Non è tutto oro ciò che luccica. Un proverbio che ben rappresenta la situazione attuale riguardo all’uso dell’intelligenza artificiale (IA). Spesso i pro riescono a mascherare furbescamente i contro, come ricordato da un’analisi puntale del dott. Ferruccio Marello, consulente per le certificazioni di qualità ISO, GFSI e Regulatory Auditor FDA FSMA.

Quest’oggi proveremo a cimentarci in un esperimento di enorme difficoltà, da cui con tutta probabilità usciremo sconfitti, cioè tenteremo di parlare obiettivamente di intelligenza artificiale, o meglio: di Intelligenza Artificiale con le iniziali maiuscole, come oggi usa fare quasi si trattasse di una persona. Già, perché il delirio collettivo che ormai ruota intorno a questo argomento ha travalicato sia il limite della ragionevolezza che quello dell’opportunità, esplodendo in una vera e propria orgia mediatica, in cui tutto e presente tranne l’oggettività.

Cos’è l’intelligenza artificiale

Allora, iniziamo la nostra missione impossibile tentando di fissare un primo paletto. L’intelligenza artificiale alla fine della fiera è un software, raffinato, evoluto, performante, innovativo finchè si vuole, ma sostanzialmente un software.

Ciò significa in soldoni due cose. La prima e che gruppi di persone variamente articolati, ma molto più intelligenti dell’intelligenza artificiale, sono in grado di programmare sistemi informatici, affinché svolgano determinati compiti partendo da gruppi di informazioni per arrivare a determinati risultati, visibili e soddisfacenti per l’utente.

La seconda è che quell’insieme di sistemi informatici, ormai comunemente chiamato intelligenza artificiale (IA), è in grado di svolgere i compiti per cui è programmato a una velocita infinitamente superiore a qualunque essere umano, per intelligente che possa essere.

Un nuovo corso?

Si ripropone ancora una volta il quotidiano paradosso a cui la moderna informatica ci ha abituati da molti decenni, rappresentato dall’informatizzazione di attività che persone adeguatamente formate saprebbero effettuare senza problemi, per ottenere tramite i computer un incremento multi-esponenziale della velocita di esecuzione. L’intelligenza artificiale persegue esattamente il medesimo scopo, ma apportando una rilevantissima novità e cioè che la dimensione non e più quella del singolo PC o gruppo di PC, ma, mediante Internet e il cloud, tramite un’ampiezza operativa molto superiore geograficamente, tecnicamente e umanamente parlando.

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© BOY ANTHONY – shutterstock.com

La flessibilità, la velocità e l’apparente semplicità dell’intelligenza artificiale hanno immediatamente affascinato tutti, partendo dai singoli cittadini fino ai Governi di mezzo mondo, precisamente del mezzo mondo più ricco, passando per istituzioni, aziende, università e via elencando. Peccato però che la tendenza apparentemente prevalente sia quella di concentrarsi quasi soltanto sui portentosi risultati puntualmente raggiunti dall’intelligenza artificiale, destando a ogni nuovo esperimento applicativo sempre più stupore, sempre maggiore ammirazione e sempre più subliminali riflessioni su quale incommensurabile business essa rappresenti.

Cosa stiamo sottovalutando?

Abbiamo detto prima che, all’interno delle applicazioni basate sull’intelligenza artificiale, da un lato entrano dei dati e dall’altro escono dei risultati rapidi, vistosi e strabilianti, ma di quanto capita in mezzo nessuno sa nulla e in futuro nessuno saprà mai nulla. Infatti, uno degli errori che si commettono più frequentemente è quello di parlare di intelligenza artificiale come se si trattasse di qualcosa che un giorno potrebbe diffondersi, quasi come se fosse un bel progetto oggi da sviluppare, da sostenere e magari, perché no, da regolamentare, tanto per evitare un suo uso fraudolento.

È proprio qui l’errore, perché l’intelligenza artificiale e già fra noi ed è già protagonista di molti usi delittuosi e fraudolenti, che hanno però il sapore di piccoli banchi di prova, tanto per affinare le armi, in attesa di poter finalmente cominciare con i “lavori grossi”, quelli veramente importanti, redditizi, vitali, strategici.

