Nella seconda delle tre parti dedicate alla trattazione della dermatite atopica, Charline Pressanti, PhD, specialista in dermatologia, diplomata all’ECVD, ricercatrice presso l’École Nationale Vétérinaire di Tolosa (Francia) ha parlato dei 4 principali farmaci della terapia farmacologica nella dermatite atopica del cane e del gatto, glucocorticoidi, ciclosporina, oclacitinib e lokivetmab, e il loro corretto uso.
Farmaci per la dermatite atopica: lo stato attuale
Nei carnivori domestici, le dermatiti di origine allergica sono frequenti e, indipendentemente dal fatto che siano causate da pulci, alimenti o aeroallergeni, costituiscono una vera sfida diagnostica e terapeutica. La gestione medica del prurito che accompagna queste patologie è essenziale.
Quando è intenso e cronico causa disagio all’animale e altera notevolmente la sua qualità di vita e quella del proprietario. La scelta del trattamento più idoneo si basa su una serie di criteri, quali la causa della dermatite allergica, la galenica, l’efficacia attesa del trattamento, il tempo di risposta, la durata del trattamento, i possibili effetti collaterali delle terapie, le comorbidità, la sua compliance, la compliance dell’animale e la disponibilità economica del proprietario. Inoltre, ogni individuo può beneficiare di un approccio terapeutico individualizzato che può essere adattato nel tempo.
Negli ultimi anni, la dermatologia canina ha visto emergere nuove famiglie di molecole mirate a controllare meglio il prurito di origine allergica, tra cui l’oclacitinib e il lokivetmab. Innovative per bersaglio, meccanismo d’azione e galenica, queste molecole sono state aggiunte all’elenco degli antiprurito disponibili ed efficaci nel cane (ciclosporina A, glucocorticoidi). In questo articolo, non vengono discussi gli antistaminici, la cui azione è molto specifica e di moderata efficacia, ma vengono esaminate quattro molecole con proprietà antiprurito: glucocorticoidi, ciclosporina, oclacitinib e lokivetmab. Il gatto e il cane verranno trattati in due momenti distinti, perché alcuni farmaci non hanno l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) per la specie felina.

Limitandosi a quattro molecole con proprietà antipruriginose disponibili in medicina
veterinaria, è opportuno ricordare che il loro utilizzo deve essere adattato all’animale e all’effetto atteso: rapido nel breve periodo oppure prolungato nel lungo periodo. Lo schema di utilizzo delle molecole proposto non è assoluto e deve essere adattato a ogni singolo animale dopo una valutazione del rapporto rischi/benefici. L’obiettivo è limitare la comparsa di effetti avversi dovuti a queste molecole e farne un uso razionale. La ricerca delle cause dell’allergia deve rimanere un elemento essenziale della terapia, al fine di consentire una migliore gestione a lungo termine di queste dermatiti.

Gestione del prurito nel cane
Forma acuta e trattamenti a breve termine
Durante la prima visita è fondamentale cercare di individuare rapidamente le cause scatenanti della dermatite allergica diagnosticata. Se l’indagine allergologica è relativamente facile in caso di un’ipersensibilità al morso di pulci (topografia delle lesioni, stile di vita, eventuale presenza di parassiti e loro escrementi), spesso la situazione diventa più complessa quando si parla di ipersensibilità alimentare o ambientale.
Corticosteroidi e oclacitinib
Può essere necessaria una gestione immediata del prurito ed è quindi fondamentale ricorrere all’utilizzo di trattamenti che allevino il prurito in modo rapido ed efficace. Le due molecole consigliate in questo caso sono l’oclacitinib e i glucocorticoidi (prednisolone, metilprednisolone, desametasone). La loro velocità d’azione (da poche ore a 24 ore) consente un rapido sollievo all’animale e la soddisfazione del proprietario con il quale è così più facile discutere della necessità di una gestione mirata della dermatite allergica. L’esordio e l’efficacia di queste due molecole sono abbastanza comparabili.
