La pupilla si dilata, la frequenza del respiro e il battito cardiaco aumentano, il corpo si prepara a rispondere all’evento stressante… La paura insorge in modo automatico come risposta a uno stimolo considerato minaccioso, e rappresenta un’emozione funzionale poiché permette all’individuo, al gruppo sociale in cui vive e alla sua progenie di sopravvivere. La risposta “fight or flight” è una reazione normale e fisiologica: il cane può fuggire o aggredire.
I trigger del cane fobico
Gli stimoli che inducono paura non solo provengono dall’ambiente esterno (come, ad esempio, un rumore) ma anche dal ricordo di un evento. Ogni emozione, infatti, “colora” un’esperienza attribuendole un significato positivo (mi è piaciuto) o negativo (mi sono spaventato, mi sono arrabbiato e così via). Sembra che il ricordo degli eventi negativi si conservi in modo più vivido anche se i dettagli sono percepiti con minor coerenza rispetto a ciò che è realmente accaduto.
Al giorno d’oggi però si preferisce parlare di esperienza emotiva poiché è stata dimostrata la presenza di una componente cognitiva: le emozioni non sono solo dettate da ciò che accade in quel momento ma è possibile imparare dalle esperienze passate e modificare il nostro comportamento.
Il cane nelle condizioni positive, per esempio quando è felice, contrae i muscoli che portano le orecchie ad avvicinarsi alla testa. Nelle condizioni negative, per esempio quando l’animale ha paura, è più frequente l’azione dei muscoli che portano a socchiudere le palpebre, leccare le labbra, ansimare, leccare il naso; le orecchie, invece, sono appiattite sulla testa e portate all’indietro.
Paure ereditarie e apprese
È probabile che il sistema emotivo del cane si sia evoluto non solo per facilitare la comunicazione con i propri simili ma anche con gli esseri umani. Un recente studio, infatti, ha rilevato che i cani emettono molte più espressioni facciali quando li osserviamo e sono capaci di sollevare il sopracciglio per assumere un atteggiamento che ricorda la tristezza così da attirare la nostra attenzione.
Alcune paure possono essere ereditate mentre altre possono essere apprese. I topi, per esempio, sono capaci di trasmettere ciò che conoscono ai propri piccoli. Condizionando alcuni di questi animali a provare paura quando percepiscono uno specifico odore, questa sensazione può essere trasferita ai neonati fino a due generazioni successive. I bambini possono acquisire alcune paure sviluppate dalla madre a causa di traumi vissuti nel passato: le esperienze negative sono apprese “ricavandole” dalle espressioni del volto materno durante il racconto dell’accaduto.
Il sistema nervoso del cucciolo, nel corso della crescita, attraversa momenti particolari dello sviluppo chiamati periodi sensibili. Tutto ciò che il piccolo conoscerà, soprattutto durante i primi tre mesi circa di vita, arricchirà la sua banca dati. Oggetti, rumori, odori, persone, altri cani, gatti e così via sono “esaminati” e incamerati nella memoria del cucciolo così da non averne paura in futuro.
Il ruolo educativo della mamma è fondamentale per realizzare tutto ciò: il piccolo deve essere capace di gestire al meglio le proprie emozioni così da sfruttare le potenzialità dell’apprendimento. L’assimilazione delle informazioni, infatti, avviene con facilità quando le emozioni provate sono ad un livello “medio”. Gli eccessi emozionali (“picchi” o disregolazioni), invece, ostacolano l’apprendimento.
La fobia
La fobia, nel “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” dell’uomo, è definita come “paura intensa e persistente, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o di una situazione specifica”. Questa classificazione può essere utilizzata anche nella medicina del comportamento del cane.
Secondo l’origine è possibile distinguere fobie ontogenetiche e fobie post-traumatiche.