Approfittando dell’estrema fragilità dell’utente informatico medio, cioè quello che passa la sua giornata incollato al display dello smartphone, l’intelligenza artificiale è in grado di indirizzare il pensiero politico, economico, commerciale ed elettorale di fasce molto vaste di sprovveduti, a cui già oggi e senza intelligenza artificiale e possibile far credere di tutto e di più, usando i metodi comunicativi giusti.

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© Sansoen Saengsakaorat – shutterstock.com

È innegabile che l’IA potrebbe portare vantaggi interessanti in molti settori, ma questi vantaggi, comunque configurati, sarebbero solo la manifestazione esteriore finale della sua attività, e non certamente la totalità del suo lavoro, rimanendo la parte più interessante, strategica e remunerativa ovviamente occulta.

L’esempio delle grandi multinazionali

Google e Microsoft, per esempio, hanno implementato nelle loro applicazioni l’IA e, evidentemente ritenendo questa una certezza e non solo una remota possibilità, hanno dichiarato che, nel caso in cui i loro utenti dovessero essere coinvolti in cause legali risarcitorie, attivate da proprietari di opere dell’intelletto da essi involontariamente derubati, potranno rivolgersi ai due colossi per farsi carico delle proprie spese legali.

Qualche utente di Office avrà notato una nuova funzione inserita negli ultimi aggiornamenti di Microsoft, che si chiama Copilot e che offre aiuto nella stesura di documenti, utilizzando proprio l’IA e con risultati estremamente validi, naturalmente a patto di non domandarsi mai da dove siano stati prelevati i dati di partenza.

Una base normativa insufficiente

L’Italia sta cavalcando la tigre dell’intelligenza artificiale con una normativa tanto avveniristica quanto inutile, che sta attirando l’attenzione di molti altri Paesi, i quali sentono in qualche modo di dover fare qualcosa per mettere delle regole, quasi sempre pero senza avere le idee ben chiare su come riuscirci. Perché questi tentativi di normazione sono inutili? Perché moltissimi aspetti di Internet, della privacy, della protezione degli utenti e dei consumatori e via legiferando sono già soggetti a decisi tentativi di regolamentazione in tema di cybersicurezza, ma nessun apprezzabile risultato è mai veramente stato raggiunto.

Un aiuto arriva da un libro

È opportuno occuparsi di questi argomenti, pur senza essere degli informatici, perché stiamo parlando della nostra liberta personale e delle tutele a cui dovremmo avere diritto in termini di espressione del pensiero, proprietà intellettuale, diritto a informazioni vere e trasparenti, ma le violazioni di tutto ciò sono ormai quotidiane, anche senza arrivare all’uso capillare di IA. Ecco perché bisognerebbe fare un passo indietro informativo e avvicinarsi all’argomento intelligenza artificiale tramite un’attività propedeutica molto importante ed estremamente utile, rappresentata dalla lettura di un semplice libro.

Il titolo è “L’arte dell’invisibilità” e l’autore e Kevin Mitnik, per lungo tempo l’hacker più famoso e ricercato al mondo, a causa di una serie di violazioni ai sistemi informatici del Governo degli Stati Uniti e della conseguente caccia all’uomo che ne derivò.

Perché bisognerebbe leggere questo libro? Per togliersi definitivamente qualunque illusione residua sul fatto che la nostra privacy, i nostri dati, la nostra stessa vita possano essere in qualche modo protetti da chicchessia e per comprendere come la sottrazione e poi la commercializzazione dei nostri dati personali rappresentano attività assolutamente quotidiane, di gran lunga più remunerative di petrolio, oro, diamanti e uranio messi insieme.

Serve uno sguardo d’insieme per mantenere un pensiero critico

Nessuno vuole negare che l’IA possa compilare una complessa tesi di laurea in pochi minuti, scarsa spesa e fatica personale praticamente nulla, ma se ci concentriamo troppo sui singoli puntiformi effetti positivi, dimenticando tutto il resto, sarebbe un po’ come concentrarsi a fondo su un albero, ma perdendo di vista la foresta.

Chiudiamo con la considerazione forse più triste che capita spesso di leggere e cioè che tanto l’IA andrà avanti in ogni caso; perciò, tanto vale adoperarla per i suoi lati buoni e non perdere tanto tempo a ostacolarla, in altre parole la resa definitiva del pensiero umano razionale e la nascita ufficiale di molte nuove generazioni future composte da ignoranti. Quelle che hanno sempre sognato di avere tutti i (pre)potenti della Terra.

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