Gli effetti collaterali sono però diversi e possono condizionare la scelta. In ogni caso, è preferibile non utilizzare corticosteroidi per una gestione a lungo termine, dato che gli effetti collaterali dei glucocorticoidi sono noti e ne limitano l’uso prolungato.
È preferibile utilizzare il prednisolone o il metilprednisolone, che sono meno potenti del desametasone, ma che causano meno effetti avversi rispetto agli altri glucocorticoidi (ipercorticismo iatrogeno). D’altra parte, l’assenza di un’attività mineralcorticoide è interessante in determinate circostanze e può consentire un intervallo più breve tra le dosi (a ad esempio, giorni alterni). Si deve assolutamente evitare l’uso di forme iniettabili a lunga durata d’azione.
Lokivetmab
Anche il lokivetmab, dotato di un’elevata specificità per un’interleuchina di primaria importanza nella dermatite atopica (IL-31), agisce piuttosto rapidamente. Leggermente più lento dei glucocorticoidi e dell’oclacitinib, può essere utilizzato durante le fasi di riacutizzazione. La sua forma iniettabile e la sua lunga durata sono proprietà interessanti per i proprietari meno attenti. La sua durata d’azione varia in media da 4 a 6 settimane, garantendo un sollievo rapido e duraturo dal prurito e il trattamento dei fattori aggravanti, come la presenza di parassiti e infezioni secondarie.
Un’eventuale dieta di eliminazione per esplorare le cause alimentari di una dermatite atopica deve essere effettuata successivamente, quando l’animale mostra i segni clinici di una recidiva. Poiché il lokivetmab ha una durata d’azione prolungata variabile, non deve essere utilizzato durante questo periodo.
L’elevata specificità per l’IL-31 rende la sua azione e la sua efficacia più incerta rispetto ai corticosteroidi o all’oclacitinib.
Il ruolo dell’IL-31, una molecola che viene maggiormente espressa nei cani atopici, è sempre più studiato nella dermatite atopica. Tuttavia, ci sono pochi dati sul suo coinvolgimento in altre dermatiti allergiche. Recentemente, uno studio ha dimostrato l’interesse del blocco dell’IL-31 mediante il lokivetmab in altre dermatiti allergiche oltre alla dermatite atopica. Tuttavia, in questo studio le presunte cause dell’allergia non sono state individuate chiaramente. Per oltre il 40% dei cani reclutati si è sospettata un’ipersensibilità alimentare, ma non è specificato se si trattasse di una manifestazione di dermatite atopica (food-induced atopic dermatitis) o di altre forme.
In assenza di dati aggiuntivi, il suo utilizzo dovrebbe essere riservato alla gestione del prurito atopico. Nella dermatite atopica, inoltre, l’IL-31 non è l’unica molecola coinvolta nei processi all’origine del prurito, visto che diversi mediatori del prurito agiscono insieme all’interno dell’epidermide (altre citochine, linfopoietina timica stromale, proteasi, istamina ecc.). Pertanto, a seconda della preponderanza dell’IL-31 nella fisiopatologia della dermatite atopica in un determinato momento, il lokivetmab ha un effetto più o meno marcato. Ciò spiega anche l’efficacia variabile nel tempo di questa molecola e l’effetto “drop out” talvolta osservato, con un trattamento che sembra non funzionare più quando l’animale è perfettamente stabilizzato e non presenta infezioni secondarie o parassiti che spieghino la ripresa del prurito.
Forma cronica e trattamenti a lungo termine
L’uso di molecole antiprurito a lungo termine riguarda principalmente la gestione della dermatite atopica canina. Quando si presenta da moderata a grave, questa condizione multifattoriale e cronica spesso richiede una terapia continua. In un tale contesto, è fondamentale privilegiare trattamenti con il minor numero di effetti avversi e con la migliore tollerabilità e sicurezza.



È inoltre necessario considerare una terapia più globale (trattamento di sovrainfezioni e parassiti, desensibilizzazione, rinforzo della barriera cutanea), che migliori la condizione cutanea, lo stato della cute e limiti l’uso di molecole antiprurito.