- Le fobie ontogenetiche sono legate alle condizioni dello sviluppo comportamentale: il cane ha paura degli stimoli che non ha conosciuto in modo corretto durante i periodi sensibili (soprattutto il periodo di socializzazione che si estende dal primo al terzo mese di vita). È opportuno evidenziare che non è importante solo la quantità delle esperienze realizzate ma anche la loro qualità: per esempio, un cucciolo accarezzato dalla maggior parte delle persone sconosciute incontrate durante la passeggiata può diventare diffidente nei confronti degli esseri umani; la manipolazione effettuata a priori, senza il consenso dell’animale, si trasforma in un’esperienza “colorata” da emozioni negative come per esempio il disagio, il timore e la frustrazione.
- Le fobie post-traumatiche, invece, sono dovute alla presenza di uno stimolo d’intensa entità in una situazione senza via di fuga come, per esempio, un’aggressione improvvisa da parte di un altro cane o l’essere vittima di un incidente. Anche il cane può essere affetto dal disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Nell’essere umano tale condizione consiste in un grave disturbo d’ansia che origina in seguito all’esposizione a un evento traumatico come le esplosioni durante una guerra, la morte, gli incidenti e gli eventi estremi come terremoti, inondazioni e così via. Il cane manifesta alterazioni comportamentali persistenti che non terminano nelle settimane successive al trauma.
Le fobie più comuni
Gli stimoli fobogeni più comuni sono inerenti a:
- rumori (come per esempio spari, tuoni, fuochi d’artificio, sibilo del vento tra le mura domestiche, una porta che sbatte, e così via);
- esseri umani (soprattutto di sesso maschile);
- altri cani;
- oggetti statici o in movimento.
La sintonia emozionale
Il profilo caratteriale timoroso, così come la ridotta qualità delle cure materne ricevute, concorrono ad aumentare la fragilità emozionale del cucciolo e, di conseguenza, la probabilità della comparsa di paure e fobie. Mamma cane stringe con i propri piccoli una relazione molto particolare. Nell’ultimo periodo di gravidanza le emozioni della madre sono già percepite dai cuccioli: le contrazioni dell’intestino legate allo stress, per esempio, o le carezze sull’addome della femmina gravida, inducono la percezione di disagio o di piacere da parte dei piccoli.
La sintonia emozionale prosegue alla nascita e dopo il parto: il legame di attaccamento permette la crescita fisica e psichica dei neonati. Inoltre, la femmina secerne dalle ghiandole poste tra le file delle mammelle i feromoni di appagamento che aiutano i cuccioli a sentirsi “bene” e rilassati. La mamma rappresenta una base sicura e una maestra di vita (centro referenziale): tranquillizza, rassicura e mostra “come si fa”.
Con la crescita il legame di attaccamento si “allarga” ai membri del gruppo con cui il piccolo vive (l’allevatore, i cani, gli altri animali) e ai componenti della famiglia umana. Il legame tra cane e referente è da considerarsi al pari dell’attaccamento del bambino alla propria mamma. L’essere umano è, a tutti gli effetti, la figura di riferimento/accudimento di questo animale e tra le due specie nasce una vera e propria relazione affettiva.
Il quadro clinico del cane fobico
La risposta comportamentale del cane agli stimoli fobogeni consiste nell’attivazione del sistema nervoso autonomo (tachicardia, tachipnea, midriasi, tremori, scialorrea, ipervigilanza, dispepsia, biascicare, sbadigliare, eruttare, vomitare, emettere minzioni e/o defecazioni emozionali), nella modificazione del comportamento esploratorio (agitazione, inibizione, evitamento, fuga) e/o nell’apparizione del comportamento di aggressione per irritazione (offensiva e/o difensiva) e da paura.
La regolazione emotiva è la capacità dell’individuo di gestire le proprie emozioni in modo flessibile. La situazione vissuta è “analizzata” e “valutata”: il comportamento emesso è, di conseguenza, adattato al contesto. Quando questa competenza non è presente, si parla di disregolazione emotiva. Il cane, a causa della presenza di un piano prossimale di esperienza ridotto, vive le emozioni positive o negative alla massima intensità (“picco emotivo”).
La predisposizione genetica (tratto di personalità timoroso) e la deficitaria qualità del legame di attaccamento nei confronti della propria madre sono fattori che peggiorano il quadro clinico.
