I cambiamenti climatici sono un bell’argomento di bioetica anche se all’interno dell’IBV-A (Istituto di Bioetica per la Veterinaria e l’Agroalimentare) non ne abbiamo mai parlato in modo completo. Seguendo l’approccio della bioetica si eviterebbero moralismi, non funzionali e ingiusti per loro natura e non si ricercherebbero dei “cattivi”, come fossero il lupo omega, per poi rafforzare l’andazzo, consolidarlo e non cambiare sostanzialmente niente.
Quando invece, con una metodica multi-stakeholder, ci si dovrebbe mettere all’opera per fare il meglio possibile, in termini sociali, economici e ambientali sentendosi coinvolti non solo nella condizione effimera della consapevolezza, che pure è lontana dall’essere raggiunta, ma in quella fattiva della padronanza delle situazioni e degli “accidenti” che si stanno realizzando nella loro drammaticità.
Al di là dei veri e propri disastri con morti e distruzioni su cui si viene informati sufficientemente, la notizia dei danni sempre più consistenti al mondo della gestione della superficie terrestre viene derubricata semplicemente agli effetti dei cambiamenti climatici a loro volta trattati col registro: di chi è la colpa? Quale politica industriale/finanziaria attuare da qui a qualche decennio? Quindi non si prova neanche a rispondere, pure, alla domanda di cosa fare ora per il problema di ora!
Momento in cui non solo ci sono morti per alluvioni e incendi ma anche, e ai più sembra quasi niente, mancate semine per le piogge o carenza/mancanza di foraggio e addirittura acqua da abbeverata per limitarci alle diverse situazioni del paese Italia. E non possiamo non sapere che per certe località e popolazioni le cose sono ben peggiori in giro per il mondo.
Il problema dei cambiamenti climatici o, per evitare dissenso da parte di chi fosse convinto che non ci siano, la maggior frequenza degli accidenti/disastri non è di tutti allo stesso modo, non è equamente spalmato su tutti gli otto miliardi di cittadini umani del mondo. È soprattutto di alcuni e tra questi come al solito agricoltori e allevatori con i loro conviventi animali e vegetali.

Veramente c’è da porsi il dubbio che molti di coloro che parlano di cambiamenti climatici non ne siano interessati veramente e che si limitino a snocciolare nei salotti privati o pubblici, financo televisivi, numeri e dati, come se far vedere una curva che si impenna in un grafico, senza vera informazione, senza la minima conoscenza della complessità dei fenomeni e senza alcuna speranza di prendere decisioni politiche “sagge” sia argomento definitivo per il riconoscimento pubblico della propria autorevolezza.
Quando si parla di cambiamenti climatici, parlare di mitigazione e adattamento non basta
Parlare di mitigazione e adattamento quando si tratta l’argomento cambiamenti climatici è già molto meglio ma se le cose sono a lunga scadenza non basta. Il senso di questo articolo è creare l’afflato collettivo, la disponibilità a fare, il partecipare con del sacrificio, l’essere disponibili a comprendere la complessità e parteciparvi prendendone parte. Capire il senso della transizione e anche l’incertezza delle decisioni da adottare per portarla avanti, la necessità di individuare strategie diversificate e concomitanti con le pianificazioni centralizzate necessarie, senza correre il rischio del centralismo.
Essere disponibili a monitorare le diverse scelte fatte e correggerle alla bisogna, senza ideologismi, fornire reale supporto ai danneggiati dai cambiamenti climatici per qualcosa che non è loro responsabilità. Non limitarsi da parte della politica a fare appello alla necessità di sottoscrivere polizze assicurative. Fornire un paracadute comune e quindi anche pubblico, richiede una diversa politica dell’allocazione delle risorse economiche, rivedendo anche privilegi dei troppo garantiti.

Produrre una cultura che riveda il panorama delle garanzie ad alcuni e non altri è necessità impellente per chi creda che i cambiamenti climatici vadano affrontati. Invece mi sembra si stia delineando una colossale lavata di mani. Si parla delle cause con enfasi colpevolizzando l’intera umanità per scelte fatte dalla precedente cultura dominante nella classe dirigente dei vari Paesi, nei vari continenti e forse pure dovendo avere qualche dubbio se gli imputati avessero anche dei meriti (il DDT è stato inquinante o salvezza dalla malaria?). E si prospettano futuri radiosi di tecnologie prive di controindicazioni, probabilmente troppo ottimistici e senza prendere in considerazione, almeno transitoriamente, anche risparmi e cambiamenti di stili di vita.
Alcuni si meravigliano che “gli agricoltori non siano sensibili” alle politiche contro i cambiamenti climatici. E se fosse che più che non sensibili fossero realmente esposti? Quindi con qualche titolo in più e non in meno per esprimere pareri! Alcune soluzioni non potranno che essere locali ma richiedono risorse materiali e di idee. Quest’ultime debbono nascere da un dibattitto ampio e informato che coinvolge tutti senza ricette pronte e impacchettate, probabilmente non dissimili negli effetti alle precedenti, di qualche decennio, ma rivelatesi poi inesatte.

Piccole grandi iniziative
Piccolo esperimento socio-culturale, un po’ paradossale, ma non provocatorio, di dibattito intellettuale con una metodica di governance multi- stakeholder per affrontare i cambiamenti climatici nella vita di tutti i giorni:
- Pagare il conto all’agriturismo scelto per le vacanze estive, non andarci e imporre e poi controllare, che il gestore condivida i guadagni supplementari con le aziende agricole vicine che non hanno avuto la disponibilità di fare anch’esse un agriturismo. Specialmente in aree dove ci sono stati danni al territorio. Riduce l’inquinamento del viaggio senza ridurre le risorse di chi fornisce servizi anche ecosistemici.
- Rimanere a casa, fare conoscenza coi vicini, scoprire che il condominio, prima forma di gestione comune della realtà pratica potrebbe essere un posto vivo e stimolante (comunque se non si riesce a convivere in un condominio, come farlo in un Pianeta?).
- Portare un tavolino e sedie pieghevoli in strada di sera e condividere qualcosa con qualcuno meglio se estraneo. Come è estraneo l’abitante dell’isola nell’oceano che deve andar via per il livello crescente delle acque.
- Evitare di bloccare le autostrade e dipingere, anche se con vernici lavabili, i monumenti.