I protocolli di comunicazione possono rivelarsi strumenti di inestimabile valore per costruire un rapporto corretto con la clientela. Alcuni esempi? Gestire nel modo consono le telefonate, la visita clinica e i preventivi di spesa.

Un protocollo è un insieme orga­nizzato e coordinato di regole per compiere un’azione in un certo modo, al fine di ottenere un de­terminato risultato. In ambito professionale, l’uso di protocolli per­mette di superare il problema della variabilità, vale a dire l’utilizzo di modi differenti che le persone possono mettere in atto per gestire una stessa situazione o per risolvere un problema ricorrente. Il protocollo diventa così uno strumento per garantire la qualità e assicurare la produttività. Esistono diversi tipi di protocolli, che variano in formalità o complessità, a seconda dell’am­bito di applicazione. A volte sono imposti da normative (come nel caso di standard di sicu­rezza), altre volte riflettono delle best practice o standard di qualità aziendale.

I protocolli in ambito veterinario

In ambito veterinario troviamo normalmente tre grandi categorie di protocolli.

  • Protocolli clinici, che giocano un ruolo cruciale nel garantire una pratica clinica di qualità: come effettuare una visita di routine, come eseguire un certo esame, protocollo di accettazione in urgenza di un paziente.
  • Protocolli operativi e amministrativi, che riguardano il funzionamento della struttura da tutti i punti di vista non clinici: manuten­zione e forniture, politiche di sconto, gestione degli insoluti.
  • Protocolli di comunicazione, che facilitano una comunicazione chiara, coerente e profes­sionale sia con i clienti (comunicazione ester­na) che tra colleghi (comunicazione interna).

Queste tre categorie non esistono isolate l’una dall’altra: in effetti, ogni tipo di protocollo gioca un ruolo specifico, ma ha spesso un impatto su un altro aspetto. Ad esempio, la gestione di un cliente moroso (protocollo am­ministrativo) implica comunicare con lui in un certo modo per risolvere la problematica del suo debito con la clinica (protocollo di comunicazione).

Perché adottare dei protocolli di comunicazione con i clienti

C’è da dire che l’uso di protocolli in generale, compresi quelli di comunicazione, incontra spesso resistenza da parte dei veterinari. Molti li vedono come una complicazione burocra­tica e superflua, oppure come strumenti utili soltanto per il personale inesperto. Nei casi peggiori, si ritiene addirittura impossibile sta­bilire dei protocolli di comunicazione, data la variabilità delle situazioni e dei clienti.

In realtà, è proprio questa variabilità a rendere necessaria la creazione di protocolli: senza certe regole chiare, ogni situazione potrebbe essere gestita in modo diverso, portando a in­consistenze nella comunicazione che rischiano di sfuggire di mano. Immaginiamo un cliente che riceve da due veterinari della stessa clinica indicazioni diverse o addirittura contrastanti riguardo a una dieta o all’efficacia di un far­maco. Questo non solo creerebbe confusione nel cliente, che non saprebbe a quale delle due opinioni affidarsi, ma rifletterebbe anche una mancanza di coordinamento interno e di professionalità.

I benefici nell’adozione di protocolli di comu­nicazione da parte di una struttura veterina­ria sono numerosi. Tra i principali vantaggi possiamo menzionare:

  • migliorare la qualità della comunicazione, rendendola più chiara, coerente e professio­nale, poiché esiste un consenso tra colleghi su come comportarsi in situazioni specifiche;
  • ridurre gli errori e i malintesi, evitando di trasmettere al cliente informazioni contrastan­ti (come nell’esempio citato in precedenza);
  • eliminare la dipendenza da singole persone dello staff per l’approvazione o la gestione di determinate situazioni, garantendo maggiore autonomia e continuità operativa;
  • facilitare la trasmissione del know-how ai nuovi collaboratori, offrendo linee guida chia­re e facilmente replicabili;
  • ridurre lo stress del team e aumentare la produttività, poiché la standardizzazione con­sente una gestione più fluida delle situazioni complesse.

Esempi di protocolli di comunicazione in veterinaria

Esistono numerosi protocolli che possono es­sere adottati con i clienti in ambito veterina­rio: dall’accoglienza telefonica all’annuncio di cattive notizie, dalla gestione delle richieste di sconto alla spiegazione dei piani terapeutici, ogni protocollo ha l’obiettivo di ottimizzare la comunicazione in determinate situazioni, mi­gliorando l’esperienza complessiva del cliente e favorendo un rapporto di fiducia con il team veterinario.

In questo articolo esamineremo tre protocolli che possono essere utilizzati per gestire al meglio le interazioni con i clienti:

  1. protocollo per la comunicazione telefonica;
  2. protocollo per comunicare durante la visita;
  3. protocollo per spiegare un preventivo di spese veterinarie.