Durante la visita comportamentale, che dura circa novanta minuti, il clinico raccoglie informazioni su tutti i comportamenti del paziente (alimentare, assunzione di acqua, di toeletta, il sonno, eliminatorio, di aggressione, di socializzazione, ludico, sessuale, lo sviluppo comportamentale) ponendo domande ai membri della famiglia. La storia clinica del cane chiude la prima parte della consultazione. Durante la visita, il medico osserva il comportamento dell’animale: come interagisce con la persona estranea (il veterinario), con la famiglia e/o con i propri simili conviventi.
Durante la visita, il medico veterinario rileva:
- le capacità del cane di perlustrare l’ambiente e di esplorare gli oggetti presenti nello spazio adibito all’esame;
- le emozioni mostrate e le motivazioni esternate;
- l’attitudine a chiedere supporto alla famiglia umana (guardando, vocalizzando o richiedendo il contatto);
- la comunicazione espressa.
È opportuno realizzare un’attenta diagnosi differenziale con le patologie organiche. Un cane adulto che all’improvviso mostra una sintomatologia riferibile a una fobia ed evolve rapidamente in assenza di cause apparenti deve far pensare alla presenza di alterazioni a carico dell’apparato muscoloscheletrico (dolore acuto e/o cronico), patologie endocrine (ipotiroidismo, ipercorticosurrenalismo), deficit degli organi sensoriali o affezione del sistema nervoso centrale.
Interazione intestino-cervello
È necessario valutare durante la visita comportamentale anche l’interazione tra intestino e cervello, cioè la relazione tra il microbiota intestinale e il sistema nervoso centrale. Nell’essere umano, infatti, sono emerse da un lato l’esistenza di un importante feedback tra le patologie gastrointestinali e le condizioni neuropsichiatriche soprattutto in coloro che soffrono di ansia e depressione, dall’altro la correlazione tra i sintomi gastrointestinali e la severità di tali patologie. La funzionalità del microbiota intestinale dev’essere ripristinata anche nel cane grazie alla collaborazione con un medico veterinario esperto in nutrizione.
Valutare anche l’apparato muscoloscheletrico del paziente
Durante la visita comportamentale è opportuno valutare anche la funzionalità e l’efficienza dell’apparato muscoloscheletrico del paziente. Il dolore acuto e cronico, infatti, aumentano l’instabilità emozionale dell’individuo e ne incentivano l’irritabilità e l’impulsività. Cani affetti da dolore cronico mostrano un comportamento di evitamento legato alla paura e manifestazioni di ipersensibilità ai rumori. Questi soggetti sviluppano un’importante tendenza alla generalizzazione: anche stimoli e situazioni simili a quelle fobogene provocano in breve tempo una risposta di allarme.
Il percorso riabilitativo
Ogni percorso dev’essere strutturato ad hoc poiché le caratteristiche del sistema famiglia interspecifico sono uniche: non esiste una “ricetta” preformata!
“… non vi sono regole. Non esiste una via prestabilita per il recupero. Ogni paziente (sistema interspecifico, ndr) deve scoprire o creare i propri schemi motori o percettivi, le sue personali soluzioni alle sfide che sta affrontando e il compito del terapeuta sensibile è aiutarlo in questa impresa”.
Oliver Sacks, neurologo britannico
Il significato dei comportamenti alterati
Il percorso riabilitativo inizia quando il clinico illustra ai referenti il significato dei comportamenti “alterati” del cane, fornisce le misure di sicurezza e i primi consigli pratici durante la visita comportamentale.
- Le misure di sicurezza permettono all’animale di essere protetto nelle situazioni che non è capace di gestire oppure abbassano il rischio della comparsa di un comportamento di aggressione. Ne sono un esempio le passeggiate in luoghi tranquilli ed evitare i contesti in cui il cane si trova in difficoltà. Inoltre, l’animale deve essere protetto dalle interazioni (verbali e tattili) con gli esseri umani e i conspecifici di cui ha paura. Le misure di sicurezza sono temporanee e possono essere modificate durante le visite di controllo.