Oclacitinib
La somministrazione a lungo termine dell’oclacitinib alle dosi raccomandate nel riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) sembra essere ben tollerato nei cani. L’ottima efficacia, la rapidità d’azione e la formulazione in compresse ne fanno una molecola interessante.
L’oclacitinib è un inibitore selettivo delle Janus chinasi (JAK). Recentemente, due studi hanno dimostrato le proprietà immunomodulanti dell’oclacitinib. Lo studio di Banovic et al., tuttavia, è in vitro e non mostra alcun effetto di questa molecola sulla proliferazione dei linfociti alle dosi raccomandate nell’RCP. Ma data la breve emivita dell’oclacitinib, è spesso difficile distanziare e ridurre l’assunzione del farmaco.
La somministrazione costante a dosi elevate (superiori a quelle raccomandate) aumenta il rischio potenziale di effetti collaterali. Come menzionato nel riassunto delle caratteristiche del prodotto, esistono rischi di sviluppo di tumori (istiocitomi, papillomi) e di infezioni batteriche secondarie della cute.
L’oclacitinib, grazie alla sua modalità d’azione, ha un impatto su altre citochine coinvolte nelle risposte immunitarie e alcuni casi clinici pubblicati riportano il suo effetto immunomodulante nel trattamento delle malattie cutanee autoimmuni o immunomediate del cane. Inoltre, a causa dei suoi potenziali effetti sulle citochine coinvolte nell’emopoiesi, possono instaurarsi anemia e leucopenia, anche se molto raramente. L’uso a lungo termine dell’oclacitinib nel cane richiede pertanto un regolare monitoraggio clinico, biologico ed ematologico.
Lokivetmab
Grazie alla sua elevata specificità per l’IL-31, il lokivetmab ha un’eccellente tolleranza ed elevata sicurezza; infatti, nel cane sono stati segnalati pochi e rari effetti avversi. Tuttavia, le altre funzioni dell’IL-31, in particolare nelle risposte immunitarie, sono poco conosciute; ma nonostante questa mancanza di informazioni, il lokivetmab sembra utilizzabile a lungo termine.
Le iniezioni devono essere ripetute e la loro durata d’azione varia da 4 a 6 settimane in base all’animale. È utile ricordare che il lokivetmab ha un’azione mirata principalmente al prurito, attraverso l’inibizione dell’azione dell’IL-31. Il miglioramento delle lesioni, almeno all’inizio del trattamento, è quindi legato soprattutto alla riduzione delle lesioni autoinflitte (lesioni secondarie, escoriazioni, alopecia ecc.). Gli effetti sulle lesioni più datate e lichenificate sono meno marcati rispetto a quelli ottenuti con un antiprurito ad azione più ampia, come la ciclosporina o i corticosteroidi.
La variabilità delle risposte al lokivetmab e alla stabilizzazione è spiegata dalla diversità degli agenti coinvolti nella patologia e dalla modificazione del profilo delle citochine nel tempo.
Ciclosporina A
La ciclosporina, un inibitore delle calcineurine, ha un’eccellente efficacia nel trattamento della dermatite atopica canina. La sua azione è lenta e gli effetti sono evidenti dopo 4-6 settimane di somministrazione quotidiana. Pertanto, l’uso di questa molecola non può essere considerato un trattamento di una crisi allergica. Il suo utilizzo è riservato al trattamento a lungo termine della dermatite atopica.
Data la sua azione lenta, è possibile associare la ciclosporina con antiprurito ad azione rapida, come i corticosteroidi o l’oclacitinib durante le prime settimane della fase di induzione.
La ciclosporina ha proprietà modulanti. Inibendo l’azione delle calcineurine, limita notevolmente la proliferazione dei linfociti ed esercita quindi un’azione sulle risposte immunitarie specifiche. La sua azione globale e ampia consente alla ciclosporina di avere effetti sul prurito, sulle lesioni cutanee, ma anche sulle infiammazioni che colpiscono il padiglione auricolare e il canale uditivo.