Protocollo di comunicazione telefonica

Il telefono è uno dei mezzi più utilizzati per interagire con i proprietari degli animali e richiede una particolare attenzione, in quan­to spesso rappresenta il primo contatto dei clienti con la struttura veterinaria. Per questo motivo, un protocollo di comunicazione tele­fonica efficace è fondamentale per garantire un approccio professionale, chiaro e rassicu­rante, riducendo il rischio di incomprensioni e migliorando l’efficienza operativa.

Il protocollo di comunicazione telefonica deve fornire delle linee guida specifiche per la ge­stione corretta delle telefonate, tenendo con­to di diversi aspetti, tra cui l’accoglienza, la raccolta delle informazioni e la gestione delle priorità. Oltre agli aspetti relazionali, come l’uso di un tono cordiale e disponibile, dovrà indicare quali informazioni devono essere raccolte e quali possono essere fornite tele­fonicamente oppure no – ad esempio le tariffe delle prestazioni o indicazioni che richiedono l’intervento diretto di un veterinario.

Un altro aspetto che diventa sempre più ne­cessario da gestire è l’utilizzo di servizi di messaggistica come WhatsApp: il protocollo di comunicazione telefonica dovrà stabilire in quali casi questo mezzo di contatto verrà proposto ai clienti, ad esempio se sarà dispo­nibile solo al di fuori degli orari di apertura della clinica.

Un caso particolare della comunicazione telefonica: gestire la priorità degli appuntamenti

La gestione delle chiamate da parte dei pro­prietari può sembrare un’attività di routine e basilare, ma in realtà nasconde diverse insi­die. Un’errata interpretazione dei sintomi o dei segni clinici, così come la sottovalutazione di certe avvisaglie riportate dal proprietario, pos­sono avere delle conseguenze mediche anche gravi, sia transitorie che permanenti. Per que­sto motivo, una formazione adeguata del front office è sempre essenziale, più in particolare all’interno di una struttura H24 con attività di pronto soccorso.

Sebbene l’esperienza ac­cumulata nel tempo consenta al personale di gestire con competenza situazioni di diversa complessità, dalla semplice richiesta di appun­tamento per una vaccinazione alla presa in carico di un caso critico, è preferibile adottare protocolli specifici per determinare il codice da attribuire al paziente, garantendo così una gestione accurata e tempestiva dei casi.

Per illustrare meglio il concetto, presentiamo un caso reale.

Un cliente chiama in clinica richiedendo un appuntamento con l’ortopedico, in quanto il suo gatto di 10 anni presentava una zoppia. Uno dei veterinari intercetta casualmente il dialogo della receptionist con il cliente e pro­pone una prima valutazione con lui, in quan­to l’ortopedico non sarebbe stato presente in struttura prima di quattro giorni. Il paziente viene portato in visita: oltre alla zoppia po­steriore, il gatto presentava un rigonfiamento a livello di cavo inguinale che poi è stato diagnosticato come ernia inguinale con con­testuale erniazione della vescica. Senza un intervento immediato di chirurgia risolutiva, il paziente rischiava un’ostruzione con blocco delle vie urinarie.

Questo è solo un esempio di comunicazione inefficiente, dovuta naturalmente alla man­canza di conoscenza medica del proprietario; a ciò si aggiunge una mancata indagine tele­fonica da parte del front office, che si è limi­tato a prendere in considerazione la richiesta del cliente senza approfondire ulteriormente la situazione o fare domande specifiche che avrebbero potuto evidenziare la gravità della condizione del paziente.

Proprio per evitare questo tipo di situazioni, la creazione di un protocollo per il triage te­lefonico risulta fondamentale. Tale protocollo dovrà includere delle domande mirate che il front office rivolgerà all’interlocutore telefo­nico, basandosi sulla prima descrizione del caso e seguendo i codici di urgenza, al fine di inquadrare il paziente in codice verde, giallo o rosso.

Nella tabella 1 sono riportati, per ogni categoria di codice, degli esempi al fine di semplificare il lavoro del front office e favorire una miglior organizzazione dell’a­genda dei medici e della gestione dei casi.

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Protocollo per comunicare durante la visita

La visita è un momento fondamentale nella prestazione professionale del veterinario: sebbene il suo obiettivo sia esaminare e trattare l’animale, rappresenta anche un momento di comunicazione e un’opportunità per instaurare un rapporto con il cliente.

Senza un certo metodo per condurre la visita clinica, si rischia di trascurare dettagli importanti, sia riguardo alla salute del paziente che alle preoccupazioni del proprietario. Seguire certe linee guida aiuterà anche a gestire la variabilità che menzionavamo all’inizio di questo articolo: ogni veterinario può avere il proprio stile personale, ma seguire un protocollo contribuisce a mantenere un livello di coerenza e accuratezza, indipendentemente dalle differenze individuali.