- Per quanto riguarda i consigli gestionali, quando il cane è in difficoltà è necessario evitare le punizioni (anche quelle verbali) e rincuorarlo con parole dolci e una carezza. Così facendo non si “rinforza” la paura ma si attiva il legame di attaccamento che favorisce l’affiliazione: l’animale si fiderà e affiderà ai membri della famiglia facendo loro riferimento quando è a disagio. Un questionario ha evidenziato che i cani che vivono con referenti considerati “giocosi” e “pazienti” hanno una maggiore capacità di apprendimento quando coinvolti in nuove attività. L’uso della punizione, invece, porta a risultati opposti. Durante la prima parte del percorso è opportuno mantenere una routine quotidiana stabile così che il cane possa prevedere ciò che accadrà durante la giornata. La prevedibilità, infatti, è uno dei principali fattori che riduce la difficoltà legata alla comparsa di eventi improvvisi e imprevisti. Anche le passeggiate dovrebbero essere realizzate nei luoghi abituali e conosciuti dall’animale. I consigli gestionali possono essere modificati durante le visite di controllo.
Terapia biologica o farmacologica?
Il clinico, in base alle manifestazioni emozionali e alle attitudini comportamentali mostrate dal cane, sceglie di somministrare la sola terapia biologica (feromoni, integratori alimentari, rimedi vibrazionali – bouquet di fiori di Bach o Australiani -, oli essenziali e così via) o di avvalersi della terapia farmacologica (psicotropi, altre molecole – gabapentin, pregabalin – e così via).
I principi attivi impiegati sono numerosi ma ogni clinico ne “preferisce” alcuni, quelli che utilizza spesso e in cui ripone “fiducia”. La terapia non ha l’obiettivo di “calmare” o “sedare” il cane ma attenuare la disregolazione emozionale così da permettere l’acquisizione di nuove competenze. I “picchi emozionali”, infatti, ostacolano l’apprendimento: un animale spaventato o sempre all’erta è concentrato sul proprio disagio e le strategie rivolte ad acquisire nuove conoscenze potrebbero non sortire alcun cambiamento.
Quando usare gli psicofarmaci
“Gli psicofarmaci agiscono a livello della sinapsi e della neurotrasmissione chimica. La neurogenesi sembra avvenire soprattutto a livello dell’ippocampo ventrale ed è stimolata negli animali da laboratorio e nell’essere umano anche dal trattamento con farmaci antidepressivi. Il gap temporale è di tre-quattro settimane. Personalmente baso la mia scelta sui sistemi emozionali maggiormente espressi dal cane: paura/terrore oppure frustrazione/rabbia.
Dott. ssa Sabrina Giussani
Anche altri fattori entrano in gioco nella decisione come, per esempio, l’ambiente di vita (appartamento in una zona molto trafficata quando il cane ha paura dei rumori), la presenza di soggetti fragili (bambini, persone anziane, con disabilità emozionale o fisica) o la manifestazione del comportamento di aggressione. È necessario in quest’ultimo caso valutare il rischio per quanto riguarda i membri della famiglia (esseri umani e altri animali), le persone o i conspecifici sconosciuti.
Quando si tratta di psicotropi la soluzione migliore è conoscere e utilizzare pochi farmaci e padroneggiarli molto bene. In base alla mia esperienza preferisco associare tecniche terapeutiche differenti e unirle in una sinergia: questo approccio permette di ridurre le dosi dei singoli “ingredienti” e “potenziare” il risultato. È importante conoscere tutte le caratteristiche delle molecole per informare il gruppo famiglia sugli effetti indesiderati che, soprattutto durante le prime settimane di somministrazione, il cane potrebbe manifestare”.
DVM, Esperto in Comportamento animale e in IAA, Dipl. Comportamentalista ENVF, Master in Etologia applicata e
benessere animale, presidente senior SISCA.
Attenzione alla sterilizzazione/ castrazione
La castrazione e la sterilizzazione possono peggiorare lo stato emozionale del cane; qualora l’intervento fosse necessario, è opportuno stabilizzare dapprima il quadro comportamentale del paziente.