Grazie alle sue proprietà lipofile e alla sua lunga emivita, la ciclosporina può essere gradualmente ridotta nei cani che mostrano una buona risposta clinica alla dose di induzione di 5 mg/kg/24 ore. Le assunzioni della molecola vengono intervallate da una somministrazione al giorno a una somministrazione ogni 2-3 giorni, al fine di individuare la dose minima efficace.
Dopo la fase di induzione, circa la metà dei cani rimane stabile con la somministrazione a giorni alterni. Tra questi, il 50% non presente alcuna ricaduta con 2 dosi a settimana dopo 12-16 settimane di terapia. Minori sono le dosi somministrate, inferiori e più controllati sono i rischi associati all’immunomodulazione.
Le dosi di ciclosporina possono essere ridotte attuando trattamenti specifici (terapia multimodale), come la desensibilizzazione e il rafforzamento della barriera cutanea.
Impiego di prodotti topici
La dermatite atopica si manifesta anche con otiti e pododermatiti, che talvolta sono difficili da controllare, anche con il trattamento sistemico. L’impiego di agenti topici ad azione antinfiammatoria o antipruriginosa può essere di interesse nella gestione delle forme localizzate di dermatite allergica, in particolare per limitare il rischio di recidive e gli effetti collaterali dei farmaci sistemici. L’uso ragionato e a lungo termine di spray topici a base di corticosteroidi o gocce auricolari, a seconda della sede dell’infiammazione, può stabilizzare queste regioni.
Attualmente, sono disponibili molte formulazioni topiche contenenti glucocorticoidi, che consentono di trattare aree cutanee ristrette. Alcune di queste formulazioni contengono un antibiotico o un antisettico, che permette di trattare eventuali sovrainfezioni associate. È importante rispettare i dosaggi di questi trattamenti ed evitare un uso eccessivo e prolungato, che può indurre effetti avversi locali e/o sistemici.

In particolare, occorre tenere presente la diffusione sistemica del principio attivo e prestare attenzione ai cani di piccola taglia e ai proprietari inclini all’automedicazione. Inoltre, è importante specificare al proprietario che è preferibile indossare i guanti al momento dell’applicazione. Sono frequenti anche gli effetti avversi locali, che provocano alopecia (arresto del ciclo pilifero), assottigliamento della cute e comedoni. Queste reazioni sono più limitate con l’idrocortisone aceponato spray, in quanto sotto forma di diestere.
Nell’uso prolungato è consigliabile utilizzare questi prodotti in giorni prestabiliti, 1-2 volte alla settimana, come “terapia del fine settimana”. Gli effetti benefici di questi prodotti topici sono stati dimostrati nei cani atopici. Infine, il prodotto impiegato non deve essere combinato con un antibiotico o un antimicotico orale, che non ne consente un uso proattivo (insorgenza di resistenze).
Gestione del prurito nel gatto
Forma acuta e trattamenti a breve termine
Nei felini, solo i corticosteroidi possono essere utilizzati per gestire la dermatite allergica in fase acuta. La ciclosporina, a causa della sua azione lenta, può essere presa in considerazione solo per il trattamento a lungo termine. Spesso è importante fermare rapidamente il prurito in questa specie, in cui le lesioni autoinflitte possono portare a complicazioni significative, come infezioni secondarie, dolore e ulcerazione.
I corticosteroidi che possono essere utilizzati in compresse sono il metilprednisolone e il desametasone. Il prednisone deve essere evitato nel gatto, poiché l’assorbimento intestinale e il metabolismo epatico sono meno efficaci rispetto al cane e, quindi, la sua efficacia è più incerta.
È comunemente accettato che le dosi efficaci di corticosteroidi nel gatto siano più elevate rispetto a quelle indicate nel cane. È essenziale ridurre al minimo l’assunzione per trovare la dose minima efficace che limiti il rischio di effetti avversi. Nel gatto, gli effetti indesiderati sono meno frequenti e più tardivi rispetto al cane, ma potenzialmente più gravi (diabete mellito, fragilità cutanea ecc.).
