La prof.ssa Paola Fossati chiarisce le principali questioni legali inerenti all’eutanasia in un incontro promosso dall’ADVM.

Dopo aver trattato la preparazione emozionale del veterinario al fine vita del paziente, nel secondo incontro del ciclo “Psico-VetEnd” proposto dall’ADMV (Associazione Donne Medico Veterinario) sono state affrontate le responsabilità del veterinario nell’atto eutanasico, grazie alla presentazione della prof.ssa Paola Fossati (DVM, Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali Università degli Studi di Milano, Specialista in Diritto e Legislazione veterinaria).


Per approfondire le tematiche trattate nel primo incontro riguardanti gli aspetti piscologici dell’eutanasia, vedere: Eutanasia: come affrontarla adeguatamente?


L’atto eutanasico è responsabilità del medico veterinario e un momento delicato della professione, che espone ad alcuni rischi professionali.


Prof.ssa Paola Fossati

La pratica dell’eutanasia ha molteplici sfaccettature a seconda che l’atto sia compiuto su animali d’affezione (sia di proprietà che di rifugio), su animali da reddito, su animali utilizzati per procedure scientifiche, su selvatici oppure ancora su animali impiegati in attività sportive.

La “soppressione eutanasica” (termine analogo per definire l’eutanasia in maniera umanitaria) inoltre non avviene sempre nell’interesse dell’animale, basti pensare alla soppressione degli animali utilizzati a fini sperimentali, agli animali sottoposti a stamping out, oppure ai cani soppressi per comprovata aggressività.

Eutanasia e società moderna

La pratica eutanasica deve tenere conto dei connotati della società moderna che secondo la relatrice si possono riassumere in 5 punti.

  1. Maggior sensibilità sociale: gran parte dell’opinione pubblica è concorde sul fatto che gli animali dovrebbero avere più diritti (in questo non accettando atteggiamenti antropocentrici). D’altronde, la tutela degli animali è stata recentemente inserita nella nostra Costituzione
  2. Maggiori conoscenze scientifiche sul dolore nelle varie specie, e quindi richiesta di aggiornamento professionale al veterinario
  3. Integrazione degli animali nel contesto famigliare
  4. Divergenti punti di vista e interessi (con alla base i concetti di antropocene e antropocentrismo) che portano ancora a disfarsi degli animali per interessi personali
  5. Norme di riferimento in continuo aggiornamento, fatto che testimonia la maggior sensibilità sociale verso gli animali

Eutanasia e codice deontologico veterinario

L’eutanasia è atto esclusivamente medico veterinario guidato dall’etica professionale del medico veterinario, e può essere effettuata al fine di evitare sofferenze psico-fisiche e/o dolore inaccettabile, oppure può essere perpetrata nei casi consentiti dalla Legge.


Codice deontologico veterinario art. 30.

È responsabilità del medico veterinario, tenendo conto del progresso scientifico, valutare la sofferenza e il dolore ed effettuare l’eutanasia, nel cui ambito il professionista potrebbe trovarsi a dover rispondere:

  • della propria condotta attiva od omissiva1
  • di responsabilità professionale a contenuto variabile da rapportare a ogni singolo caso

A cosa fare attenzione

La prof.ssa Fossati ha poi suggerito alcuni comportamenti a cui il medico veterinario dovrebbe attenersi nel prendere in considerazione l’atto eutanasico sul paziente:

  • Evitare il coinvolgimento emotivo che pregiudica l’obiettività e la serenità e porta a omissioni professionali (in questo campo non può esistere l’obiezione di coscienza)
  • Evitare l’accanimento terapeutico, al cui proposito la relatrice ha segnalato che a volte si tratta di “scommesse terapeutiche”, volte più a soddisfare la curiosità e le sfide personali del medico che a rispettare la dignità del paziente, tuttavia talvolta l’ostinazione alle cure da parte del veterinario (anche quando non si può fondatamente attendere un beneficio per il paziente oppure un miglioramento della sua qualità di vita) può essere dovuta a uno stato di empatia con il proprietario e/o al timore di non aver fatto abbastanza per l’animale
  • Non lasciar morire “naturalmente” un animale che soffre, un comportamento non conforme al codice etico del medico veterinario
  • Ricordarsi che non rispettare la legge comporta sanzioni

La relatrice ha accennato anche alla tendenza, che si sta diffondendo anche in Medicina Veterinaria, della medicina difensiva. Inoltre, dato che i clienti spesso si informano, si confrontano e, considerando il loro pet come membro della famiglia, possono assumere atteggiamenti che alimentano il moral distress del medico veterinario. A tal proposito la relatrice auspica che i professionisti, schiacciati dal peso delle responsabilità, valutino la possibilità di riunirsi in comitati etici per chiedere il diritto al supporto psicologico.