Le linee guida WSAVA1 pubblicate nel marzo 2024 recitano: “in alcuni cani sia maschi che femmine, l’aggressività verso estranei e membri della famiglia è aumentata dopo la gonadectomia ed è stata segnalata una relazione tra la castrazione prepubere e l’ansia/mancanza di fiducia e un aumento generale dei problemi comportamentali”; inoltre, “nella femmina, i problemi comportamentali devono essere analizzati da medici veterinari esperti in comportamento prima che venga raccomandata una gonadectomia irreversibile” mentre nel maschio “non tutti i comportamenti aggressivi sono correlati al testosterone”.
Per tanti anni, invece, si è affermato che la sterilizzazione/castrazione fosse una terapia per i problemi comportamentali tra cui il comportamento di aggressione.
L’obiettivo dell’intervento riabilitativo
La riabilitazione è una branca della medicina volta al recupero di una funzione compromessa. Il modello cui la scrivente fa affidamento è definito sistemico poiché interviene non solo sulle singole abilità del paziente ma anche sulla rete di rapporti che questo stringe con il gruppo in cui vive. Obiettivo dell’intervento riabilitativo è fornire al cane e al sistema famiglia nuove competenze per vivere la quotidianità.
Affrontare direttamente gli stimoli fobogeni non porta all’animale alcun beneficio: scontrarsi con il motivo della visita senza possedere gli strumenti per controllarlo aumenta la frustrazione e il disagio emozionale del cane. In presenza di una fobia, infatti, difficilmente si può attuare un processo di abituazione.
L’abituazione è un meccanismo inibitorio che sopprime progressivamente la risposta dell’organismo al ripresentarsi dello stimolo. È considerata una forma elementare di apprendimento poiché connessa a una diminuzione di attenzione e reattività allo stimolo piuttosto che all’acquisizione di nuovi comportamenti. Non è possibile abituarsi a ciò che provoca “dolore” psichico; può, invece, instaurarsi la rassegnazione che consiste nell’accettazione passiva di ciò che avviene.
Il percorso riabilitativo si svolge in collaborazione con l’istruttore cinofilo formato in riabilitazione. Questa figura realizza incontri pratici con il sistema famiglia interspecifico così da raggiungere gli obiettivi preposti dal clinico. Quando la terapia prescritta ha fornito gli effetti desiderati, il clinico informa l’istruttore in merito alla situazione comportamentale e sanitaria del cane.
È importante riferire al tecnico, per esempio, eventuali intolleranze alimentari che potrebbero, con l’ingestione di premi in cibo, scatenare nel cane manifestazioni allergiche.
L’attività ludica, importante strumento
Le attività proposte sono di tipo ludico-cognitivo, cioè attività di gioco e di interazione realizzate in un contesto ludico. Attraverso il gioco vengono stimolate le capacità cognitive e comunicative di ogni partecipante in un clima di “divertimento”. L’attività ludica è riconosciuta come un importante strumento educativo poiché permette di sviluppare abilità di elaborazione delle informazioni, competenze comportamentali e sociali.
Il gioco sollecita contemporaneamente funzioni cognitive, comunicative, attentive e mnestiche. Inoltre, il gioco può essere modulato su diversi livelli di complessità ed è il contesto ideale per esercitare e osservare lo sviluppo dell’autoregolazione di cui pianificazione e inibizione sono un esempio pratico.
È opportuno evidenziare che l’intero sistema famiglia e non solo il cane deve partecipare al processo di cambiamento: non è soltanto l’animale che deve modificare il proprio comportamento ma l’intero gruppo sociale deve raggiungere un nuovo equilibrio relazionale.
Durante i primi incontri pratici l’istruttore, osservando il comportamento del cane, mostra ai referenti i segnali di agio (che indicano disponibilità e curiosità) e di disagio (che indicano mancata disponibilità e “chiusura”) emessi dal cane.