Inoltre, l’uso di un metodo ben definito per­mette di ottimizzare il tempo. Sapere esatta­mente quali domande porre o quali informa­zioni fornire in ogni fase della visita evita perdite di tempo dovute a improvvisazioni o ripetizioni. In questo modo, la visita diventa più efficiente, permettendo di ottenere le in­formazioni necessarie in modo rapido e preci­so, senza sacrificare la qualità dell’assistenza e ottimizzando l’uso del tempo a disposizione.

La guida Calgary Cambridge

La guida Calgary Cambridge è uno degli stru­menti più utilizzati al mondo per condurre la visita clinica. Sviluppata in partenza per la Medicina Umana da Suzanne Kurtz e Jonathan Silverman, è stata successivamente adattata alla Medicina Veterinaria.

Non si tratta di un protocollo nel senso stretto del termine, ma piuttosto di una guida alle competenze di comunicazione che si possono utilizzare in ogni fase della visita.

La guida Calgary Cambridge la visita clinica comprende cinque fasi, dall’i­nizio fino alla chiusura. Osserviamo anche due attività trasversali: fornire una struttura all’interazione e in parallelo costruire la rela­zione con il cliente. Questi due elementi non sono specifici di una fase in particolare, ma si sviluppano lungo tutta la durata della visita.

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Le cinque fasi della visita clinica secondo la guida Calgary Cambridge. Sono presenti anche due attività trasversali: fornire una struttura all’interazione e in parallelo costruire la relazione con il cliente, non specifiche di una fase in particolare, ma che si sviluppano lungo tutta la durata della visita.

Nella tabella 2 è riportato un esem­pio di protocollo semplificato di comunica­zione durante la visita, costruito sulla base delle raccomandazioni della guida Calgary Cambridge.

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Le competenze trasversali

Soffermiamoci adesso sulle due competenze trasversali: fornire una struttura e costruire una relazione.

La prima, fornire una struttura, consente di rendere esplicita la struttura dell’interazione tra veterinario e cliente. In effetti, una visita non è una conversazione informale tra amici, ma un incontro in cui ognuno ha un ruolo e degli obiettivi ben precisi. Rendere chiara l’organizzazione dell’incontro, ad esempio se­gnalando i vari passaggi della visita oppure spiegando al cliente cosa si osserva mentre si ausculta l’animale, aiuta a guidare il cliente attraverso il processo, riducendo incertezze e confusione. In questo modo, il cliente si sente più sicuro e coinvolto, poiché capisce meglio come si svolgerà la visita e quale sarà il suo contributo. Esempi:

  • Prima le farò alcune domande…. Dopo esa­minerò Max… infine discuteremo le opzioni terapeutiche…
  • Abbiamo discusso le condizioni attuali di Max, adesso parliamo di strategie per preve­nire future complicazioni”.
  • Dato che stiamo per finire la visita, ha qualche altra domanda?

La seconda competenza trasversale, costruire una relazione, è fondamentale per instaura­re fiducia e collaborazione tra veterinario e cliente fin dall’inizio della visita. La costru­zione della relazione si basa principalmente sulla comunicazione e riposano su competenze quali l’empatia, l’ascolto attivo e una corretta gestione della comunicazione non-verbale. Mostrare empatia significa comprendere le preoccupazioni del cliente, riconoscendo e dimostrando un genuino interesse per le sue emozioni. Il linguaggio non verbale, come il contatto visivo e un atteggiamento aperto e rassicurante, contribuirà ulteriormente ad esprimere empatia.

Esempi:

  • La vedo preoccupata (interpretazione del linguaggio non verbale). La capisco perfet­tamente, anch’io al suo posto mi sentirei così (empatia)”.
  • Mi rendo conto che non sono notizie inco­raggianti (empatia), ma faremo il possibile per dare a Max una qualità di vita quanto più se­rena e confortevole (espressione di supporto) ”.
  • Avete fatto un ottimo lavoro con la dieta che vi ho indicato, vedo che Max è in forma adesso (apprezzamento della collaborazione del cliente) ”.

Questo contribuirà a costruire una relazione solida, faciliterà una comunicazione più ef­ficace e migliorerà l’adesione alle raccoman­dazioni del veterinario da parte del cliente.

Le strutture veterinarie che hanno adottato l’approccio della guida Calgary Cambridge sono numerose, con risultati molto positivi. Altre invece hanno applicato soltanto alcuni elementi della guida, o varianti di essa, perché rappresenta un modo efficace e professionale di condurre la visita clinica.

Protocollo per spiegare un preventivo di spesa

È ben noto che parlare di denaro mette a disa­gio lo staff veterinario, spesso a causa della mancanza di formazione su come affrontare l’argomento in modo sereno ed efficace. Per questo motivo si tende a sbrigare questa in­combenza il più velocemente possibile, pre­sentando al cliente un preventivo e chieden­dogli di firmarlo per accettazione.