Eutanasia e legislazione

In base al Codice civile, il rapporto che si instaura fra proprietario e medico veterinario obbliga quest’ultimo a una responsabilità contrattuale in cui l’animale è ”oggetto” del contratto. Si tratta quasi sempre di contratto di tipo verbale, che comunque impegna il professionista all’obbligazione di mezzi per raggiungere il risultato (la guarigione), anche se tale impegno non prevede che possa essere raggiunto con assoluta certezza.

Ogni eventuale insuccesso, tra cui il decesso dell’animale, ma anche eventuali problemi nell’esecuzione dell’eutanasia, sarà valutato legalmente in riferimento ai doveri di:

  • diligenza” relativi allo svolgimento dell’attività medica come cita l’articolo ex 1176, comma 2 c.c. “Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata
  • perizia, cioè comprovata competenza ed abilità nel proprio operato
  • prudenza, con equilibrio, ponderazione e misura nell’agire

I LEA in Medicina Veterinaria

In ambito umano sono stati definiti i cosiddetti LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che chiedono di garantire assistenza ma anche un bilanciamento costo/beneficio.

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Il concetto di LEA illustrato dalla prof.ssa Fossati durante il webinar.

Anche in Medicina Veterinaria, per la relatrice, sarebbero utili come ausilio alla razionalizzazione della prestazioni, ovvero per comprendere l’appropriatezza della prestazione razionalizzando l’impiego dei mezzi disponibili in funzione del risultato atteso e della sua effettiva raggiungibilità, anche dal punto di vista economico.

Non solo norme legali per l’eutanasia

Nell’effettuare l’eutanasia il veterinario dovrà tenere in considerazione anche aspetti non strettamente normati da leggi:

  • benessere dell’animale
  • scienza e coscienza
  • aggiornamento professionale
  • consenso informato e autorizzazione all’eutanasia
  • certificazioni

La prof.ssa Fossati ha segnalato l’importanza del consenso informato per quanto riguarda le responsabilità del medico veterinario. Il proprietario deve essere consapevole di quello che verrà fatto al suo animale e anche del fatto che non ci sono scelte alternative. Il consenso informato va redatto nella maniera corretta a tutela sia del proprietario che del veterinario che del paziente.

Certificazioni… certe!

Coinvolgere il proprietario nelle decisioni, fornirgli le varie alternative di cura e alla fine renderlo consapevole che non ci sono più alternative, e fare in modo che sia convinto quanto il medico veterinario e che non cambi idea, è l’unico modo per essere meno esposti a critiche; tuttavia la tutela totale del medico veterinario non è mai garantita.

I moduli per il consenso informato messi a disposizione dagli Ordini sono un buon punto di partenza ma solo l’esperienza nella comunicazione permette di infondere nel proprietario la fiducia che farà in modo che, nonostante le eventuali informazioni contrastanti, non si discosti da quanto deciso.

Per quanto riguarda il certificato di morte, la relatrice consiglia di descrivere dettagliatamente gli elementi che hanno condotto alla prognosi totalmente infausta.

Altri parametri nella valutazione dell’eutanasia:

  • Eventuali ripercussioni sulla salute pubblica o sicurezza anche a lungo termine
  • Accettazione delle cure da parte del paziente che deve essere collaborante e non stressarsi troppo per la terapia
  • Qualità di vita in seguito al danno funzionale subito (deve essere compatibile con la vita e l’etologia del paziente)

Leggi speciali per animali d’affezione

La relatrice ha passato in rassegna le norme che riguardano la soppressione degli animali.

Fino alla Legge n. 281/91, i cani giunti in canile potevano essere soppressi dopo pochi giorni se non reclamati dal proprietario, allo scopo di proteggere la società dalla rabbia. Con l’entrata in vigore di questa norma, la soppressione di animali d’affezione è stata vietata e i cani presenti in canili e rifugi possono essere soppressi solo se gravemente ammalati, inguaribili o di comprovata pericolosità (art. 2).