Segnali di agio:
- Facies “distesa”, occhio “vispo” o a “mandorla”, baffi in avanti
- Labbra che disegnano un “sorriso”
- Orecchie in avanti, rilassate
- Coda alta e rilassata oppure a mezz’asta
- Cinetica regolare, gestualità ridotta

Segnali di disagio:
- Aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, dilatazione della pupilla (midriasi)
- Facies “tesa”, occhio spalancato, commessure labiali “stirate”, baffi in tensione
- Orecchie indietro
- Leccare le labbra, deglutire, sbadigliare, tremare
- Cinetica irregolare, gestualità aumentata, sollevare un arto anteriore
- Minzioni e defecazioni emozionali
- Leccarsi, grattarsi, cavalcare
- Aumento della frequenza di assunzione di acqua




Comprendere lo stato emozionale dell’animale permette di migliorare la comunicazione tra i componenti del sistema famiglia interspecifico. Supportare e sostenere (con la postura, il tono della voce, un contatto fisico) il cane quando si trova in difficoltà in modo adeguato e proteggerlo dalle situazioni che lo mettono a disagio è il primo passo per raggiungere un nuovo equilibrio relazionale. In seguito, grazie alle attività ludico-cognitive proposte, il tecnico favorisce la comparsa di strategie che permettono all’animale di gestire un picco emozionale (disregolazione emozionale). Allontanarsi dalla situazione o osservare a distanza sono un esempio di tali modalità.
Lo scaffolding
La zona di sviluppo prossimale è un concetto introdotto dallo psicologo pedagogista Lev Semënovic Vygotskij e indica lo spazio virtuale in cui si può osservare ciò che un bambino è in grado di fare da solo e quali sono le potenziali competenze raggiunte nel momento in cui è sostenuto da un adulto competente. Questo scambio di capacità avviene nella zona di sviluppo prossimale e l’aiuto fornito al piccolo (al cane) da un adulto (l’istruttore cinofilo e il referente) prende il nome di scaffolding.
La parola inglese scaffold si riferisce agli attrezzi utilizzati per realizzare una costruzione: il tutor sostiene e supporta il cane nello sviluppo di nuove abilità realizzando esperienze in ambiente protetto. Il sostegno è il focus del percorso riabilitativo e dev’essere adattato alle caratteristiche del sistema famiglia interspecifico e ai progressi realizzati dal cane.
L’aiuto fornito, dapprima dall’istruttore e in seguito dai referenti, deve permettere all’animale l’acquisizione di competenze in piena autonomia. È possibile aumentare in modo efficace il piano prossimale di esperienza solo quando le emozioni positive provate dal cane sono state “fissate”. Altrimenti si realizzano solo performance (cioè sequenze comportamentali imparate a memoria) che mascherano (come un “coperchio”) il disagio emozionale dell’animale.
È importante evidenziare che nell’essere umano le emozioni positive “allargano” il campo d’attenzione e i repertori comportamentali mentre quelle negative hanno un’azione opposta. Le emozioni positive inducono una serie di “amplificazioni” a livello cognitivo e relazionale che migliorano le strategie di coping dell’individuo. Le emozioni positive, quindi, favoriscono una maggiore capacità di fronteggiare eventi avversi. Il ripetersi nel tempo di esperienze positive trasforma il nuovo stile di coping in una modalità abituale e durevole di affrontare le situazioni, e ritengo che la stessa cosa avvenga anche nel cane.
Sintonizzarsi in modo automatico con l’altro
È necessario prestare attenzione al contagio emozionale, una forma primitiva di empatia che consiste nella tendenza a “sintonizzarsi” in modo automatico con l’altro. Le emozioni dei caregiver possono influenzare quelle del cane grazie al legame di attaccamento che unisce le due specie. La diffusione di emozioni negative, inoltre, avviene con maggiore facilità rispetto al contagio di emozioni positive poiché si tratta di una risposta adattativa che permette di rispondere ai segnali di pericolo.
Dopo due incontri pratici è consigliabile realizzare una visita di controllo così da verificare da un lato le competenze acquisite dal cane e dai referenti, e dall’altro identificare lo step successivo. Il clinico e l’istruttore cinofilo si confrontano dopo ogni incontro pratico e ogni visita di controllo.
Il percorso riabilitativo termina quando il sistema famiglia interspecifico riesce a vivere la propria quotidianità in modo appagante.
- A tal proposito vedere:
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Per saperne di più:
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