici. Nel gatto i dati sono ancora più limitati.
L’esplorazione clinica deve quindi includere la raccolta di un’anamnesi completa (vaccinazioni, farmaci, tossine, viaggi o anche esposizione a vettori) e l’esecuzione di un esame clinico approfondito. Gli esami di prima linea devono comprendere almeno un emocromo con formula e striscio, un esame biochimico, un’analisi delle urine ed esami di diagnostica per immagini. Per ogni agente infettivo è necessario adattare la specifica ricerca (sierologia, PCR, analisi citologica o colturale).
La gestione iniziale
Il trattamento delle TIM primarie si basa principalmente sulla somministrazione di immunosoppressori, spesso associati a vincristina e trasfusioni di sangue. D’altro canto, la gestione delle TIM secondarie mira principalmente a curare la malattia soggiacente, ma talvolta può rivelarsi necessario l’uso di immunosoppressori.
I glucocorticoidi rappresentano il trattamento di scelta, mentre gli immunosoppressori di seconda linea includono ciclosporina, azatioprina (unicamente nel cane), leflunomide e micofenolato mofetile. Fanno parte dell’arsenale terapeutico anche le immunoglobuline umane e il romiplostim (agonista dei recettori della trombopoietina). Il loro utilizzo resta comunque molto limitato, per le prime a causa dell’accesso molto limitato, per il secondo a causa del costo proibitivo.
La mancanza di risposta è contraddistinta da un valore piastrinico < 30.000/μl o dalla persistenza delle emorragie almeno 2 settimane dopo l’inizio del trattamento. Una risposta parziale è indicata da una conta piastrinica ≥ 30.000/μl e < 100.000/μl e in aumento di oltre 2 volte rispetto al momento della diagnosi, e dall’assenza di emorragie. Una risposta completa è tale con una conta piastrinica ≥ 100.000/μl senza emorragie.
L’obiettivo terapeutico, sia in corso di terapia che dopo la sua interruzione, consiste in una conta piastrinica ≥ 100.000/μl senza segni di emorragia.
Una volta stabilita la diagnosi, la gravità clinica dovrebbe dettare il proseguimento della gestione del paziente:
- emorragie minime (punteggio “DOGiBAT” basso) e assenza di anemia/iperuremia: corticosteroidi (desametasone o prednisolone) in monoterapia; controllo dopo 7 giorni;
- emorragie minime (punteggio “DOGiBAT” basso) ma presenza di anemia/iperuremia: terapia corticosteroidea + secondo immunosoppressore + singola iniezione di vincristina (i marcatori di emorragie intestinali sono un fattore di gravità importante e giustificano una gestione più aggressiva); controllo dopo 5 giorni;
- emorragie importanti (intestinali, polmonari o intracraniche o punteggio “DOGiBAT” elevato): terapia corticosteroidea + secondo immunosoppressore + singola iniezione di vincristina. Possibile utilizzo di una trasfusione ematica e di un antifibrinolitico (acido tranexamico); controllo dopo 5 giorni.
Nel gatto i dati suggeriscono un’efficacia limitata della vincristina; pertanto il suo utilizzo non è raccomandato.
In assenza di risposta, è necessario rimettere in discussione la diagnosi iniziale, la dose, l’assorbimento e l’osservanza della terapia. Inoltre, se non è già stato fatto, si dovrebbe prendere in considerazione l’utilizzo di un secondo immunosoppressore e della vincristina. Infine, nei casi refrattari il ricorso alla splenectomia o al romiplostim costituiscono opzioni definitive.
Follow up e gestione delle ricadute
Le ricadute si verificano nel 9-47% dei casi e le possibili cause includono una riduzione troppo rapida degli immunosoppressori o la loro sospensione, la comparsa di una nuova comorbilità o l’effetto persistente di una comorbilità non identificata nella valutazione diagnostica iniziale.
Se si è ottenuta una risposta parziale 7 giorni dopo l’inizio della gestione terapeutica, si raccomanda un follow-up 2-3 settimane più tardi:
- risposta completa osservata: riduzione della dose di corticosteroidi del 20-25% ogni 2-4 settimane dopo controllo ematologico, fino all’interruzione del trattamento;
- risposta completa non ottenuta: riconfermare la diagnosi di TIM e ricercare eventuali comorbilità (in particolare infettive). In assenza di comorbilità, aggiungere un secondo immunosoppressore e controllare 7 giorni dopo, con l’obiettivo di ottenere nuovamente una risposta parziale. Se essa viene ottenuta: controllare 2 o 3 settimane dopo con l’obiettivo di ottenere una risposta completa. Fare quindi riferimento al paragrafo precedente. In caso contrario: prendere in considerazione un terzo immunosoppressore, un’iniezione di vincristina, la splenectomia.
In caso di recidiva dei segni clinici e/o della trombocitopenia durante la riduzione della dose o dopo l’interruzione del trattamento, è inoltre consigliabile riconfermare la diagnosi di TIM e ricercare eventuali comorbilità (in particolare infettive). Se la recidiva si verifica durante la riduzione della dose, il consenso ACVIM raccomanda di riaumentare la terapia corticosteroidea al livello precedente in caso di ricaduta moderata e di riprendere il protocollo iniziale in caso di grave ricaduta. In funzione della gravità, dovrebbe essere considerata l’aggiunta di un secondo immunosoppressore. Successivamente è necessario aumentare la durata delle fasi di riduzione.
Se le ricadute sono troppo frequenti, potrebbe essere necessario ricorrere al romiplostim o alla splenectomia.
La ripresa del ciclo vaccinale dovrà essere valutata individualmente alla luce del rischio di esposizione a malattie infettive. Si raccomanda di attendere il termine della terapia con immunosoppressori o, se è necessaria una terapia corticosteroidea, di attendere l’ottenimento di una dose antinfiammatoria (0,5 mg/kg/die).
Soluzioni dalla Medicina Umana?
Il numero limitato di studi sulle TIM limita il valore di alcune raccomandazioni, in particolare quelle concernenti il beneficio di un secondo immunosoppressore e la superiorità di un immunosoppressore rispetto a un altro. Inoltre, alcuni trattamenti attuali ed emergenti in Medicina Umana, come gli anticorpi monoclonali anti-CD20 o gli inibitori della tirosin-chinasi splenica, potrebbero – in futuro – trovare applicazione per il trattamento delle TIM nei carnivori domestici.
- LeVine DN, Kidd L, Garden OA, et al. ACVIM consensus statement on the diagnosis of immune thrombocytopenia in dogs and cats. J Vet Intern Med. 2024;38(4):1958-1981. doi:10.1111/jvim.16996. ↩︎
- Makielski KM, Brooks MB, Wang C, et al. Development and implementation of a novel immune thrombocytopenia bleeding score for dogs. J Vet Intern Med. 2018;32(3):1041-1050. doi:10.1111/jvim.15089. ↩︎