In seguito la Circolare MinSal n. 9 del 10 marzo 1992 ha ribadito il divieto di soppressione, salvo casi “particolari e giustificabili” dei cani:

  • cani affetti da patologie inguaribili (in cui l’organismo non reagisce più ai farmaci, malattie in stadio terminale, ma non malattie croniche che possono rispondere ad adeguata terapia)
  • animali incurabili (soggetti in grande stato di sofferenza con impraticabilità di qualsiasi trattamento terapeutico e con compromissione dello stato di salute grave, non suscettibile di guarigione e con la prospettiva di vivere un lungo periodo di agonia). Ciò vale anche in caso di impraticabilità del trattamento terapeutico (ad es. selvatici) o di inesistenza della terapia per un animale sofferente; tali animali potrebbero rientrare nelle condizioni di essere soppressi per cure troppo onerose oppure troppo difficili da praticare, lo per cure in scarsezza o assenza di mezzi, in condizioni di fortuna
  • animali comprovatamente pericolosi per la sicurezza delle persone, ovvero animali che hanno contratto una malattia infettiva per cui sia previsto l’abbattimento (ad es. rabbia), oppure irrimediabilmente aggressivi. Per comprovare uno stato di aggressività irrimediabile, serve la consulenza tecnica collegiale di più colleghi che devono produrre una una relazione tecnica con le relative motivazioni. “Attualmente questo fenomeno è problematico”, ha sottolineato la prof.ssa Fossati, soprattutto perché vi sono animali che vivranno rinchiusi a vita perché ingestibili a causa dell’aggressività

I principi della Legge n. 281/91 sono ripresi, e a volte integrati, da normative regionali. Ad esempio la LR Lombardia n. 33/09, (norme relative alla tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo), all’art.107 garantisce le funzioni e le attività sanitarie sul proprio territorio in particolare in riferimento agli interventi di pronto soccorso finalizzati alla stabilizzazione dei cani vaganti o di gatti che vivono in libertà, rinvenuti feriti o gravemente malati.

Con la Legge 189/04 sono state introdotte disposizioni per il divieto di maltrattamento di animali e contro l’impiego in combattimenti clandestini o in competizioni non autorizzate. Prima di questa norma, un proprietario poteva chiedere lecitamente che fosse soppresso il proprio animale.

Paradossalmente, grazie alla Legge 281/91, prima del 2004 erano più protetti i cani in canile/rifugio!


Prof.ssa Paola Fossati

Questa legge ha inserito nel Codice penale l’art. 544-bis in tema di uccisione di animali, il quale prevede una pena da 3 a 18 mesi di reclusione se l’uccisione è avvenuta per crudeltà o senza necessità. La norma richiede come elemento soggettivo il dolo con la consapevole volontà di uccidere, oppure con la condotta omissiva nei confronti dell’animale.

Eutanasia e stato di necessità

Le malattie zoonosiche e l’aggressione da parte di un cane rientrano nella casistica contemplata dagli art. 52 c.p. e 2044 c.c. (legittima difesa di sé o di altri) e dagli art. 54 c.p. e 2045 c.c. (stato di necessità per salvare sé stessi o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona quando il pericolo non è causato da chi agisce in stato di necessità o non era evitabile): per quanto riguarda la legittima difesa, vi è un’aggressione da parte di un soggetto, mentre nello stato di necessità vi è un pericolo di danno grave alla persona.

La prof.ssa Fossati ha infine insistito sull’importanza di valutare caso per caso, soprattutto riguardo all’assenza di necessità: l’aggressione da parte di un cane di taglia piccola molto difficilmente potrebbe mettere in condizioni di reagire per legittima difesa con l’uccisione dell’animale, ovvero la difesa va sempre proporzionata all’offesa. La norma non cita tutti i casi di necessità di pratica eutanasica; ogni nuova sentenza verrà interpretata in modo da costituire esempio per una eventuale casistica successiva.

Per approfondire le tematiche trattate nel primo incontro riguardanti gli aspetti piscologici dell’eutanasia, vedere: Eutanasia: come affrontarla adeguatamente?

  1. Il mancato compimento di un’azione da parte del soggetto che ha obbligo giuridico di compierla” (www.lagiuristaonline.it).
    Nel caso del medico veterinario potrebbe essere dovuta a un atteggiamento che evita di fornire cure che consentirebbero all’animale di continuare a vivere. ↩︎
Fonti:

19/10/2023: Psico-Vet-End 2, Eutanasia e responsabilità del medico veterinario. Organizzato dall’Associazione Donne Medico Veterinario.

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