Negli ultimi anni anche in Medicina Veterinaria sono state introdotte nuove metodiche, come l’energia luminosa fluorescente (FLE) a supporto delle infezioni batteriche e delle lesioni infiammatorie cutanee tra cui le pododermatiti del cane che rappresentano a oggi un serio problema gestionale per il medico veterinario, spesso fonte di stress e insuccesso clinico.

L’energia luminosa fluorescente accelera la guarigione delle ferite
La fotobiomodulazione (FBM), cioe l’impiego di fotoni a diverse lunghezze d’onda in grado di influire positivamente sulle attivita biologiche del tessuto trattato, e una terapia topica utilizzata, da parecchi anni, in Medicina Umana per la cura di infezioni batteriche, ferite, piaghe, ecc. Recentemente la FBM ha trovato posto anche in campo veterinario, dove l’energia luminosa fluorescente (FLE – Phovia, Vetoquinol), un tipo particolare di FBM, ha dimostrato di essere un valido supporto nella risposta antinfiammatoria e nella stimolazione del tessuto di granulazione accelerando la guarigione delle ferite.

© Vetoquinol

© Vetoquinol
La pododermatite e una patologia a eziologia multifattoriale, spesso imputabile alla co-presenza di più malattie, come per esempio la dermatite atopica e l’alterata postura. Di fatto i molossoidi sono tra i cani maggiormente afflitti da questa problematica.
Il caso clinico
Di seguito un caso clinico presentatosi alla dott.ssa Luisa Cornegliani (DVM, DECVD PhD).
Recentemente ci e stato sottoposto a consulto un cane maschio bulldog francese di 7 anni con severa pododermatite apparentemente non responsiva alle terapie instaurate. Il cane era in trattamento da circa 2 anni con ciclosporina – al dosaggio di 5 mg/kg, a giorni alterni – per il controllo della dermatite atopica cronica. In precedenza, l’immunoterapia specifica e le terapie con antinfiammatori steroidei non avevano sortito effetto a lungo termine.
Da circa 5 mesi mostrava foruncolosi interdigitale quadriopodalica con associata formazione di “falsi polpastrelli” legata alla progressiva alterata postura. Erano stati eseguiti vari trattamenti antibiotici sia sistemici sia topici, terapia antinfiammatoria con FANS e steroidi a cicli, ma le lesioni non avevamo sortito miglioramenti e il cane mostrava difficolta e rifiuto alla deambulazione.
Le lesioni dermatologiche erano rappresentate da severa foruncolosi interdigitale, eritema, edema ed essudato siero-ematico, formazione di noduli e aree di ispessimento cutaneo interessanti i margini fisiologici dei polpastrelli. Altre lesioni dermatologiche non erano presenti al momento della visita.
Escluse altre concause con gli esami complementari dermatologici, la citologia per apposizione e per ago infissione evidenziava un infiltrato piogranulomatoso con frammenti di fusti pilari, alcuni macrofagi e neutrofili presentavano fagocitosi di batteri coccoidi. L’esame batteriologico evidenziava la presenza di uno Staphylococcus pseudintermedius che nell’antibiogramma era sensibile a enrofloxacina.
Veniva proposto al proprietario, oltre proseguire la terapia in atto con ciclosporina, di iniziare anche la terapia antibiotica sistemica con enrofloxacina a 5 mg/kg/sid/os per la presenza della severa infezione batterica nella foruncolosi e nelle fistole, associata a un’unica seduta settimanale di FLE che prevedeva due applicazioni consecutive.
La seduta consisteva nell’applicazione di un gel fotoconvertitore contenente dei cromofori fluorescenti; questo, applicato sulle lesioni, veniva illuminato con una luce blu (lunghezza d’onda fra i 440-460 nm) per due minuti; il gel veniva poi rimosso dalla cute e la procedura ripetuta dopo un minuto di attesa applicando nuovo gel.
L’FLE era stata applicata solo sulla lesione speculare più grave, in modo da potere valutare il reale contributo di questo nuovo sistema, come già riportato in alcuni studi clinici. Non erano messi in atto altri trattamenti topici o lavaggi con disinfettanti.
Al primo controllo settimanale l’esame citologico delle lesioni trattate con FLE, mostrava solo un infiltrato infiammatorio piogranulomatoso, mentre la citologia delle lesioni non trattate, oltre al quadro infiammatorio piogrnaulomatoso, presentava ancora macrofagi e neutrofili con fagocitosi batterica, anche se in numero minore rispetto all’inizio della terapia antibiotica sistemica. Inoltre, la diminuzione dell’eritema e dell’edema era già presente dopo una sola seduta nelle aree trattate, contrariamente alle lesioni di controllo.

I tempi di guarigione si sono di fatto dimezzati. La terapia antibiotica e stata sospesa a 4 settimane, dopo controllo citologico e colturale batteriologico, mentre si è proseguito l’utilizzo topico settimanale per altre 4 settimane applicandolo anche agli altri arti distali lesionati. L’applicazione topica con FLE è stata poi interrotta a 8 settimane con remissione dell’infiammazione e della foruncolosi, anche se le severe alterazioni posturali evidenziate con la persistenza dei falsi polpastrelli non sono variate.
Considerazioni
Nel caso in esame la FLE ha dimostrato un reale supporto all’attività antinfiammatoria e antibatterica che ha contribuito a un significativo miglioramento delle lesioni cutanee trattate in tempi più brevi. La FLE è già stata utilizzata in caso di numerose malattie dermatologiche: nelle piodermiti profonde, nelle pododermatiti, nelle ferite traumatiche, nelle calcinosi e nelle fistole perianali.
Il supporto all’attività antinfiammatoria riduce la produzione di TNF-α e stimola quella di citochine antinfiammatorie come, per esempio, EGF, FGFs, TGF-β, Coll I e III, Ki67, FVIII e DCN. Inoltre, può supportare la neoangiogenesi, la riepitelizzazione e il rimodellamento del collagene. Per questa serie di motivi la FLE può diventare un ottimo ausilio per la gestione delle lesioni dermatologiche, per coadiuvare l’attività antibatterica e antinfiammatoria ed essere un possibile mezzo per contribuire alla riduzione dell’uso di antibiotici sia topici, sia sistemici nelle malattie croniche ricorrenti.
Scheda prodotto PHOVIA:
PHOVIA e l’energia luminosa fluorescente: un futuro fotonico per gli animali e i loro proprietari
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