Tuttavia, questo approccio non è il più cor­retto, poiché manca di trasparenza e non of­fre al cliente le informazioni necessarie per comprendere appieno le opzioni di trattamento e i costi associati. Al contrario, può genera­re confusione, insicurezza e, in alcuni casi, diffidenza. Fornire una spiegazione chiara del preventivo permette invece di instaura­re un rapporto di fiducia, dando al cliente l’opportunità di fare scelte consapevoli e di comprendere il valore e i benefici delle cure proposte.

Naturalmente questo approccio non è necessa­rio per prestazioni semplici come vaccinazioni o controlli di routine, ma è consigliato in casi complessi quali interventi o trattamenti di lunga durata che possono comportare spese significative per il proprietario.

Un punto di discussione abbastanza frequente su questo argomento riguarda quali possono essere le figure dello staff a cui affidare il compito di presentare e spiegare ai proprietari il preventivo. Considerando due principali tipi di prestazioni: riteniamo che i preventivi per prestazioni ordinarie (vaccinazioni, radio­grafie, ecografie) possano essere illustrati da personale non veterinario, adeguatamente formato; per le prestazioni complesse, invece, è preferibile che sia il medico veterinario a presentare il preventivo, dato che sarà in gra­do di fornire maggiori dettagli o giustifica­zioni terapeutiche per ciascuna voce inclusa.

Elementi che potrebbero conformare un protocollo per spiegare un preventivo di spesa

  • Prendere un appuntamento con il cliente per illustrare il preventivo di persona.
  • Prevedere l’appuntamento in un ambiente tranquillo e rassicurante, evitando le inter­ruzioni
  • Presentare al cliente una copia stampata del preventivo, facendo presente la propria intenzione di spiegare le diverse voci affinché i costi siano trasparenti, comprensibili e senza sorprese
  • Descrivere le singole voci del preventivo, illustrando la necessità di ogni servizio o pro­cedura, utilizzando un linguaggio semplice e non tecnico per facilitare la comprensione
  • Spiegare eventuali alternative, se esistono, e chiarire differenze, vantaggi o svantaggi
  • Illustrare le opzioni di pagamento
  • Verificare la comprensione e offrire dispo­nibilità per rispondere a eventuali domande
  • Chiudere l’incontro in modo empatico e ras­sicurante: “Siamo qui per fare tutto il possibile affinché Max riceva le migliori cure. Il nostro obiettivo è garantirgli una vita sana e felice, e il preventivo che abbiamo discusso riflette proprio questo impegno”.

Considerazioni aggiuntive sui protocolli in ambito veterinario

Per concludere la nostra analisi, vorremmo sottolineare tre aspetti da tener presenti quan­do si decide di implementare dei protocolli.

  • I protocolli non sono semplicemente una serie di istruzioni operative, ma riflettono i valori, la missione e gli obiettivi del business. Ogni clinica veterinaria ha un’identità unica, e i protocolli devono essere concepiti e applica­ti in base a questa specificità. Ciò significa che non possono essere facilmente scambiati o riutilizzati da altre strutture senza perdere parte del loro significato e della loro effica­cia. Personalizzare i protocolli in base alle esigenze del team e della propria clientela è fondamentale per mantenere la coerenza tra il lavoro quotidiano e i valori su cui si fonda l’attività della struttura veterinaria.
  • Non è necessario creare un protocollo per ogni singolo aspetto dell’attività. I protocolli devono concentrarsi su situazioni che richie­dono una gestione chiara e ripetibile, spe­cialmente quelle che rappresentano una sfida quotidiana o che generano stress nel personale. L’obiettivo è fornire soluzioni strutturate a problemi ricorrenti, aiutando il team a lavo­rare in modo più efficiente e sereno. Un buon protocollo allevia l’incertezza, standardizza i processi e riduce la possibilità di errori.
  • I protocolli devono essere regolarmente ag­giornati. Si tratta di strumenti dinamici che hanno bisogno di essere rivisti e adattati a eventuali nuove necessità. Con il progresso delle conoscenze scientifiche, l’introduzione di nuove tecnologie e il cambiamento delle esi­genze dei clienti e del personale, è fondamen­tale che i protocolli riflettano queste variabili. Rivedere ogni tanto i protocolli consente di migliorare continuamente le pratiche e di ga­rantire che siano sempre pertinenti ed effica­ci. Inoltre, coinvolgere il team nella revisione dei protocolli favorisce un ambiente di lavoro collaborativo, in cui ciascun membro si sente parte integrante del processo e può contribu­ire con le proprie esperienze e idee. Questo approccio non solo ottimizza le operazioni, ma promuove anche un’atmosfera di appren­dimento continuo e adattamento, essenziale per il successo a lungo termine della clinica.

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