Se possibile, si deve evitare l’uso di forme deposito, come il metilprednisolone acetato. Il desametasone presenta un rischio maggiore di reazioni associate ai glucocorticoidi, per la sua marcata azione antinfiammatoria. Tuttavia, molti gatti affetti da forme croniche mostrano una risposta migliore al desametasone rispetto al prednisolone. Inoltre, le dosi raccomandate o le velocità di iniezione per le forme deposito sono scarsamente documentate nei gatti e sono necessari ulteriori studi per determinare i protocolli e i rischi cui va incontro l’animale.
L’uso di formulazioni topiche è più difficile nel gatto rispetto al cane, in quanto il grooming indotto dal prurito provoca un notevole leccamento della cute non appena viene applicato un prodotto. È stato descritto l’uso dell’idrocortisone aceponato, che ha mostrato una rapida efficacia in 7 su 10 gatti studiati, con nebulizzazione quotidiana per 28 giorni, poi a giorni alterni. Tuttavia non sempre la formulazione spray è ben tollerata e potrebbe essere necessario applicare il prodotto mediante impacchi, tecnica che rende più difficoltoso il dosaggio.
Forma cronica e trattamenti a lungo termine
I trattamenti a lungo termine sono principalmente riservati alla gestione delle dermatiti allergiche di origine ambientale. L’eliminazione degli allergeni coinvolti non è sempre possibile e la desensibilizzazione, pur essendo efficace in molti casi, presenta alcuni limiti (via di somministrazione, intervalli prolungati di efficacia). Inoltre, è spesso necessaria la somministrazione regolare di un prodotto antiprurito.
In tale contesto, si deve preferire la ciclosporina sotto forma di sospensione orale da somministrare quotidianamente alla dose di 7 mg/kg. Come nel cane, è necessaria un’induzione di 4-6 settimane prima di poter notare gli effetti della terapia. Una volta ottenuta la remissione clinica (dopo 4-6 settimane), è possibile distanziare le dosi e limitare così gli effetti avversi. In più della metà dei gatti trattati le dosi possono essere ridotte a 2 volte/settimana.
Gli effetti gastrointestinali sono quelli riportati più frequentemente. Il sapore amaro della formulazione orale rende difficile la somministrazione ad alcuni gatti con abbondante ptialismo. Questo problema può essere aggirato somministrando capsule molli agli animali di peso sufficiente.
È stato dimostrato che un gatto che contrae la toxoplasmosi durante il trattamento con ciclosporina mostra segni clinici più gravi rispetto a un animale non trattato, mentre un gatto già portatore (sieropositivo) non presenta alcun rischio maggiore di recidiva. Inoltre, la sierologia può essere utile in determinate situazioni e deve essere valutato il rapporto rischi/ benefici (ad esempio, in un gatto che vive in casa e che viene portato fuori).
Farmaci senza autorizzazione all’immissione in
commercio
L’oclacitinib non ha l’autorizzazione all’immissione in commercio nel gatto, ma il suo uso è sempre più diffuso, con alcuni studi che ne riportano l’efficacia anche in questa specie. I dosaggi consigliati, tratti dalla letteratura, sono più elevati rispetto a quelli indicati nel cane: solitamente viene somministrato alla dose di 1 mg/kg ogni 12-24 ore. La mancanza di informazioni sui suoi potenziali effetti avversi e le dosi elevate richiedono un uso attento e un monitoraggio regolare dei pazienti.
Uno studio recente, che ha esaminato il profilo delle citochine in gatti affetti da asma e dermatite allergica, non sembra mostrare una prevalenza del ruolo dell’IL-31 in questa specie, contrariamente a quanto osservato nel cane. Sebbene l’IL-31 venga rilevata più spesso negli animali allergici, in questo studio le differenze con i gatti sani non sono significative.
È quindi necessario continuare gli studi in questa specie per chiarire i meccanismi eziopatogenetici dell’allergia e sviluppare terapie più appropriate. Tuttavia, l’oclacitinib, attraverso la sua azione più ampia su altre citochine (in particolare TH2), è talvolta efficace nella dermatite allergica.
Il lokivetmab, un anticorpo monoclonale caninizzato, non deve essere utilizzato nei felini a causa della rapida degradazione da parte del sistema immunitario e del rischio di anafilassi.
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